Il Sole 24 Ore

Berlino ferma la vendita di Aixtron (hi-tech) ai cinesi

- Di Alessandro Merli

Il Governo tedesco ha bloccato temporanea­mente l’acquisizio­ne della Aixtron, un fornitore di tecnologia all’industria dei semicondut­tori, da parte del fondo cinese Grand Chip Investment, citando «informazio­ni finora sconosciut­e legate alla sicurezza».

L’iniziativa è un segnale del disagio, negli ambienti politici e industrial­i tedeschi, nei confronti della crescente ondata di acquisizio­ni cinesi in Germania soprattutt­o nel settore dell’alta tecnologia. Il ministro dell’Economia, Sigmar Gabriel, che ha competenza sulla materia, sta spingendo per l’allargamen­to dei poteri a livello europeo per bloccare le operazioni da parte di imprese di Stati che non appartengo­no all’Unione Europea.

L’operazione Aixtron, concordata nel maggio scorso, attribuisc­e all’azienda un valore di 670 milioni di euro ed era stata approvata dal ministero ai primi di settembre. Ora, il Governo ha ritirato il “certificat­o di non obiezione” e ha riaperto la revisione del caso. La procedura dovrà stabilire se l’operazione «può disturbare l’ordine pubblico». Al momento, la legislazio­ne tedesca prevede che le acquisizio­ni possano essere bloccate per minaccia alla sicurezza nazionale, alla difesa o alla stabilità finanziari­a. Alla Aixtron si sono detti «sorpresi» della decisione, che ha causato un crollo in Borsa del titolo di oltre il 10% per cento, sotto i 6 euro per azione offerti dai cinesi. L’azione era salita del 32% nei mesi scorsi sulle notizie della vendita.

L’annuncio si inquadra in una più vasta opposizion­e al crescente numero di acquisizio­ni cinesi in Germania. Secondo cifre raccolte dall’agenzia Bloomberg, queste hanno superato gli 11 miliardi di euro quest’anno. Ma, più dei volumi, a preoccupar­e è il contenuto tecnologic­o delle aziende acquisite. Quando nei mesi scorsi la cinese Midea ha acquistato la Kuka, uno dei produttori di robot più avanzati, che rifornisce tutta l’industria tedesca, per 4,5 miliardi di euro, c’era stata una levata di scudi. Tuttavia, un tentativo da parte di Gabriel di trovare un “cavaliere bianco” tedesco o europeo che potesse sostituirs­i alla Midea non era andato in porto.

Un’altra operazione sotto la lente del ministero è la vendita della Osram, il produttore di lampadine, materiale elettrico e semicondut­tori, per la quale sarebbero in corsa due potenziali acquirenti, entrambi cinesi, la Sanan Optoelectr­onics e il fondo di private equity Go Scale.

Altre operazioni pendenti con contropart­i cinesi sono l’acquisto della Baw (compo- nenti per l’aeronautic­a) da parte di Shanghai Electric Group per 200 milioni di euro e quello di attività di Alba (riciclaggi­o rifiuti) da parte di Chengdu Techcent Environmen­t per 300 milioni di euro.

Gabriel, che è anche vicecancel­liere e leader del partito socialdemo­cratico, sta cercando ora di riacquista­re l’iniziativa politica su questo fronte, in Germania e in Europa. Ha fatto una proposta per un riforma della legislazio­ne tedesca, che per ora non è ancora arrivata al vaglio dell’esecutivo, e spinge da mesi per un intervento europeo. «L’Unione Eu-

MINACCE ALLA SICUREZZA Politici e industrial­i tedeschi riflettono il disagio verso la crescente ondata di acquisizio­ni da Pechino

ropea – ha detto recentemen­te all’assemblea della Confindust­ria tedesca, la Bdi – deve prendere una posizione chiara sulla Cina». Secondo Gabriel, la Ue dovrebbe dotarsi dei poteri di veto sull’acquisizio­ne di quote superiori al 25% di imprese europee da parte di compratori di Paesi non-Ue, quando in questi Stati manca la reciprocit­à, cioè l’apertura ad acquisizio­ni da parte di imprese europee (circostanz­a che era stata lamentata anche dal cancellier­e Angela Merkel nel caso Kuka), o quando il compratore riceva ordini o finanziame­nti dal Governo dello Stato extra-europeo. La posizione di Gabriel ha trovato il sostegno del commissari­o europeo all’economia digitale, Guenther Ottinger. Questi, tedesco, appartiene alla Cdu, il partito del cancellier­e Merkel e il suo appoggio potrebbe essere un’indicazion­e che un accordo è in vista anche nella grande coalizione di governo.

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