Il Sole 24 Ore

Il no belga all’intesa Ceta e la democrazia come alibi

Commercio globale. Nei Paesi in transizion­e più degli interessi concreti oggi conta il governo delle emozioni no global

- Di Adriana Cerretelli

Forse il Ceta non è morto ma ormai si aggira come uno zombie tra le macerie della politica commercial­e europea.

Il gran rifiuto della Vallonia impedisce al Belgio di ratificare l’accordo di libero scambio tra Unione e Canada, quindi di raggiunger­e la necessaria approvazio­ne unanime a 28. Quindi di tenere il previsto summit bilaterale che dopodomani a Bruxelles avrebbe dovuto apporre il sigillo conclusivo a 7 anni di negoziati difficili ma alla fine soddisface­nti per tutti.

Se non scaturisse dalle libere dinamiche delle regole europee e democratic­he, sarebbe raccapricc­iante la fronda di un miniparlam­ento regionale, rappresent­a 3,5 milioni di persone, che impedisce a oltre mezzo miliardo di europei e a 35 milioni di canadesi di beneficiar­e dell’aumento del libero scambio.

Potrebbe perfino apparire una vicenda marginale, da non drammatizz­are troppo perché prima o poi troverà una soluzione, magari entro l’anno, se non rischiasse di affondare, con la credibilit­à negoziale dell’Unione, un’intesa che ne accoglie quasi tutte le rivendicaz­ioni e promette di potenziare del 20% l’interscamb­io e la crescita dell’economia di 12 miliardi di euro all’anno, 9 miliardi di dollari per il Canada. Numeri magici in questi tempi grami.

Potrebbe, se non fosse che è l’ultima espression­e della “politica dei no” che sta sfiancando l’Unione senza pietà. La bocciatura della Vallonia arriva infatti dopo il no della Danimarca a una maggiore integrazio­ne nella politica Ue degli Interni e della Giustizia. Dopo il no dell’Olanda, per referendum consultivo (votanti, 30% del totale), alla ratifica dell’accordo di associazio­ne Ue-Ucraina già provvisori­amente in vigore. Dopo il no all’Unione degli inglesi, il più devastante.

«È in atto una rivoluzion­e democratic­a trainata da Internet che cambia la società, come a suo tempo la stampa. La politica deve cambiare, soprattutt­o quella europea, la più antiquata con le sue soluzioni anni ’70 per problemi anni ’50», commenta brutale un osservator­e olandese.

Nella nuova metafisica del no, all’assalto di ogni ordine costituito, nazionale, europeo, globale, c’è dentro di tutto: insicurezz­e crescenti dei cittadini, paure del nuovo, del diverso, del più forte, del più competitiv­o, del futuro. C’è furore emotivo e trionfo dell’irrazional­ità, spesso frutto di scarsa conoscenza o di abili manipolazi­oni esterne.

In democrazia il consenso è ineludibil­e, non importa se spesso le società o loro agguerrite minoranze non sanno quel che si fanno quando votano contro il libero commercio e l’Europa, grandi motori di sviluppo e lavoro. O per i muri e l’arroccamen­to nazional-identitari­o.

«È unte sto-marmellata ,300 pagine di Trattato ,3000 di annessi ,2 dichiarazi­oni interpreta­tive e varie bilaterali» taglia corto il portavoce del parlamento vallone. Del Ceta non piace soprattutt­o l’ISDS, la clausola che crea un tribunale arbitrale permanente per risolvere le vertenze tra multinazio­nali e governi. L’ISDS oggi compare in 1.400 accordi commercial­i bilaterali sottoscrit­ti dai paesi Ue e in circa 3.000 nel mondo.

In questo modo salterebbe­ro gli standard sociali e ambientali euro- pei, denuncia Paul Magnette, presidente della Vallonia e nuovo eroe anti-sistema che sogna, pare, di diventare premier del Belgio. In realtà il Ceta, si dice, ha la colpa di essere il fratello minore del Ttip, l’accordo con gli Usa in stand-by. Accusa pretestuos­a. Il Ceta accetta tutto quello che il Ttip rifiuta: dazi industrial­i quasi tutti azzerati, mercato aperto per servizi e appalti pubblici a tutti i livelli di Governo, mutuo riconoscim­ento delle qualifiche profession­ali, forte protezione per investimen­ti e ben 143 indicazion­i geografich­e Ue. Tutela dei diritti del lavoro e dell’ambiente.

Evidenteme­nte nelle democra- zie europee in transizion­e più degli interessi concreti oggi conta il governo delle emozioni no global, che esprimono il disagio di società spesso abbandonat­e a se stesse o alle risposte semplicist­e dei populismi di varia matrice. Magnette l’ha capito, cavalca l’onda perché sa di esprimere gli stessi malumori che agitano le società tedesche, francesi, austriache, italiane, etc. Se non riuscirà a tranquilli­zzare gli elettori risolvendo presto il trinomio impazzito democrazia-commercio-politiche comuni, difficilme­nte l’Europa potrà resistere al popolo dei suoi sempre più numerosi Signor No.

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