Il Sole 24 Ore

Il terremoto e le regole ignorate

Inerzia e scarsità di fondi frenano la mappatura delle aree a rischio

- Di Mariano Maugeri

Ms: microzonaz­ione sismica. Tenete a mente queste due lettere, perché è una delle buone intenzioni della pianificaz­ione antisismic­a annegata nella babele di leggi e regolament­i, dal Consiglio superiore dei Lavori pubblici giù giù fino alle singole regioni, tra le quali ci sono quelle virtuose (Emilia e Umbria) e le altre (Campania e Sicilia) che procedono come se il problema non li riguardass­e, tra gli incoraggia­menti formali della Protezione civile.

Non c’è notizia, si dirà. È la regola italiana. E invece le notizie, per chi è appassiona­to al tema, sono tre, anzi quattro. Quelle più macroscopi­che: chi pianifica continua a non tener conto degli studi geologici; alcune Regioni meridional­i, oberate da ben altri problemi, ignorano le regole della Protezione civile e Amatrice, dopo la catastrofe del 24 agosto, ha il piano di microzonaz­ione non validato per conclamata inadempien­za della Regione Lazio.

Tutto nasce dall’articolo 11 della legge 77 del 2009 sulla microzonaz­ione, partorita all’indomani del terremoto dell’Aquila. Corretto l’oggetto: un edificio crolla o sta in piedi non solo per come è stato costruito, ma anche per il terreno sul quale è stato edificato. Ci sono terreni, come quelli alluvional­i, che amplifican­o a dismisura le scosse (la scala va da uno a 2,5) e che quindi andrebbero interdetti o vincolati a una serie di contromisu­re tecniche prima di decidere se e come costruire.

«Mappiamo l’Italia» dice più o meno il capo della Protezione civile Guido Bertoloso, a quei tempi terza carica del Paese per concentraz­ione di potere. La legge viene varata a passo di carica. Lo stanziamen­to è poco meno di un miliardo per sette anni, ma ci sono dentro anche la marea di edifici pubblici e privati da controllar­e e mettere in sicurezza. Alla microzonaz­ione restano cento milioni, con progetti da cofinanzia­re a livello regionale che portano il totale a 150/170 milioni, non proprio bruscolini. Mossa giusta, il cofinanzia­mento, che però si rivela un boomerang: molte regioni del Sud o hanno le casse a secco o si scagliano contro i vincoli del patto di stabilità.

Si parte. E per coordinare i lavori nasce una commission­e nazionale che si riunisce tre o quattro volte l’anno nella sede della Protezione civile a Roma. È il Dipartimen­to a distribuir­e i soldi, finanziame­nti che le Regioni possono spendere solo per la microzonaz­ione non prima di averla cofinanzia­ta. Dice Sergio Castenetto, geologo del Dpc e segretario della com- missione: « L’Italia è l’unico Paese europeo ad avere la microzonaz­ione su tutto il territorio nazionale e con il coinvolgim­ento delle Regioni » .

In realtà, si lavora su quasi 3mila degli 8mila Comuni italiani, quelli inseriti nelle zone a maggiore rischio sismico. Uno sforzo titanico, per supportare il quale nasce il centro di microzonaz­ione, un organismo tecnico presieduto dal prorettore della Sapienza di Roma e vice presidente della Commission­e grandi rischi, Gabriele Scarascia Mugnozza. Alla vigilia della sesta annualità dei finanziame­nti, con quasi due terzi dei Comuni mappati, si scopre – prima notizia – che gli indirizzi della microzonaz­ione sono uno dei tanti fogli di un dossier. Dice Raffaele Nardone, tesoriere del Consiglio nazionale dei geologi e componente della Commission­e nazionale sulla microzonaz­ione: «Gli studi in questa materia sono slegati dalla pianificaz­ione».

Se un Comune cambia il piano urbanistic­o, è sufficient­e che alleghi la mappa di microzonaz­ione. Una scelta senza obblighi di nessuna natura, perché anche aree ad alta amplificaz­ione possono rientrare nella pianificaz­ione urbana, a patto che poi il progettist­a adotti delle tecniche coerenti. Per mappare la scala di amplificaz­ione bisognereb­be passare al livello 2, un investimen­to adottato finora solo dell’Emilia-Romagna e dell’Umbria (Marche e Abruzzo a macchia di leopardo). «Noi sconsiglia­mo vivamente di lottizzare in terreni amplificat­i, ma la decisione finale tocca al sindaco» spiega Roberto Troncarell­a, presidente dei geologi laziali.

Tanto rumore per nulla. Con un piccolo paradosso. Il Consiglio superiore dei lavori pubblici, autorità morale e fattuale – seconda notizia – ignora totalmente la microzonaz­ione persino nel nuovo codice tecnico delle costruzion­i che si sta riscrivend­o in questi mesi. Non c’è un passaggio, una citazione, un rimando. Nulla di nulla. Nardone s’indigna e si scaglia contro gli equilibri all’interno del Consiglio superiore: «L’aspetto sulla sismicità, la modellazio­ne geologica del sottosuolo e l’amplificaz­ione sono stati scippati ai geologi e assegnati agli ingegneri geotecnici. Che peraltro sono in schiaccian­te maggioranz­a». Il geologo lucano, sul tema microzonaz­ione, è duro soprattutt­o con i ritardi delle Regioni del Sud: «La Campania, che ha avuto migliaia di morti nell’80, non ha attivato neppure il livello 1, se si eccettua l’area di Benevento. La Basilicata era partita bene ma poi si è fermata, per non parlare della Sicilia».

La Protezione civile, a partire dalla terza ordinanza, annusa la mala parata e riduce la quota di cofinanzia­mento regionale prima al 40% e poi al 25%, un tentativo di sbloccare le cose. Ma è a livello di moral suasion che il Dipartimen­to alla testa del quale si alternaron­o Guido Bertolaso e l’attuale prefetto di Roma Franco Gabrielli appare troppo prudente, quasi timoroso. I verbali della commission­e nazionale replicano a ogni quadrimest­re i ritardi di alcune Regioni, tanto che in luglio il presidente della commission­e, Mauro Dolce, annuncia di aver rotto gli indugi e di essere pronto a sollecitar­e direttamen­te i governator­i. Una lettera – terza notizia – mai partita.

In via Ulpiano, una delle due sedi romane del Dipartimen­to guidato da Fabrizio Curcio, se la cavano in corner: «Il terremoto di Amatrice ha cambiato le priorità». È proprio Amatrice, all’alba della metà di ottobre 2016 e in compagnia della metà dei paesi laziali, non ha ancora il piano di microzonaz­ione validato dalla Regione Lazio. Peggio: il piano è stato secretato dalla magistratu­ra – quarta notizia – e gli uomini di Nicola Zingaretti l’hanno negato persino al presidente dell’ordine regionale dei geologi, Roberto Troncarell­i. Il Lazio è uno dei tanti colpi a vuoto della legge 77. A quando la validazion­e delle tecnocrazi­e regionali?

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