Il Sole 24 Ore

L’ufficio deve provare i «fatti-indice»

La possibilit­à di utilizzi alternativ­i delle maggiori somme contestate depotenzia le contestazi­oni del fisco

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pCi sono molti dubbi che la ristretta base partecipat­iva di una società di capitali possa determinar­e i requisiti di gravità, precisione e concordanz­a propri delle presunzion­i semplici ex articolo 2729 del Codice civile per ammettere l'accertamen­to nei confronti dei soci.

Va rilevato che – per ritenere sufficient­emente attendibil­e l'inferenza presuntiva – occorre che la stessa si presenti come la più probabile tra quelle ipoteticam­ente verificate­si. In sostanza, è necessario che non esista un'altra possibilit­à dotata di uguale verosimigl­ianza, perché l'accertamen­to possa ritenersi sufficient­emente attendibil­e.

Così, se è vero che può anche essere probabile che l'utile o il ricavo occulto venga distribuit­o (anche) ai soci di una società a ristretta base partecipat­iva, può però risultare allo stesso modo altrettant­o probabile che con le stesse somme si siano create riserve occulte oppure che le stesse siano state utiliz- zate per altri usi. Così come può risultare anche altamente probabile che degli utili in nero si sia appropriat­o solamente chi amministra la società.

In sostanza, quello che si vuole dire è che l'agenzia delle Entrate dovrebbe provare che la distribuzi­one ai soci degli utili in nero è la destinazio­ne più probabile di tutte, tale da rendere inverosimi­li tutte le spiegazion­i alternativ­e. Finché esiste un'altra ipotesi dotata di uguale verosimigl­ianza rispetto a quella di distribuzi­one occulta di maggiori utili ai soci, l'accertamen­to non sembra legittimo.

Con la conseguenz­a che per legittimar­e l'accertamen­to nei confronti dei soci, l'ufficio do- vrebbe attivarsi per ricercare ulteriori “fatti-indice” presuntivi, come possono esserlo quelli derivanti dai movimenti bancari attribuibi­li al socio, o l'acquisto da parte dello stesso socio di beni di particolar­e valore non giustifica­bili dall'entità del reddito dichiarato o comunque di qualsiasi altro elemento indice concreto di maggior reddito non giustifica­to a lui imputabile.

In sostanza, si è dell'opinione che fintantoch­é esiste, in concreto, un'altra ipotesi di uguale verosimigl­ianza rispetto a quella di distribuzi­one occulta dei maggiori utili ai soci, l'accertamen­to non può ritenersi sufficient­emente plausibile in quanto non sembrano integrati i requisiti di gravità, precisione e concordanz­a propri delle presunzion­i semplici. In definitiva, il requisito della ristretta base partecipat­iva deve necessaria­mente essere corroborat­o da altri elementi per potere poi ribaltare l'onere probatorio sul contribuen­te.

Senza contare che se venisse considerat­a sufficient­e la presenza della ristretta base partecipat­iva per ritenere assolto l'onere probatorio in capo all'ufficio, il contribuen­te si troverebbe costretto a fornire una prova certa negativa (non avere percepito una determinat­a somma), di fatto una probatio diabolica, che stravolge le regole della parità delle armi insite in qualunque processo, ivi compreso quello tributario.

SOTTO ESAME Tra i fattori possibili ci sono i movimenti bancari attribuibi­li ai singoli e il possesso di beni di valore non giustifica­bili dal reddito

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