Società a base ristretta, più chance alla difesa
La recente giur isprudenza sulle rettifiche contro Srl e Spa «familiari» o con pochi soci Servono avviso definitivo e altri elementi a supporto della presunzione
pLe società a base ristretta restano nel mirino del fisco, anche se la giurisprudenza è in evoluzione. È frequente – come in più occasioni riportato su queste colonne – che gli uffici dell'amministrazione finanziaria, dopo avere accertato un maggiore reddito nei confronti di una società di capitali (conseguente all’accertamento di maggiori ricavi o altri proventi) estendano gli effetti di tale rettifica nei confronti dei soci, in conseguenza del fatto che la compagine sociale risulta composta da un numero ristretto di soggetti e/ o della sua composizione a carattere prevalentemente familiare.
Resta da vedere quale sarà il comportamento degli uffici con la nuova imposta sul reddito d’impresa (Iri), ipotizzata dal disegno di legge di bilancio a partire dall’esercizio 2017. Il problema riguarderà anche le società di persone, posto che le somme prelevate dai soci – tassate ai fini Irpef – risulteranno deducibili dall’imponibile dell’Iri.
Finora le rettifiche nei confronti delle società a ristretta base partecipativa hanno trovato quasi sempre l’avallo della giurisprudenza di legittimità. Secondo la Cassazione, infatti, «nel caso di società a ristretta base sociale, è ammissibile la presunzione di distribuzione ai soci degli utili non contabilizzati, la quale non viola il divieto di presunzione di secondo grado, poiché il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi induttivamente accertati nei confronti della società, ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale» (tra le prime, Cassazione 7174/2002).
In sostanza, secondo la Suprema corte, per le società di capitali a ristretta base partecipativa o a base familiare – pur non sussistendo una presunzione legale di distribuzione degli utili ai soci – non può considerarsi illogica, tenuto conto della “complicità” che normalmente avvince un gruppo così composto, la presunzione (semplice) di distribuzione degli utili extracontabili ai soci.
Sintetizzando, i presupposti richiesti dalla giurisprudenza per il legittimo accertamento a carico dei soci di società di capitali a ristretta base societaria risultano i seguenti: e accertamento in capo alla società di un maggiore imponibile, dato da maggiori ricavi o pro- venti; r base sociale formata da un ristretto numero di soci, tra i quali vi siano eventualmente anche determinati legami di affinità e/ o parentela, amicizia; t poteri di controllo dell'attività gestionale direttamente e operativamente in capo ai soci.
In sostanza, tali “requisiti” individuerebbero i caratteri di gravità, precisione e concordanza, qualificanti le presunzioni semplici ex articolo 2729 del Codice civile.
Occorre però registrare che in base a un successivo orientamento della giurisprudenza di legittimità (ad esempio, Corte di cassazione 13818/2014), affinché il giudizio possa operare nei confronti dei soci occorre che l'accertamento nei confronti della società partecipata sia divenuto definitivo. La definitività dell'accertamento nei confronti della società non integra quindi i requisiti di gravità, precisione e concordanza propri delle presunzioni semplici (i quali sono deter€«minati – secondo la Corte – dalla ristretta base partecipativa e dalla sussistenza di un valido accertamento emesso nei confronti della società partecipata), che operano sul piano strettamente probatorio, ma nella prospettiva più ampia dell'intero giudizio, per il quale deve intervenire la sospensione del procedimento ex articolo 295 del Codice di procedura civile, in base al quale il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso – o altro giudice – deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa.
Così, nella successiva sentenza 24793/2015, la Corte di cassazione ha ulteriormente precisato «che la sentenza favorevole alla società contribuente, che esclude il conseguimento di superiori ricavi non contabilizzati a fini Irap, divenuta irrevocabile per mancata impugnazione da parte dell'amministrazione finanziaria, può essere utilizzata, nonostante la diversità delle imposte, dal socio come prova nel giudizio tributario per contestare ai fini Irpef i presunti utili percepiti nell'esercizio della medesima attività d'impresa, posto che – anche in difetto di espressa previsione legislativa – l'esclusione dello stesso dato economico e fattuale di partenza fa venir meno, di riflesso, anche la fonte giustificativa dei pretesi redditi incassati dal socio».
L’INCOGNITA IRI DAL 2017 Con il nuovo tributo i maggiori redditi accertati, se distribuiti ai soci, saranno deducibili dal reddito d’impresa