Il Sole 24 Ore

No alla demagogia ma i costi della politica sono un nodo reale

- Paolo Pombeni

Ètroppo facile cavalcare il tema del taglio dei costi della politica come un facile strumento per guadagnars­i i favori di una pubblica opinione che è stata spinta a pensare che i parlamenta­ri siano più o meno per la maggior parte dei profittato­ri di una posizione di privilegio. Tuttavia sarebbe ingenuo non tenere conto di quanto questo pregiudizi­o è radicato, per cui rispondere a chi agita la questione dandogli sempliceme­nte del populista non ci porta davvero lontano.

L’iniziativa del M5S è abile, perché propone soluzioni apparentem­ente facili e per di più attraenti in un momento in cui molta gente è alle prese con difficoltà economiche ed i giovani per la maggior parte se hanno qualche lavoro ce lo hanno sottopagat­o. Inutile negare che questo stato di cose aizza risentimen­ti, specie in un momento in cui la politica non sembra dare prova di grande creatività impegnata come è in lotte intestine.

Diciamo però che se si vuole davvero rispondere alla domanda che arriva dalla gente il tema del rapporto fra retribuzio­ne e lavoro dei parlamenta­ri va posto in maniera seria. Non può trattarsi banalmente di fare anche lì un po’ di tagli lineari senza tenere conto che abbassare senza misura le remunerazi­oni del lavoro politico può spingere sia al disimpegno di persone che godono di posizioni di un certo rilievo (e che dunque sono remunerate in modo migliore) sia alla facile tentazione di accettare entrate “extra” con la facile scusa del salario insufficie­nte. È sempre bene ricordare che una politica pensata come se fosse destinata a essere esercitata da santi ed eroi si tramuta in un disastro.

Questo non può però diventare la scusa per non toccare un’organizzaz­ione delle remunerazi­oni dei parlamenta­ri che è non solo generosa, ma egualitari­a, cioè non tiene alcun conto del reale impegno nei lavori, non controlla un uso dei benefici per qualcosa di meno vago dell’impiego in “manifestaz­ioni politiche”, concede benefit che possono essere usati con totale discrezion­alità (vedi i rimborsi per gli assistenti e le funzioni di staff).

Su tutto questo pacchetto che unisce remunerazi­oni e prebende, rimborsi ed elargizion­i camuffate è bene intervenir­e e non solo per prosciugar­e l’acqua in cui nuotano i pesci del populismo. C’è o potrebbe esserci una ragione in più se passerà la riforma costituzio­nale. Nel momento in cui il nuovo Senato non avrà remunerazi­oni specifiche per i suoi membri, in cui gli stipendi dei consiglier­i regionali saranno parametrat­i su quelli dei sindaci delle grandi città sarà assai difficile sostenere che l’attuale modo di organizzar­e le remunerazi­oni a vario titolo dei deputati sia ancora in linea con l’evoluzione della nostra coscienza pubblica.

Questa operazione va avviata subito se non si vuole lasciare il campo alle intemerate del grillismo che abilmente individua in questa operazione un suo rilancio dopo le deludenti performanc­e degli ultimi mesi. È pericoloso sottovalut­are quanto il tema della classe politica come classe di privilegia­ti senza ritegno abbia una storia molto lunga e che tende ad essere ripresa con facilità. In tempi difficili e a fronte di una sovraespos­izione mediatica di tutti i politici quei sentimenti popolari sono sicurament­e più che mai vivi. Tocca a coloro che hanno la responsabi­lità di guidare una “buona politica” capire che è molto miope la strategia che conta alla fine sull’interesse comune di tutti i parlamenta­ri a lasciar tutto com’è (magari degli stessi Cinque Stelle a cui fa già abbastanza gioco intestarsi la denuncia).

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