Mobilità nella Ue senza dumping
Il trasfer imento temporaneo di lavorator i non deve determinare vantaggi indebiti
pNell’attesa dell’emanazione del decreto che stabilisca le modalità con cui l’impresa distaccante dovrà comunicare al ministero del Lavoro le informazioni relative al distacco a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo 136/2016, avvenuta il 22 luglio, importante è capire la ratio che, anche a livello comunitario, ha portato all’emanazione della direttiva Ue 67/2014 in materia di distacco di servizi.
Tra i principi fondamentali del mercato unico dell’unione europea rientrano sicuramente la libera circolazione dei lavo
ratori, la libertà di stabilimento delle aziende, nonché la libe
ra prestazione di servizi all’interno del mercato. Evidentemente, la libertà di prestare servizi all’interno della Ue include il diritto delle imprese di utilizzare “propri” lavoratori, senza discriminare questi ultimi rispetto a coloro che abitualmente sono occupati in tali Paesi e senza che dall’esercizio di tale libertà derivi un indebito vantaggio per le imprese estere a discapito di quelle locali. E infatti, l’applicazione ai lavoratori distaccati delle tutele minime vigenti nell’ordinamento del Paese in cui sono impiegati consente di evitare situazioni che alterino il la libera concorrenza delle imprese nel mercato.
Tutta la normativa comunitaria e interna che, dal 1996 ,è stata emanata in temi di distacchi di lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi ha proprio lo scopo di evitare dumping tra i Paesi a danno dei lavoratori e/o delle società residenti dove gli stessi sono distaccati. Ai lavoratori distaccati, anche a seguito di contratti con agenzie di somministrazione situate in Paesi della Ue diversi dall’Italia, deve quindi essere garantita una protezione minima sia dal punto di vista delle tutele che della retribuzione.
Invece la libertà nella circolazione nel mercato europeo è stata interpretata in modo distorto da alcuni datori di lavoro. Infatti negli scorsi anni la stampa ha più volte segnalato il caso degli “autotrasportatori rumeni” tanto che il ministero del Lavoro con la circolare 14/2015 aveva sollecitato gli uffici ispettivi ad avviare specifiche campagne informative anche nei confronti degli utilizzatori nazionali. La circolare, oltre a sottolineare i principi alla base della normativa, voleva infatti evi- tare che datori di lavoro italiani, anche in buona fede, potessero subire ripercussioni di carattere sanzionatorio qualora il contratto di distacco non fosse conforme ai principi contenuti nell’ambito della normativa comunitaria e nazionale in vigore.
In particolare, in applicazione di tali principi occorre che ai lavoratori distaccati siano riconosciute le medesime condizione di lavoro e di occupazione applicabili al personale che effettua prestazioni lavorative subordinate analoghe nello stesso luogo (principio del lex loci labori) e quindi gli stessi periodi massimi di lavoro e minimi di riposo, gli stessi trattamenti retributivi minimi compresi quelli maggiorati per il lavoro straordinario, le stesse norme a tutela della salute, della sicurezza e igiene sui luoghi di lavoro.
Quindi, al lavoratore distaccato in Italia da qualsiasi diverso Paese dell’Unione europea dovrà essere riconosciuta una
I PUNTI ESSENZIALI Stesse regole e trattamento retributivo del Paese ospitante - Per i contributi non vale il principio della territorialità
sostanziale parità di trattamento sia per quanto concerne la normativa applicabile che per quanto concerne l’ammontare retributivo che deve essere del tutto equiparabile a quello corrisposto ai lavoratori alle dipendenze dell’utilizzatore nazionale.
Più “critica” per la parità di trattamento tra lavoratori è la questione relativa alla copertura contributiva, in quanto l’articolo 12 del regolamento comunitario (883/2004) prevede che, nell’ipotesi di distacco comunitario, per un periodo di almeno 24 mesi (con possibile proroga), in luogo del principio delle territorialità si applichi il principio della personalità. Di conseguenza, almeno per tale periodo i contributi vengono versati nel Paese di origine e sulla base dell’imponibile previdenziale previsto da tale Paese e non dall’Italia.
Vista la responsabilità solidale della società distaccataria è quindi opportuno che l’azienda italiana si accerti che la società estera distaccante straniera abbia adempiuto a tutti gli obblighi richiesti dalla normativa.