L’autonomia aiuta il museo a crescere
L’autonomia dei musei compie un anno. I primi direttori dei venti istituti a cui la riforma Franceschini del 2014 ha riconosciuto indipendenza contabile, organizzativa, finanziaria e scientifica, hanno infatti iniziato a insediarsi a ottobre del 2015. E dopo un anno, quanto a visitatori, offerta culturale e scientifica, il bilancio è positivo. «Meglio di quanto sperassi», afferma Gabriel Zuchtriegel, uno dei sette stranieri selezionati grazie a un bando internazionale e ora alla guida del parco archeologico di Paestum. Resta il nodo del personale, che si era già posto al debutto della riforma. Un anno fa, però, c’era l’incognita dell’interpello: i dipendenti del ministero dei Beni culturali interessati dalla riorganizzazione dovevano scegliere se restare in soprintendenza (prima della riforma i venti super-musei erano inglobati in una soprintendenza) o andare in uno degli istituti diventati autonomi.
La mobilità volontaria ha funzionato poco e in diverse realtà gli organici sono in sofferenza. «All’Accademia di Venezia - sottolinea Enzo Feliciani, responsabile della Uil beni culturali - mancano gli addetti alla vigilanza e agli Uffizi ne sono andati via trenta. E poi c’è il problema degli amministrativi e delle altre figure tecniche.Sempre l’Accademia e il museo del Bargello di Firenze sono senza un supporto amministrativo».
«A Caserta - aggiunge Mauro Felicori, direttore della Reggia - ho un fotografo, ma non un ragioniere. La riforma ha lasciato la gestione del personale fuori dall’autonomia. Bisognerebbe allargare quest’ultima oppure cambiare le regole della mobilità». Riflessione condivisa da Sylvain Bellenger, direttore del museo di Capodimonte a Napoli: «La gestione manageriale non può prescindere da quella del personale. Sotto questo punto di vista la riforma è insufficiente».
Oltre al personale amministrativo - presente, ma in numero limitato all’interno dei Beni culturali - i venti musei hanno bisogno anche di specialisti di comunicazione, di esperti di merchandising, di figure dedicate alla raccolta fondi e al mecenatismo, capaci di valorizzare i luoghi d’arte. Profili che all’interno del ministero mancano. Poi c’è necessità di architetti, archeologi, storici dell’arte. Si dovrebbe rimediare con il reclutamento straordinario di 500 tecnici, che il ministro Franceschini conta di chiudere al più presto. Ma anche la legge di bilancio contiene una risposta al problema, prevedendo che gli istituti autonomi possano ricorrere a contratti di collaborazione per mettere in piedi staff tecnici di cui sono carenti.
Nonostante queste difficoltà, i risultati non sono mancati. «Abbiamo incrementato del 52% i visitatori e del 67% gli incassi », afferma Eva Degl’Innocenti, arrivata a dirigere il museo archeologico di Taranto dopo otto anni di esperienza negli istituti francesi. «L’appeal dell’istituto è cresciuto, abbiamo sviluppato un legame con il territorio, creando sinergie con le imprese turistiche e con le associazioni. D’estate ci sono stati i concerti al museo e dopo i matinée offrivamo un aperitivo con i prodotti messi a disposizione dalle aziende del luogo, così da valorizzare le eccellenze del posto. Abbiamo stipulato convenzioni con le università per stimolare la ricerca, che poi viene divulgata al pubblico con convegni e seminari»
Segno più anche alla Reggia di Caserta, dove i visitatori sono passati dai 497mila del 2015 ai 650mila di oggi. «Nei quattro anni (quanto dura il mandato dei direttori, ndr) posso raggiungere l’obiettivo che mi ero posto del milione di ingressi», commenta Felicori. Tutto grazie anche a una pressante opera di comunicazione. «Siamo pure su Facebook», aggiunge Felicori, e «ho instaurato un dialogo con imprenditori e albergatori, ho iniziato un percorso per evitare sprechi di spazio destinando, per esempio, l’ex convento nel parco della Reggia alla realizzazione di un ostello, mentre le stanze delle Regie cavallerizze sono diventate la sede del consorzio della mozzarella di bufala, un’eccellenza di queste parti. Sto cercando un produttore di vino per la vigna nel bosco della Reggia. Tutto questo per innestare sempre più il monumento nel territorio, fare in modo che diventi elemento di sviluppo. Senza perdere di vista la nostra missione culturale e scientifica».
Concetto ribadito da Zuchtriegel: «Non è solo questione di marketing e comunicazione, che sono fondamentali per la crescita. E infatti Paestum è su Facebook e sugli altri social. La nostra missione è però la ricerca e i contenuti, che dobbiamo mettere in contatto con i l pubblico. Anche grazie alle convenzioni con le università, abbiamo ripreso a scavare e i visitatori possono vedere l’attività di scavo durante la visita al sito. Inoltre, ogni giorno alle 12 c’è una visita guidata ai nuovi cantieri. Anche queste iniziative, insieme ad altre, ci hanno permesso di crescere del 26% sulle presenze e del 50% sugli incassi. E , partendo da zero, abbiamo avviato una raccolta fondi che tra donazioni e sponsorizzazioni - uno sponsor è il pastificio Antonio Amato, che finanzia due borse di ricerca- ha già raccolto 80mila euro».
Dalla Campania alla Lombardia. Anche Brera ha aumentato del 15% i visitatori, che al giovedì, quando la pinacoteca rimane aperta fino alle 22,30 e si entra con due euro, toccano quota mille, quasi tutti giovani. «È una grande fatica - sottolinea il direttore James Bradburne - perché la macchina statale non è una Ferrari, che risponde al tocco del piede - ma i risultati sono positivi. A novembre avremo riallestito più di un terzo delle collezioni permanenti e nel programma triennale che abbiamo predisposto agiremo a tutto tondo, perché Brera è anche bi- blioteca e mediateca, oltre che pinacoteca. Apriremo un caffè e un nuovo punto vendita, ma già ora il posto è più accogliente, con nuove panchine e un nuovo ingresso».
Più accogliente - si ritorna nel Meridione - è anche Capodimonte a Napoli. Dopo l’arrivo di Bellenger - che pure non nasconde le difficoltà: «Non si può essere soddisfatti del livello di conoscenza del sito da parte di turisti e cittadini e ci stiamo attivando per risolvere il problema» - il Real Bosco che circonda l’istituto è stato ripulito e le piante sono state bonificate dai parassiti. «Abbiamo restituito al museo - afferma il direttore - il respiro sulla città e ora stiamo creando un’associazione amici del Bosco di Capodimonte».