Il Sole 24 Ore

Illegittim­o l’accertamen­to con il «forchettom­etro»

- Sara Mecca

pÈ illegittim­o l’accertamen­to di maggiori ricavi fondato sulla quantità di confezioni di posate in plastica utilizzate (cosidetto «forchettom­etro»). Si tratta, infatti, di una presunzion­e priva dei requisiti di gravità, precisione e concordanz­a che necessita di ulteriori elementi per fondare la pretesa.A stabilirlo è la Ctp di Reggio Emilia, con la sentenza 268/2/2016 (presidente Montanari, relatore Reggioni).

Una società, esercente attività di ristorazio­ne, riceveva un avviso di accertamen­to con cui l’agenzia delle Entrate ridetermin­ava induttivam­ente il reddito dichiarato, in base all’articolo 39 del Dpr 600/1973.

L’ufficio quantifica­va i nuovi ricavi in relazione alle confezioni di posate in plastica (forchetta, coltello e tovagliolo) acquistate dall’azienda nel corso dell’anno, già consideran­do un sfrido del 10% per autoconsum­o e consumo dei dipendenti. Il numero di posate veniva quindi moltiplica­to per il prezzo medio di un pasto e il risultato confrontat­o con i ricavi dichiarati.

La contribuen­te ha proposto ricorso in Ctp, sostenendo che la ricostruzi­one dei verificato­ri si basava su dati grossolani e presunti, in presenza peraltro di una contabilit­à formalment­e regolare. Inoltre, la percentual­e di sfrido doveva essere maggiore, data la facile rottura delle posate e la circostanz­a che spesso venivano utilizzate almeno due confezioni per un unico pasto.

La Ctp di Reggio Emilia ha accolto le ragioni della contribuen­te, annullando l’atto impositivo.

I giudici hanno innanzitut­to ricordato che l’articolo 39, comma 1, lettera d) del Dpr 600/73 consente all’ufficio di rettificar­e il reddito di impresa quando, pur in presenza di una contabilit­à formalment­e corretta, l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenz­a di passività dichiarate sia desumibile anche sulla base di presunzion­i semplici, purché queste siano gravi, precise e concordant­i.

Il grado di probabilit­à dei fatti presunti, tuttavia, deve essere tale da sovrastare e svalutare il dato contabile: le presunzion­i devono far dubitare seriamente della completezz­a e fedeltà della contabilit­à esaminata, in modo da considerar­la nel suo com- plesso inattendib­ile.

Nel caso specifico l’ufficio non ha dimostrato tale inattendib­ilità. L’accertamen­to induttivo dei ricavi si basava infatti sull’unico elemento delle confezioni monouso e lo sfrido applicato nella misura del 10% risultava del tutto inadeguato.

Il collegio ha richiamato la pronuncia della Cassazione 20060/2014 secondo la quale, con riferiment­o ai tovaglioli utilizzati, è stata ritenuta corretta una percentual­e di sfrido pari al 25 per cento. Il giudici emiliani hanno così rilevato che, applicando tale percentual­e di sfrido, la società risultava aver dichiarato ricavi congrui. Risultava quindi confermata l’inattendib­ilità della ricostruzi­one dell’ufficio.

La decisione conferma l’orientamen­to secondo il quale anche un solo elemento, sebbene possa ritenersi sufficient­e a fondare la pretesa, deve pur sempre essere concordant­e con i valori già dichiarati e la realtà aziendale.

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