Crescono le produzioni inagibili, il nodo della forza lavoro
pDa Tolentino a Fabriano, da Macerata a Fermo, «chi ha una seconda e terza casa l’ha messa a disposizione dei propri dipendenti, perché restino vicino al posto di lavoro, azzerando i disagi del trasferimento dalla costa all’entroterra, che è anche un viaggio nel dolore». È la testimonianza di Luciano Ramadori, direttore della Cna di Macerata, è uno dei 27mila sfollati delle Marche: lui, invece, vive in un campeggio sulla costa e ogni mattina, da lunedì scorso, percorre poco più di 50 chilometri in auto, con accanto la moglie, infermiera professionale, per raggiungere l’ufficio.
«C’è grande determinazione a riprendere il lavoro», gli fa eco il presidente di Confindustria Umbria, Ernesto Cesaretti, il cui man- tra è «ricostruire, ricominciare velocemente». La manifattura delle quattro province coinvolte dal terremoto non ha subìto danni significativi, «tali da compromettere totalmente la continuità delle attività». Lo conferma Luciano Vizioli, direttore di Confindustria Ascoli Piceno, che però solleva la questione occupazione: «le industrie sono a posto, ma chi era in azienda al momento delle scosse ha giustamente lasciato il lavoro per correre in famiglia, fermando le linee e costringendo gli impren- ditori a fermare la produzione».
La questione lavoro è indissolubilmente legata al terremoto: commercio, servizi, artigianato, zootecnia sono in piena sofferenza, sia perché molti siti sono ridotti a macerie, sia perché manca parzialmente la forza lavoro, che vive, da precaria, sulla costa. Chi può e se la sente fa il pendolare, ma la dimensione del fenomeno rischia di avere una dimensione più ampia del previsto. Secondo la Protezione civile, solo nelle Marche sta crescendo il numero delle attività produttive inagibili: sono 541 di cui 506 nel maceratese, 5 nel fermano, 26 nel piceno e 4 nell’anconetano; mentre le stalle inagibili sono 172 (146 nella provincia di Macerata e 26 in quella di Ascoli Piceno). «A metà della prossima settimana completeremo proprio il monitoraggio dedicato all’occupazione – anticipa Ramadori -, ma stiamo raccogliendo le prime richieste di cassa integrazione». «Per l’edilizia – aggiunge Alessandro Migliore, direttore di Cna Fermo – la situazione è molto più grave, il terremoto sta portando licenziamenti, che si vanno ad aggiungere a una crisi settoriale diventata strutturale». I cantieri sono tutti fermi, «nessun costruttore dell’area terremotata è in grado di garantire un lavoro e, mai come in questo momento, è necessario che la macchina amministrativa risponda velocemente».
Il presidente Cesaretti chiede «grande determinazione a riprendere subito il lavoro, così da non pregiudicare il rapporto con la clientela». Ad esempio, si avvicinano le festività natalizie e la filiera legata all’agro-alimentare deve rispondere a un aumento della produzione: «C’è chi sta pensando a spostare l’attività di distribuzione lungo la costa – spiega Ramadori -, mentre cresce la disponibilità degli imprenditori ai colleghi colpiti dal terremoto: mettono a disposizione parti di capannoni e laboratori non utilizzati, persino macchinari». Una gara di generosità che non può diventare la risoluzione dei problemi: «È indispensabile assicurare la disponibilità immediata delle risorse necessarie per i primi interventi, per sostenere gli imprenditori nello sforzo di riprendere l’attività – chiede il numero uno di Confindustria Umbria -. Anche con il coinvolgimento più diretto degli istituti di credito, bisogna assicurare procedure veloci per la copertura degli oneri relativi alla prima fase». Dalla Cna, invece, arriva una proposta più a misura del piccolo imprenditore: «Come è giusto che i dipendenti possano godere degli ammortizzatori sociali – anticipa Migliore -, è necessario che anche chi ha una piccola azienda e che ora è fermo riceva un contributo forfettario dallo Stato, così come lo avranno gli allevatori». Se ne discuterà la prossima settimana in sede nazionale, «perché non basta sospendere per un periodo limitato tasse e tributi: nella maggior parte dei casi, i piccoli artigiani e imprenditori dell’area del cratere sono i primi dipendenti di loro stessi». E il terremoto ha saldato ancora di più il rapporto: Gabriele Anselmi, proprietario di Italshoes, piccola azienda calzaturiera di Monte San Martino, nel maceratese, ha messo a disposizione dei suoi dipendenti una sua proprietà ed è pronto a un investimento per costruire, lì accanto una seconda abitazione in legno; ha il progetto giusto, le risorse per realizzarlo, ma la burocrazia gli dirà no: il piano urbanistico, infatti, non prevede al momento la possibilità di costruire una casa in quell’area.
VOGLIA DI RIPARTIRE Il presidente di Confindustria Umbria Ernesto Cesaretti: c’è determinazione a riprendere subito il lavoro