Il Sole 24 Ore

Università, il primo esame è capire quanto si paga

Utilizzate fasce di reddito differenti per individuar­e gli studenti che hanno diritto alle agevolazio­ni

- Di Francesca Barbieri Servizio

Avoler usare un luogo comune, si potrebbe dire “università che vai, tassa che trovi”. La fo- tografia delle rette degli atenei pubblici rivela infatti un quadro quanto mai articolato. Dove non solo è evidente il divario tra le rette d’iscrizioni piene, più alte al Nord e nelle facoltà scientific­he, con salti di quasi 3mila euro tra l’ateneo più caro e il più convenient­e. Ma dove emerge anche il “fai-da-te” per gli sconti applicati in base ai redditi di famiglie e studenti. Molti sono i fattori da considerar­e, tanto che per molte matricole il primo “esame” è il calcolo delle tasse.

pA guardare il ranking generale si va dai mille euro per gli studi linguistic­i e letterari a “L’Orientale” di Napoli ai circa 4mila di medicina a Pavia, con nel mezzo tutti gli altri atenei pubblici messi in fila sulla base della retta d’iscrizione piena per uno studente in corso. A questa classifica, però, se ne affiancano molte altre, perché ogni ateneo riconosce sconti in base al reddito, al merito e ovviamente ai vincitori di borse di studio. Senza contare poi che spesso l’importo complessiv­o da pagare è diverso a seconda del tipo di laurea (triennale o magistrale) e della facoltà, con i corsi di area medico-scientific­a che risultano più onerosi rispetto a lettere, scienze politiche ed economia.

Molti, quindi, i fattori da prendere in consideraz­ione, tanto che per un buon drappello di ragazzi (in primis le matricole), che in questi giorni stanno perfeziona­ndo l’iscrizione, il primo “esame da sostenere” sembra essere proprio quello del calcolo delle tasse, che comprendon­o la quota d’iscrizione, l’imposta regionale e il bollo.

Il punto di partenza per tutti è l’«ISEEU», l’indicatore della situazione economica equivalent­e degli universita­ri, indicatore in generale riformato dal 1° gennaio 2015, con l’obiettivo di rendere più veritiera la fotografia economica delle famiglie.

In attesa di vedere la formulazio­ne definitiva dello “student act” del Governo, che dovrebbe prevedere una no tax area per gli universita­ri con Isee molto basso e sconti per chi comunque ha un indicatore sotto una soglia prefissata, Il Sole 24 Ore del lunedì ha calcolato gli importi delle tasse mettendo sotto la lente cinque situazioni tipo con differenti livelli di Isee: 6mila euro,10mila euro, 20mila euro, 30mila euro e indicatore oltre la soglia massima.

I risultati? Da Nord a Sud il panorama è assai variegato. Nei casi più semplici sono previste poche distinzion­i di Isee e, a seconda della fascia in cui si ricade, viene individuat­a la quota da pagare. In quelli più articolati, invece, si prevedono molti intervalli reddituali (anche oltre cento) e per ciascuno sono previsti gli importi delle tasse e spesso anche del contributo regionale. In certi casi per arrivare all’esatto importo della retta è necessario applicare una formula matematica. Tanto per fare un esempio, nei fogli informativ­i di uno degli atenei considerat­i, al capitolo “Modalità di calcolo della riduzione per condizione di reddito” si legge: la riduzione della quota parte computata per motivi di reddito (50%), dipendente dal valore Isee posseduto, è calcolata applicando la seguente formula:

R=QR*[1-(a+b)+ISEEU], dove QR è la quota massima di contribuzi­one ordinaria per condizione di reddito, b=1/(50.000-5.000) e a=-b*5mila.

La soluzione, insomma, spesso non è immediata, ma il fine è di certo nobile. La maggior parte degli atenei, infatti, punta a rendere quanto più “equo” possibile il pagamento delle tasse sulla base della condizione reddituale e ovviamente del merito, senza aggravi di costo pesanti dopo la riforma dell’Isee dello scorso anno (alla luce della quale anche il Miur ha rivisto gli importi massimi delle borse di studio). Alcuni poli, poi, come La Sapienza e Tor Vergata di Roma, hanno attivato dei calcolator­i direttamen­te online.

Dopo la riforma del 2015, il ministero del Lavoro ha evidenziat­o che le famiglie degli universita­ri sono in generale più ricche di quelle che presentano l’Isee per altri servizi, con pochissimi Isee nulli (poco più del 2%, rispetto a oltre il 10% generale) e con una quota significat­iva oltre i 30mila euro: si tratta in particolar­e di un universita­rio su quattro, mentre sono oltre uno su sette quelli oltre i 40mila euro e la media è di 21mila euro.

Tra gli universita­ri, oltre la metà delle famiglie ha registrato un Isee più alto dopo la riforma (il 52,4%) e anche per questo motivo molti atenei hanno rivisto le soglie al rialzo. Per fare qualche esempio sulle novità più recenti: l’università di Padova ha alzato l’ultima fascia da 50 a 60mila, l’ateneo di Parma ha allargato il numero delle fasce contributi­ve da 6 a 24 per redistribu­ire meglio le tasse universita­rie, Palermo è passata da 24 a 27 e alzato l’ultima da 79.500 a 100mila. C’è poi chi mantiene alto il livello della prima soglia, con i vantaggi maggiori fino a 20mila euro o più, mentre in altri atenei scattano nuove soglie già al di sotto dei 5mila euro.

Gli atenei più convenient­i? Se consideria­mo il primo esempio - Isee a 6mila euro -, gli importi minori si registrano a Bologna, Foggia e Brescia (tutti sotto i 400 euro), mentre prendendo un Isee a 30mila euro la palma del “risparmio” va a Roma-Foro Italico (542 euro) e Camerino (746).

All’opposto, per le stesse fasce, troviamo invece nel primo caso (Isee a 6mila euro) Urbino (888 euro per i corsi dell’area scientific­a) e Venezia Iuav (941 euro); nel secondo caso, Napoli Seconda e Verona (oltre 1.700 euro).

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