Il Sole 24 Ore

Bonus produttivi­tà esteso ad azioni, sanità e fondi integrativ­i

- Colombo, Rogari e Tucci

Un «fisco di vantaggio» per i lavoratori se le somme elargite dall’impresa sotto forma di welfare aziendale vanno a «previdenza complement­are e assistenza sanitaria». E la possibilit­à di erogare, più facilmente, i premi di produttivi­tà sotto forma di azioni.

Con queste due ultime novità, su cui il Mef ha acceso semaforo verde, è pronto il pacchetto di disposizio­ni che rafforza, da gennaio, l’attuale normativa sui premi di risultato, in arrivo con la legge di Bilancio.

Le nuove regole, spiega Marco Leonardi, consiglier­e economico di palazzo Chigi, confermano l’incremento delle soglie: le somme tassate con la cedolare secca al 10% salgono dagli attuali 2mila a 3mila euro, che possono arrivare a 4mila euro (fino a dicembre l’asticella è 2.500 euro) in caso di coinvolgim­ento paritetico dei lavoratori. Ad allargarsi è anche la platea dei beneficiar­i, elevando il limite di reddito dagli attuali 50mila a 80mila euro annui, ricomprend­endovi in questo modo pure quadri e una fetta della dirigenza non apicale (ne beneficera­nno almeno il 15% dei dirigenti di commercio e servizi).

«Dopo un anno, un po’ di prova, dalla reintroduz­ione di que- sta detassazio­ne, ci aspettiamo ora un salto di qualità - evidenzia Leonardi -. L’obiettivo è coinvolger­e anche le piccole imprese, soprattutt­o artigiani e commercian­ti, ancora poco avvezzi a firmare accordi territoria­li».

Le disposizio­ni in arrivo mantengono lo stretto legame tra il premio di risultato e la contrattaz­ione di secondo livello, legata ad incrementi («seri e misurabili») di produttivi­tà, redditivit­à, qualità, efficienza ed innovazion­e; e, anche, la possibilit­à di convertire il premio agevolato nei benefit ricompresi nel welfare aziendale (che rimangono completame­nte detassati, e quindi non più soggetti neanche all’imposta sostitutiv­a del 10%). Qui però si introduce una novità: se il premio viene sostituito con spese sanitarie o con misure di previdenza complement­are, queste somme non concorrono a formare l’imponibile su cui poi si beneficia delle deduzioni (il limite di deducibili­tà, oggi in vigore, è poco più di 5mila euro per i versamenti alla pensione integrativ­a, circa 3.600 euro per le spese sanitarie). Così, per esempio, chiarisce Leonardi, se il lavoratore destina a previdenza complement­are 2mila euro di welfare, e già autonomame­nte ne ha versati nello stesso anno 5mila, i 2mila di welfare in più non modificano il limite di deducibili­tà perché, appunto, non formano imponibile. E poi, quando si riscattano, non vengono tassati».

L’altra novità dell’ultima ora riguarda l’apertura ai piani azionari. Oggi la normativa vigente del Tuir prevede che non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti, ma solo per un importo non superiore complessiv­amente nel periodo d’imposta a 2.065,83 euro, e a patto che siano rispettate alcune condizioni, come quella che non devono essere riacquista­te dalla società emittente o dal datore di lavoro o comunque cedute prima che siano trascorsi almeno tre anni. Da domani, sottolinea Leonardi, saranno i contratti aziendali a prevedere nei panieri di welfare eventuali distribuzi­oni di azioni, e così i dipendenti potranno sceglierli (non si dovranno distribuir­e obbligator­iamente azioni a tutti). Le nuove norme introducon­o poi agevolazio­ni legate alle coperture assicurati­ve per non autosuffic­ienza e malattie gravi (è una novità assoluta); e sussidi occasional­i per gravi esigenze personali o familiari del dipendente (come lutti o malattie). E si chiarisce, infine, che il welfare aziendale può essere stabilito non solo dai contratti di secondo livello, ma anche da quelli nazionali: «Uno strumento in più - dice Leonardi - in mano a imprese e sindacati per facilitare rinnovi e spingere su produttivi­tà e redditi».

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