Ddl taglia-stipendi, passa il rinvio
Grillo accusa il Pd: tradisce la fiducia degli elettori - Renzi: voglio confronto con leader M5S
Salgono i toni dello scontro tra PdeM5S,d op oilr invio in commissione da parte dell’ Aula della Camera della proposta M5S sui tagliai costi dell apolitica. Ma è il referendum del 4 dicembre la vera posta in gioco. E si mobilitano i leader. Beppe Grillo assiste in tribuna alla discussione a Montecitorio e dispensa dal blog parole al vetriolo contro idem: «Tradiscono la fiducia degli elettori, sono vacche ruminanti». Il premier Matteo Renzi non si vede ma, in serata a Porta a Porta, sfida e chiede a Bruno Vespa: «Mi invita un giorno in trasmissione con Grillo, si fa due chiacchiere?».
Una giornata tesa, quella di ieri. Cominciata con l’inversione alla Camera dell’ordine del giorno ottenuta dai dem per esaminare subito nel pomeriggio il testo a prima firma Roberta Lombardi, che propone il taglio dai circa 5mila euro netti a 5mila euro lordi dell’indennità dei parlamentari, un tetto di 3.500 euro mensili alle spese di soggiorno e di viaggio, un rimborso da 3.690 euro al mese per esercizio del mandato e collaboratori e l’obbligo di rendicontare tutte le spese. Lorenzo Dellai (Demos-Centro democratico) chiede il rinvio in commissione, che l’Aula approva come da copione, con 109 voti di scarto (contrari, oltre al M5S, Fi, Fdi e Si).
I toni restano composti, su ordine di Grillo: niente gesti dimostrati- vi, niente cartelli. Il comico si scalda gridando un ironico« bravo, bravo» soltanto quando il capogruppo Pd Ettore Rosato cita nel suo intervento «l’ospite importante» nel loggione e lo invita ad andare «in un altro “colle”» (il riferimento è al Campidoglio dove siede Virginia Raggi), per chiedere conto «dei costi, delle auto blu, delle consulenze, perché non si può fare solo opposizione ma bisogna pure saper governare».
La compostezza è però abbandonata fuori dall’Aula. Sulblog, sui sociale in piazza, dovesi raduna non più di un centinaio di attivisti pentastellati («Un flop», commenta il Pd) e Alessandro Di Battista attacca la maggioranza: «Questa è gentaglia». Roberto Fico gli fa eco: «Una vergogna, sono dei vigliacchi». Il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, che ha presieduto la seduta, in Transatlantico critica Renzi: «In Tv propone emendamenti, in Parlamento non si presenta. Lui e il Pd hanno gettato la maschera».
Mentre la deputata dem Alessia Morani (che il M5S querelerà per le «menzogne» sugli stipendi dei Cinque Stelle) denuncia via twitter di essere stata aggredita da un militante, è dal salotto di Vespa che il premier sceglie di ribadire la disponibilità a tagliare gli stipendi dei parlamentari, «purché non si tratti di un giochetto». «Grillo - spiega - è nato dicendo al Vaffa day “vogliamo i referendum propositivi”, e sono nella riforma costituzionale. Le petizioni popolari devono essere per forza discusse, e la riforma lo prevede. C’è la riduzione dei senatori e sono cancellati i rimborsi dei consiglieri regionali. Grillo è in difficoltà, deve dire no al referendum e si è inventato la mossa di oggi». Una stilettata ai due leader in lotta arriva da Pier Luigi Bersani della minoranza Pd: «C’è un ping pong tra le demagogie: c’è chi dice “se vuoi meno politici devi votare sì” al referendum e chi dice che tutto si risolve dimezzando lo stipendio».
Certo è che con la sfida alla casta il M5S ha costruito la sua fortuna e tenta di ritrovare la pax interna, dopo i dissapori tra Di Maio e gli ortodossi: il motivo per cui Grillo è tornato a Roma. Ma la grana è anche un’altra: oggi alle 21 scadono le votazioni online sulle modifiche a regolamento e non statuto, che servono a proteggersi dai ricorsi dei dissidenti, pronti a una class action. Il quorum (il 75% degli oltre 130mila iscritti) è obiettivo arduo. Lo prova l’appello last minute al voto di Davide Casaleggio, che profetizza un assedio al M5S prima delle politiche: «A seconda che siano sopra un terzo, sopra la metà, sopra i tre quarti o addirittura la totalità degli iscritti, maggiori saranno le nostre difese dagli attacchi giudiziari e politici». In attesa dei numeri, si ragiona sull’exit strategy. Che potrebbe anche vedere Grillo, il “capo politico”, decidere da solo.