Il tortuoso ritorno alle finalità originarie
Il percorso che ha portato agli studi di settore che da anni si applicano a diversi milioni di partite Iva ha preso il via dalla riforma fiscale dei primi anni Settanta, quando la determinazione del reddito di imprese e professionisti era rigidamente ancorata alle risultanze delle scritture contabili. Ciò comportava vincoli a carico degli uffici negli accertamenti, perché a fronte di una contabilità formalmente ineccepibile la prova dell’avvenuta evasione era molto spesso impossibile. Dalla metà degli anni Ottanta il legislatore si è quindi adoperato per varare degli strumenti di accertamento presuntivi definiti “a tavolino” via via sempre più raffinati, atti a superare, in presenza di determinate situazioni, il dato formale delle scritture contabili con l’obiettivo di scovare la piccola evasione.
Si è per questo transitati attraverso le metodologie presuntive della «Visentini ter», i coefficienti presuntivi di congruità dei componenti economici (fine anni Ottanta), la nota minimum tax (1992), i parametri (1995, ancora applicabili) e infine gli studi di settore che pur essendo stati pensati nel 1993 concretamente hanno visto la luce nel 1998. Il necessario adeguamento degli strumenti presuntivi di accertamento per tener conto delle costanti dinamiche evolutiva del mondo delle imprese e delle professioni è stato poi effettuato attraverso una costante attività di monitoraggio di un panel di dati micro e macro economici finalizzata alle periodiche revisione degli studi. Di qui le versioni “evolute” ar- rivate in taluni casi alla 4 edizione. Inoltre nel corso degli anni sono stati via via introdotti una serie sempre maggiore di parametri (indicatori di coerenza e di normalità economica) per intercettare le anomalie strutturali del contribuente ed eventuali “errori” commessi nella comunicazione dei dati.
Da ultimo, per tenere conto dell’effetto crisi non debitamente monitorata nelle « revisioni» sono arrivati i «correttivi economici», a complicare ulteriormente il risultato dell’elaborazione del software Gerico.
Anche l’utilizzo in sede di accertamento degli studi nel corso degli anni è cambiato. In passato per i soggetti in contabilità ordinaria l’utilizzo era consentito solo in presenza di determinati requisiti (scostamento significativo tra ricavi dichiarati e presunti per almeno due periodi d’imposta su tre). Col passare del tempo l’applicazione è stata via via estesa a tutti a prescindere dal regime contabile adottato. La questione fondamentale inerente la natura presuntiva dalle ricostruzione a tavolino operata dallo studio è stata invece risolta dalla Cassazione che ha affermato la natura indiziaria delle risultanze scaturenti da Gerico. L’Agenzia aveva per anni sostenuto la tesi della natura di presunzione legale (per quanto relativa) della stessa.
Quindi, se la retrocessione degli studi di settore a meri strumenti di selezione dei contribuenti su cui indirizzare i controlli sarà mantenuta, sarà finalmente rispettata la vera natura che questi strumenti hanno nei fatti sempre avuto.