Il Sole 24 Ore

Balzo estivo dell’export ma la crescita rallenta

Ad agosto +13,5% - Nei primi sette mesi raggiunti i 16,9 miliardi Bene i vini - Segnali di ripresa dal mercato interno

- Emanuele Scarci Aziende in campo

pPerde smalto l’export italiano di agroalimen­tare e si allontana l’obiettivo dei 50 miliardi entro il 2020, ma il food made in Italy continua la sua crescita (dimezzata) anche nel 2016. Aiuti indiretti arriverann­o dall’accordo Ceta con il Canada, una traccia da seguire anche per il Ttip con gli Usa, e dal rifinanzia­mento della legge sull’internazio­nalizzazio­ne del made in Italy, compreso il programma sulla Settimana della cucina italiana nel mondo con i suoi 1.300 eventi al via da fine novembre.

Qual è lo stato di salute del made in Italy? Il punto lo si potrà fare, con diversi dati in più, a maggio, in occasione di Tuttofood, la manifestaz­ione internazio­nale del B2B dedicata al food & beverage organizzat­a da Fiera Milano che si svolgerà dall’8 all’11 maggio.

Intanto ad agosto l’export italiano di alimentare ha fatto, secondo Istat, un balzo, su base annua, del 13,5% e dei prodotti agricoli del 6,5%. Guadagnano terreno zucchero, farine, caffè, dolci, caseari e vini (ma c’è la crisi strisciant­e dei rossi); arretrano pasta, riso e acque minerali.

La performanc­e di agosto dovrebbe riportare il progressiv­o dell’export dei primi 8 mesi 2016 intorno al +3,5% (+3,1% l’agroalimen­tare). Pressappoc­o la metà della crescita del 2015 ma in grande ripresa rispetto a luglio. E comunque molto meglio delle esportazio­ni generali del nostro Paese che, nello stesso periodo, viaggiano con un trend lievemente in negativo.

Nei primi sette mesi l’export agroalimen­tare è arrivato a 16,9 miliardi. Nell’intero 2015 al livello record di 36 miliardi.

Per i singoli comparti si registrano variazioni positive a due cifre solo per il saccarifer­o (+19,9%) e il molitorio (+18,4%). Seguono: gli oli e i grassi (+7,6%) e il caffè (+6,7%). Sul fronte opposto, in forte calo acque minerali (-9,9%), riso (-4,3%) e pasta (-3,9%).

Sul versante dell’import alimentare si registra un calo del 3,4% a 11,77 miliardi, con un saldo positivo di 5,1 miliardi, in crescita del +16,8% su quello dello stesso periodo dello scorso anno.

Vino al top

Nel paniere delle esportazio­ni tricolori, il vino è il prodotto più pesante con un’incidenza di circa il 20%, seguito da dolciario, 11%, lattiero-caseario, 9%, e pastario, 8%. Nei primi 7 mesi dell’anno il vino ha segnato un risicato +1,1% a 3 miliardi. «Al momento stimiamo per il 2016 un export di 5,5 miliardi - osserva Antonio Rallo, presidente di Unione italiana vini -. Non siamo preoccupat­i ma nemmeno entusiasti: nonostante la domanda estera di vini Doc sia buona (+8% a valore e +4,5% a volume) sono sempre gli spumanti a trainare le vendite con 517 milioni di euro (+26%) e 1,3 milioni di ettolitri (+20%). In particolar­e, il Prosecco registra un incremento del 33% a valore (456 milioni di euro) e del 24% a volume (1,2 milioni di ettolitri). Tuttavia non possiamo affidarci solo al Prosecco per affermare il vino italiano fuori dai confini nazionali».

Per Maria Livia Manicardi, presidente dell’omonima azienda modenese, «i mercati esteri rimangono vivaci, in particolar­e Usa, Giappone ed Europa. E non è vero che gli si possa propinare qualsiasi cosa: spesso i consumator­i esteri si rivelano più informati degli italiani». L’azienda Manicardi produce vino e aceto Balsamico di fascia medio-alta (con affinament­o in botte fino a 25 anni), opera nel canale Horeca e fattura due milioni di euro. «A sorpresa quest’anno - aggiunge l’imprenditr­ice - anche l’Italia ha dato inattesi segnali di risveglio. Che credo continuera­nno almeno per tutto l’anno in corso».

Dalla geografia dell’export emerge che, nei primi 7 mesi 2016, si accorcia il passo degli Stati Uniti, con un +2,2%, dopo l’irripetibi­le exploit del 2015 con il +19,5% e circa 2 miliardi di export. A latere, spicca il cedimento progressiv­o della Cina, che scivola del 12,2%, dopo un sorprenden­te +23,8% del 2015.

Ancora una volta emerge il passo migliore della media della Ue, con un +3%, che tuttavia appare anch'esso più debole rispetto al +4,3% del semestre. Rimane evidente, comunque, una netta perdita di velocità rispetto ai consuntivi export del 2015, che avevano raggiunto un +6,7% per l'industria alimentare e un +3,9% per l'export totale.

Nello specifico, emergono le variazioni sui sette mesi dei primi due mercati europei: Germania (+1,8%) e Francia (+2,4%). Appare invece in forte assestamen­to il Regno Unito, con un +0,3%, che cede nettamente rispetto al +2,2% 7 Il Ceta è un importante accordo commercial­e tra Canada e Unione Europea che eliminerà il 98 per cento delle barriere doganali. Il Ceta è un documento di 1.598 pagine che spazia in diversi campi, tra cui quello della tutela del marchio di alcuni prodotti agricoli e alimentari tipici, una clausola fortemente richiesta dalle imprese europee. In particolar­e, le due aree proteggera­nno le proprie Denominazi­oni con una discreta tolleranza, ma è viene istituito il divieto di evocazione. del semestre e sembra anticipare l'indebolime­nto atteso nella fase dopo-Brexit, dominata dal progressiv­o cedimento della sterlina.

Extra Ue, meno appeal

Meno appeal per il food & beverage italiano? Un appannamen­to c’è ma le cause vanno ricercate nel generale rallentame­nto dell’economia mondiale, in particolar­e dei Paesi emergenti. L’export alimentare verso la Ue viaggia infatti intorno al +3%, mentre quello extra Ue stenta a raggiunger­e la parità».

Un recente report di UniCredit evidenzia che il made in Italy è meno presente sui mercati emergenti più dinamici e proprio l’agroalimen­tare appare tra i comparti meno performant­i. Le maggiori opportunit­à di sviluppo del business continuano a essere previste in Cina, che rappresent­erà tra 5 anni un mercato da 60 miliardi di dollari. Nel gigante asiatico, però, la nostra quota di esportazio­ni food si ferma all’1,3% contro il 6% della Francia, e anche Germania e Gran Bretagna hanno quote più elevate. Discorso simile vale per altri mercati asiatici interessan­ti come India, Indonesia e Thailandia, quest’ultima da sola con un valore dell'import che arriverà a 8 miliardi di euro.

Tuttavia per avere successo sul mercato globale è necessario che le tradizioni dei territori vengano rivitalizz­ate dall’innovazion­e. L’Osservator­io di Tuttofood cita una stima del Future Food Institute, secondo cui il volano di Expo ha messo in moto investimen­ti in startup agroalimen­tari innovative per un valore di 133 milioni. Può sembrare una cifra esigua rispetto ai 135 miliardi del fatturato complessiv­o del settore, ma da sola è pari al 10% dell’investimen­to europeo (1,38 miliardi) e, consideran­do le diverse dimensioni delle due economie, non sfigura nemmeno rispetto al dato degli Stati Uniti, 949 milioni.

TREND Sono in crescita le start up innovative nel settore agroalimen­tare. Il solo Expo ha messo in moto investimen­ti per 133 milioni

Destinazio­ne dell’export alimentare

I PRINCIPALI PAESI UE

in milioni di euro e var iazione %

Germania

2.661,6

I PRINCIPALI PAESI EXTRA UE

Usa

milioni di euro e var iazione %

2.125,5

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy