Nel mirino l’estensione a zone non colpite dal sisma
Come accade per i migranti, anche per quel che riguarda le spese per il terremoto il braccio di ferro fra Italia e Unione europea è portato avanti a colpi di interpretazione, con Bruxelles che concorda su un’esclusione molto parziale delle spese dal Patto e Roma che punta ad allargare queste maglie.
In questo caso, le letture divergono su un piano “geografico”: l’Unione europea chiede di escludere dai calcoli strutturali solo la spesa effettivamente indirizzata ai territori colpiti dal terremoto di fine agosto, mentre l’Italia chiede di estendere questa impostazione più flessibile a tutti gli oneri collegati al piano nazionale di sicurezza antisismica. In cifre, si tratta di almeno 3,4 miliardi di euro, vale a dire due decimali di Pil, contro i 600 milioni (lo 0,035 del Prodotto interno lordo) indicati dallo stesso documento programmatico come uscite 2017 per la ricostruzione di Amatrice, Accumuli e Arquata del Tronto.
A motivare i 2,8 miliardi da escludere in più secondo la richiesta italiana è il fatto che quello del 24 agosto scorso è il terzo terremoto distruttivo subito dal Paese negli ultimi sette anni. L’Aquila, l’Emilia Romagna e poi il Lazio testimoniano, secondo il giudizio di Roma, l’esigenza «indifferibile» di un piano straordinario per mettere in sicurezza il Paese dal rischio di altri eventi dalle conseguenze pesantissime sulla popolazione. In termini politici, si tratta dello slogan più volte rilanciato dal premier secondo cui «la stabilità delle scuole» viene prima della stabilità evocata dal Patto europeo.
Nella prima versione del Documento mandato alla commissione, questa esclusione ad ampio raggio era espressa in formula dubitativa, sulla base di quanto «suggerito» dalle «ultime valutazioni tecniche». Ma nel testo definitivo i condizionali sono spariti: resta da vedere la risposta di Bruxelles.
3,4 miliardi Spesa per la messa in sicurezza Di questi 600 milioni si riferiscono al cratere del sisma del 24 agosto