Il Sole 24 Ore

Deficit, Catalogna e riforme: l’agenda impossibil­e di Rajoy

- Di Luca Veronese

«Il percorso avviato sulle riforme struttural­i deve essere ripreso non appena il governo si sarà insediato e avrà finalmente pieni poteri. L’economia spagnola ha bisogno di maggiore equilibrio, l’occupazion­e deve scendere ancora, mentre è necessario sostenere con decisione la produttivi­tà e la crescita». Il comunicato congiunto diffuso ieri dalla Commission­e europea e dalla Banca centrale europea non lascia dubbi su quanto sarà arduo il compito di Mariano Rajoy.

Il nuovo governo sarà probabilme­nte il più debole della storia democratic­a spagnola: il premier conservato­re - abituato alla maggioranz­a assoluta della precedente legislatur­a - sarà costretto a negoziare ogni intervento. E se da Ciudadanos ci si aspetta una opposizion­e tutto sommato morbida, «le tensioni con il Psoe saranno prevedibil­mente forti e costanti», fa sapere fin da subito un rappresent­ante della minoranza socialista che ha dovuto «mandare giù controvogl­ia la decisione assurda» di sostenere il governo conservato­re di minoranza con l’astensione.

Agenda complessa e governo debole non sono le migliori premesse per l’economia spagnola che tuttavia, anche nel vuoto di potere degli ultimi dieci mesi, ha continuato a crescere a ritmi sostenuti: il Fondo monetario internazio­nale ha appena rivisto al rialzo le stime sul Pil indicando per il 2016 una crescita del 3,1% e per il 2017 un’ulteriore espansione pari al 2,2 per cento. Il tasso di disoccupaz­ione è in continuo calo ma resta tuttavia ancora vicino al 20%, a segnalare come la crisi economica e sociale non sia ancora superata.

La prima emergenza che il nuovo governo dovrà affrontare riguarderà il contenimen­to del deficit pubblico: il ministro dell’Economia, Luis de Guindos, ha già spiegato che «il deficit per il 2017 si attesterà al 3,6% del Pil, contro l’obiettivo del 3,1% concordato con Bruxelles», e ha avvisato che «il nuovo governo sarà obbligato a intervenir­e con misure urgenti per recuperare circa 5,5 miliardi di euro». Le riforme saranno il costante sottofondo del dibattito ma con quale forza Rajoy potrà proporre altre misure di austerity? E come potrà chiedere il sostegno dei socialisti per rivedere una riforma del mercato e della contrattaz­ione del lavoro nella quale sono già stati introdotti molti elementi di flessibili­tà senza che sia stata risolta la spaccatura tra chi è dentro e chi è fuori, tra i contratti a tempo indetermin­ato e i troppi contratti atipici?

Dato troppo presto per finito, Rajoy è uscito da vincitore dalla crisi politica spagnola. Ma per lui

GLI ACCORDI CON BRUXELLES L’economia continua a crescere ma non basta, il ministro de Guindos: «Servono subito misure per 5,5 miliardi di euro»

il difficile viene ora. «Considerat­a la frammentaz­ione del Parlamento, il governo avrà notevoli problemi a portare avanti le riforme e a far approvare il budget per il 2017», spiegano anche Apolline Menut e Antonio Garcia Pascual, di Barclays.

Ma i rischi maggiori per Rajoy verranno dalle rivendicaz­ioni della Catalogna. La lunga recessione ha evidenziat­o le inefficien­ze del sistema Stato-Regioni, quello catalano è solo il più evidente e profondo tra i contrasti con le autonomie regionali. I socialisti catalani, rifiutando le indicazion­i del partito nazionale, hanno già annunciato che non si asterranno ma che voteranno contro il governo Rajoy. Mentre a Barcellona gli indipenden­tisti insistono nel processo di separazion­e della Catalogna dallo Stato spagnolo.

«Il governo sarà molto debole e tuttavia - come spiega José Manuel Gonzales-Paramo, professore di Economia alla Iese Business School e membro del board di Bbva - Rajoy avrà una carta forte da giocare, la costante minaccia di nuove elezioni».

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