Il Sole 24 Ore

«Senza artigiani il lusso scompare»

Fondatore della Michelange­lo Foundation e del gruppo Richemont Un progetto creato con Franco Cologni per valorizzar­e i talenti europei

- Giulia Crivelli

pNegli dazione a sostegno dell’artigianal­ità e della creatività?

Ho avuto la fortuna di crescere attorniato da oggetti raffinati, esclusivi, di alta qualità. Non mi piace la parola lusso, ma rende l’idea. Prima di fondare Richemont ero stato “solo” un consumator­e, per quanto informato, di prodotti di alta gamma. Poi ho capito che dietro ogni maison del settore c’è un patrimonio di know how artigianal­e senza il quale la parola lusso perde ogni significat­o. Parlando con il mio amico e mentore Franco Cologni, co-fondatore del progetto Michelange­lo, ho capito che questo patrimonio è a rischio. Sento l’obbligo morale di tutelarlo e sono convinto che se ci riusciamo sarà un bene anche per l’economia e la società, soprattutt­o europea.

I beni di lusso però hanno un mercato limitato.

Quando dico aiutare l’economia e la società mi riferisco soprattutt­o alle opportunit­à di lavoro che questo settore può offrire ai giovani. La disoccupaz­ione, in particolar­e quella giovanile, è il più grande problema dei Paesi occidental­i e se non lo risolviamo le tensioni sociali che già esistono potrebbero trasformar­si in qualcosa di molto peggiore. Quello che dobbiamo far capire alle nuove generazion­i è che i métiers d’art, come dicono i francesi, possono dare grandissim­e soddisfazi­oni personali ed economiche.

Cosa farà in concreto la Michelange­lo Foundation?

Il primo passo è costruire un database di tutti gli artigiani sparsi per l’Europa, poi ci occuperemo del resto del mondo. Perché i métiers d’art sono ovunque, ma non esiste Paese, che io sappia, che riesca a valorizzar­li e promuoverl­i a sufficienz­a. Purtroppo succede persino in Francia e Italia, che è ricchissim­a di artigiani di ogni settore, dal ricamo alla gioielleri­a, dalle calzature agli ombrelli, dalle camicie agli strumenti musicali. È un universo talmente variegato e bello e affascinan­te da poter generare un “nuovo Rinascimen­to”, un cambiament­o culturale di cui l’Europa e il mondo hanno bisogno. Sento spesso dire che bisogna riportare l’uomo al centro di tutto. La Fon-

Sopra, Elena dal Cortivo nel suo atelier milanese con una delle rosette per strumento a pizzico che realizza a mano e su misura per i clienti. Sotto, una creazione di Pino Grasso, maestro del ricamo dazione Michelange­lo vuole fare esattament­e questo.

Dopo aver costruito il database cosa farete?

Investirem­o moltissimo in comunicazi­one: la gente deve conoscere il lavoro silenzioso, dietro le quinte, di chi ha già un atelier e capire che l’artigiano è creativo quanto un artista se non di più. Lo dico anche nell’interesse dei grandi marchi di alta gamma: se i saperi tramandati di generazion­e in generazion­e vanno perduti, il lusso come lo conosciamo non può esistere. Nessuno sarebbe disposto a pagare una cifra molto alta per oggetti senz’anima e senza storia.

Il problema è che parliamo di microimpre­se che dipendono da commesse di grandi aziende.

Una delle nostre priorità è rafforzare il rapporto tra artigiani e designer e stilisti e creare dei modelli di partnershi­p di medio termine, che assicurino un reddito costante ai piccoli atelier e li incoraggin­o a ingrandirs­i e assumere giovani a cui tramandare il loro mestiere. O meglio: la loro arte.

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In Italia.
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