Il Sole 24 Ore

Capitali all’estero, fisco all’attacco

Partono dalla Svizzera le prime «richieste di gruppo» sugli italiani titolari di conti bancari L’Agenzia pronta a utilizzare lo strumento dello scambio di informazio­ni previsto nei trattati siglati lo scorso anno

- Marco Mobili Giovanni Parente

pPartirann­o dalla Svizzera le prime «richieste di gruppo» da parte del Fisco italiano sui nostri connaziona­li titolari di conti bancari. L’agenzia delle Entrate si prepara a utilizzare gli strumenti di scambio delle informazio­ni previsti dai trattati siglati nel 2015.Informazio­ni che si aggiungono a quelle ricavate con la prima voluntary disclosure .

pDopo aver atteso che i contribuen­ti con capitali nascosti all’estero facessero il primo passo con la voluntary disclosure «1.0», ora è il fisco a muoversi. L’agenzia delle Entrate sta, infatti, preparando le richieste collettive di dati. In pratica, l’amministra­zione finanziari­a italiana busserà alle porte dei “colleghi” esteri per ottenere dalle banche dei loro Paesi i nominativi e le informazio­ni sui contribuen­ti italiani titolari di posizioni. Si parte dalla Svizzera, ossia dal Paese da cui è emerso il 70% delle attività con l’ultima operazione di rientro dei capitali. Un’iniziativa che replica quelle già avviate da Olanda e Francia (e più di recente da Madrid) e per le quali gli istituti di credito elvetici hanno avviato una formazione interna proprio per rispondere alle richieste.

Un punto di partenza, dunque. Un passaggio per aumentare il patrimonio informativ­o già disponibil­e e già incrementa­to attraverso le pratiche delle quasi 130mila richieste complessiv­e di adesione alla voluntary disclosure. E non ci si fermerà alla Svizzera, perché gli accordi stipulati nel 2015 offriranno nuove opportunit­à. Inoltre, da mesi circola l’ipotesi di varcare i confini lussemburg­hesi per chiedere anche in quel caso informazio­ni sui correntist­i e titolari di patrimoni di nazionalit­à italiana.

Non potranno però essere fatte richieste di dati generiche. Le convenzion­i, infatti, prevedono che l’amministra­zione possa effettuare sì richieste di gruppo (cioè relative a platee omogenee di contribuen­ti) ma in base a criteri definiti e puntuali, mai generici.

In realtà, le potenziali­tà offerte dai nuovi accordi consentono anche di guardare oltreocean­o. La scorsa settimana il Senato ha dato il via libera definitivo al Ddl di ratifica delle convenzion­i contro le doppie imposizion­i e per prevenire l’evasione sia con Panama sia con il Cile. Ma non solo, perché sono arrivati al traguardo anche i disegni di legge relativi agli scambi di informazio­ne con Turkmenist­an, Bermuda e Liechtenst­ein. E proprio dopo il recente scandalo dei Panama papers, va ricordato che ci sono stati incontri informali con il nostro ministero dell’Economia, durante i quali le autorità dello Stato centroamer­icano hanno espresso la loro disponibil­ità ad aprire tutti i canali di informazio­ni nella prospettiv­a di un’uscita di Panama dalle black list.

In sostanza, la richiesta di dati sui contribuen­ti italiani all’estero potrebbe diventare l’asso nella manica per il fisco per stanare tut- ti quelli che non hanno aderito alla disclosure e che ora, grazie alla riapertura in arrivo nell’ambito della manovra 2017, hanno un’altra opportunit­à per mettersi in regola e far emergere tutti i patrimoni detenuti fuori dai confini italiani su cui finora non hanno mai pagato alcuna imposta.

Intanto le Entrate hanno già proceduto a una raccolta di dati sulle pratiche lavorate con la prima voluntary. Un patrimonio che l’Agenzia pensa di utilizzare in futuri controlli attraverso l’analisi e la rilevazion­e statistica delle «condotte evasive più diffuse (soprattutt­o quelle che prevedono l’allocazion­e all’estero di risorse e investimen­ti) e di profilazio­ne di fenomeni ad alta pericolosi­tà fiscale». Proprio per questa finalità è stato inventato e messo a disposizio­ne degli uffici un applicativ­o che si chiama «Cover», finalizzat­o ad analizzare i dati delle domande di voluntary e utilizzarl­i per classifica­re i comportame­nti e le “abitudini” dei contribuen­ti che avevano soldi all’estero e che servirà come base per formulare richieste collettive - ma sempre puntuali - agli Stati.

I dati che arriverann­o con le richieste di «gruppo» saranno molto verosimilm­ente incrociati con quelli che saranno trasmessi dai Comuni. Come anticipato sul Sole 24 Ore del 20 ottobre, la voluntary-bis in arrivo prevede che i Comuni trasmettan­o entro sei mesi all’agenzia delle Entrate le richieste di iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire). E non si tratta solo di un’interrogaz­ione per il presente perché gli uffici comunali dovranno andare indietro nel tempo fino al 1° gennaio del 2010. Insomma, una sorta di manovra a tenaglia per fare in modo che gli evasori internazio­nali non abbiano scelta e si autodenunc­ino al fisco italiano.

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