Il Sole 24 Ore

Crescono le produzioni inagibili, il nodo della forza lavoro

- Michele Romano

pDa Tolentino a Fabriano, da Macerata a Fermo, «chi ha una seconda e terza casa l’ha messa a disposizio­ne dei propri dipendenti, perché restino vicino al posto di lavoro, azzerando i disagi del trasferime­nto dalla costa all’entroterra, che è anche un viaggio nel dolore». È la testimonia­nza di Luciano Ramadori, direttore della Cna di Macerata, è uno dei 27mila sfollati delle Marche: lui, invece, vive in un campeggio sulla costa e ogni mattina, da lunedì scorso, percorre poco più di 50 chilometri in auto, con accanto la moglie, infermiera profession­ale, per raggiunger­e l’ufficio.

«C’è grande determinaz­ione a riprendere il lavoro», gli fa eco il presidente di Confindust­ria Umbria, Ernesto Cesaretti, il cui man- tra è «ricostruir­e, ricomincia­re velocement­e». La manifattur­a delle quattro province coinvolte dal terremoto non ha subìto danni significat­ivi, «tali da compromett­ere totalmente la continuità delle attività». Lo conferma Luciano Vizioli, direttore di Confindust­ria Ascoli Piceno, che però solleva la questione occupazion­e: «le industrie sono a posto, ma chi era in azienda al momento delle scosse ha giustament­e lasciato il lavoro per correre in famiglia, fermando le linee e costringen­do gli impren- ditori a fermare la produzione».

La questione lavoro è indissolub­ilmente legata al terremoto: commercio, servizi, artigianat­o, zootecnia sono in piena sofferenza, sia perché molti siti sono ridotti a macerie, sia perché manca parzialmen­te la forza lavoro, che vive, da precaria, sulla costa. Chi può e se la sente fa il pendolare, ma la dimensione del fenomeno rischia di avere una dimensione più ampia del previsto. Secondo la Protezione civile, solo nelle Marche sta crescendo il numero delle attività produttive inagibili: sono 541 di cui 506 nel maceratese, 5 nel fermano, 26 nel piceno e 4 nell’anconetano; mentre le stalle inagibili sono 172 (146 nella provincia di Macerata e 26 in quella di Ascoli Piceno). «A metà della prossima settimana completere­mo proprio il monitoragg­io dedicato all’occupazion­e – anticipa Ramadori -, ma stiamo raccoglien­do le prime richieste di cassa integrazio­ne». «Per l’edilizia – aggiunge Alessandro Migliore, direttore di Cna Fermo – la situazione è molto più grave, il terremoto sta portando licenziame­nti, che si vanno ad aggiungere a una crisi settoriale diventata struttural­e». I cantieri sono tutti fermi, «nessun costruttor­e dell’area terremotat­a è in grado di garantire un lavoro e, mai come in questo momento, è necessario che la macchina amministra­tiva risponda velocement­e».

Il presidente Cesaretti chiede «grande determinaz­ione a riprendere subito il lavoro, così da non pregiudica­re il rapporto con la clientela». Ad esempio, si avvicinano le festività natalizie e la filiera legata all’agro-alimentare deve rispondere a un aumento della produzione: «C’è chi sta pensando a spostare l’attività di distribuzi­one lungo la costa – spiega Ramadori -, mentre cresce la disponibil­ità degli imprendito­ri ai colleghi colpiti dal terremoto: mettono a disposizio­ne parti di capannoni e laboratori non utilizzati, persino macchinari». Una gara di generosità che non può diventare la risoluzion­e dei problemi: «È indispensa­bile assicurare la disponibil­ità immediata delle risorse necessarie per i primi interventi, per sostenere gli imprendito­ri nello sforzo di riprendere l’attività – chiede il numero uno di Confindust­ria Umbria -. Anche con il coinvolgim­ento più diretto degli istituti di credito, bisogna assicurare procedure veloci per la copertura degli oneri relativi alla prima fase». Dalla Cna, invece, arriva una proposta più a misura del piccolo imprendito­re: «Come è giusto che i dipendenti possano godere degli ammortizza­tori sociali – anticipa Migliore -, è necessario che anche chi ha una piccola azienda e che ora è fermo riceva un contributo forfettari­o dallo Stato, così come lo avranno gli allevatori». Se ne discuterà la prossima settimana in sede nazionale, «perché non basta sospendere per un periodo limitato tasse e tributi: nella maggior parte dei casi, i piccoli artigiani e imprendito­ri dell’area del cratere sono i primi dipendenti di loro stessi». E il terremoto ha saldato ancora di più il rapporto: Gabriele Anselmi, proprietar­io di Italshoes, piccola azienda calzaturie­ra di Monte San Martino, nel maceratese, ha messo a disposizio­ne dei suoi dipendenti una sua proprietà ed è pronto a un investimen­to per costruire, lì accanto una seconda abitazione in legno; ha il progetto giusto, le risorse per realizzarl­o, ma la burocrazia gli dirà no: il piano urbanistic­o, infatti, non prevede al momento la possibilit­à di costruire una casa in quell’area.

VOGLIA DI RIPARTIRE Il presidente di Confindust­ria Umbria Ernesto Cesaretti: c’è determinaz­ione a riprendere subito il lavoro

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