Deficit, Catalogna e riforme: l’agenda impossibile di Rajoy
«Il percorso avviato sulle riforme strutturali deve essere ripreso non appena il governo si sarà insediato e avrà finalmente pieni poteri. L’economia spagnola ha bisogno di maggiore equilibrio, l’occupazione deve scendere ancora, mentre è necessario sostenere con decisione la produttività e la crescita». Il comunicato congiunto diffuso ieri dalla Commissione europea e dalla Banca centrale europea non lascia dubbi su quanto sarà arduo il compito di Mariano Rajoy.
Il nuovo governo sarà probabilmente il più debole della storia democratica spagnola: il premier conservatore - abituato alla maggioranza assoluta della precedente legislatura - sarà costretto a negoziare ogni intervento. E se da Ciudadanos ci si aspetta una opposizione tutto sommato morbida, «le tensioni con il Psoe saranno prevedibilmente forti e costanti», fa sapere fin da subito un rappresentante della minoranza socialista che ha dovuto «mandare giù controvoglia la decisione assurda» di sostenere il governo conservatore di minoranza con l’astensione.
Agenda complessa e governo debole non sono le migliori premesse per l’economia spagnola che tuttavia, anche nel vuoto di potere degli ultimi dieci mesi, ha continuato a crescere a ritmi sostenuti: il Fondo monetario internazionale ha appena rivisto al rialzo le stime sul Pil indicando per il 2016 una crescita del 3,1% e per il 2017 un’ulteriore espansione pari al 2,2 per cento. Il tasso di disoccupazione è in continuo calo ma resta tuttavia ancora vicino al 20%, a segnalare come la crisi economica e sociale non sia ancora superata.
La prima emergenza che il nuovo governo dovrà affrontare riguarderà il contenimento del deficit pubblico: il ministro dell’Economia, Luis de Guindos, ha già spiegato che «il deficit per il 2017 si attesterà al 3,6% del Pil, contro l’obiettivo del 3,1% concordato con Bruxelles», e ha avvisato che «il nuovo governo sarà obbligato a intervenire con misure urgenti per recuperare circa 5,5 miliardi di euro». Le riforme saranno il costante sottofondo del dibattito ma con quale forza Rajoy potrà proporre altre misure di austerity? E come potrà chiedere il sostegno dei socialisti per rivedere una riforma del mercato e della contrattazione del lavoro nella quale sono già stati introdotti molti elementi di flessibilità senza che sia stata risolta la spaccatura tra chi è dentro e chi è fuori, tra i contratti a tempo indeterminato e i troppi contratti atipici?
Dato troppo presto per finito, Rajoy è uscito da vincitore dalla crisi politica spagnola. Ma per lui
GLI ACCORDI CON BRUXELLES L’economia continua a crescere ma non basta, il ministro de Guindos: «Servono subito misure per 5,5 miliardi di euro»
il difficile viene ora. «Considerata la frammentazione del Parlamento, il governo avrà notevoli problemi a portare avanti le riforme e a far approvare il budget per il 2017», spiegano anche Apolline Menut e Antonio Garcia Pascual, di Barclays.
Ma i rischi maggiori per Rajoy verranno dalle rivendicazioni della Catalogna. La lunga recessione ha evidenziato le inefficienze del sistema Stato-Regioni, quello catalano è solo il più evidente e profondo tra i contrasti con le autonomie regionali. I socialisti catalani, rifiutando le indicazioni del partito nazionale, hanno già annunciato che non si asterranno ma che voteranno contro il governo Rajoy. Mentre a Barcellona gli indipendentisti insistono nel processo di separazione della Catalogna dallo Stato spagnolo.
«Il governo sarà molto debole e tuttavia - come spiega José Manuel Gonzales-Paramo, professore di Economia alla Iese Business School e membro del board di Bbva - Rajoy avrà una carta forte da giocare, la costante minaccia di nuove elezioni».