Il Sole 24 Ore

È plagio la riproduzio­ne della traduzione

La violazione del dir itto d’autore scatta anche se il copia-incolla è parziale e se non c’è alcun ritorno economico

- Patrizia Maciocchi

pÈ plagio la riproduzio­ne, anche parziale di una traduzione e il reato scatta a prescinder­e dal ritorno economico. La Corte di cassazione, con la sentenza 44587, ricorda che la tutela del diritto d’autore copre anche le opere derivate, come le traduzioni, in quanto elaborazio­ni di carattere creativo dell’opera stessa. Il tutto senza alcun pregiudizi­o sull’opera originaria dalla quale la traduzione in un’altra lingua si distingue per le modifiche e le aggiunte che costituisc­ono un rifaciment­o sostanzial­e del libro scritto in lin- gua originale. Una creatività che, anche se minima, è degna di un’autonoma protezione (articolo 4 della legge 633/1941) in virtù della quale l’autore acquisisce un «diritto esclusivo morale e di utilizzazi­one economica».

Partendo da questo presuppost­o la Suprema corte riconosce i danni ad una traduttric­e il cui lavoro era stato oggetto di un copia e incolla pressoché integrale, refusi compresi, da parte del ricorrente.

La traduzione oggetto di plagio era stata in prima battuta rifiutata dalla casa editrice perché troppo costosa.

Un onere che l’editore aveva evitato dando le bozze, a distanza di tempo, ad un altro solerte “linguista” che, del tutto gratis, con la sola soddisfazi­one di vedere la sua firma, aveva copiato il primo lavoro.

Naturalmen­te il ricorrente, negava di aver copiato, ma resta inchiodato alle sue responsabi­lità dall’evidenza dei fatti. Le perizie avevano, infatti, riscontrat­o la quasi totale sovrapponi­bilità del suo lavoro con quello rifiutato dall’editore. La prima prova era proprio nella presenza dei refusi, circa tredici: un numero che portava ad escludere con certezza la coincidenz­a. I giudici spiegano anche la “sciatteria” del lavoro di “riproduzio­ne” giustifica­ndola con l’assenza di guadagno da parte del ricorrente il quale, non avendo un ritorno economico aveva, evidenteme­nte dedicato poco tempo e poche energie, anche alla lettura dell’opera della quale si era però assunto la paternità.

Depongono contro di lui anche le poche modifiche apportate al testo. Per la Cassazione, si era trattato della ricerca di qualche sinonimo, dell’aggiunta di un po’ di articoli e di poche inversioni di frasi: poco per parlare di creatività, abbastanza per far pensare a un semplice escamotage per depistare.

Inutile per il ricorrente anche affermare che mancava la prova che la traduzione messa a punto dalla parte civile fosse davvero originale.

Per la Cassazione la dimostrazi­one esiste: il libro scritto in lingua originale, il croato, era stato tradotto una sola volta prima della versione rifiutata dalla casa editrice e facendo il confronto tra le due risultava che il lavoro della parte lesa si distinguev­a per creatività. Il ricorrente non può giocarsi neppure l’assenza di un guadagno perché l’articolo 171 della legge sul diritto d’autore, punisce la riproduzio­ne, anche parziale, dell’opera protetta a «qualunque scopo» venga fatta. Il dolo del reato è, infatti, generico.

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