Theresa May: «Su Brexit non cambia nulla»
La premier britannica minimizza la decisione dei giudici e attende fiduciosa l’appello
Il premier britannico Theresa May rassicura Bruxelles sui tempi della Brexit: «Londra rispetterà le scadenze poiché il suo governo è sicuro di vincere l’appello alla Corte Suprema».
La fiducia ostentata dal premier britannico Theresa May a poche ore da una sentenza che cestina, di fatto, la sua strategia politica sbatte con la virulenza della stampa popolare.
I tabloid di Sua Maestà ci hanno abituato a tutto, ma i toni usati in queste ore sono davvero sciagurati, confermando le isterie del dibattito sul divorzio anglo-europeo. «Nemici del popolo» ha titolato il Daily Mail – è solo un esempio, ma forse il più sconcertante – pubblicando le foto dei giudici che hanno emesso la sentenza.
Un antico giornale della destra Tory arriva, così, ad allinearsi al linguaggio della propaganda cara ai regimi comunisti di un tempo.
La sentenza che assegna al parlamen- to la parola ultima sulla Brexit non sorprende, apparentemente, Theresa May che ieri s’è intrattenuta al telefono sia con il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, sia con la Cancelliera, Angela Merkel, sia con il presidente Ue, Donald Tusk.
Il messaggio di Downing Street è stato chiaro. « La signora primo ministro – si legge in un comunicato – ha spiegato di essere rimasta delusa dal verdetto, ha ribadito di aver argomenti solidi per sostenere il ricorso in appello davanti alla Corte Suprema. Il primo ministro ha riaffermato il calendario con la notifica della procedura prevista dall’articolo 50 ( entro la fine di marzo del 2017 n. d. r.) già annunciata » .
In altre parole per Theresa May non cambia nulla. Il tentativo di rassicurare i partner sulla volontà britannica di procedere come da programma va letto come lo sforzo di normalizzare una situazione anomala.
La marcia verso la Brexit in realtà è entrata su un terreno quantomai accidentato. È appesa al giudizio d’appello, quello che esprimerà in ultima istanza la Suprema Corte chiamata a riunirsi eccezionalmente a collegio completo – 11 membri – nel mese di dicembre. Il verdetto si conoscerà, probabilmente, a gennaio, ma la signora primo ministro ha già fatto sapere di essere fiduciosa della vittoria finale, ovvero di un ribaltamento del verdetto emesso due giorni fa.
Se i giudici supremi confermeranno, invece, la sentenza dell’Alta corte – al di là dei desideri di Theresa May – cambierà tutto. È un’ipotesi probabile, a parere di numerosi costituzionalisti (non tutti, si veda – a fianco – l’intervista a Vernon Bogdanor), compatti nel ritenere molto difficile il rovesciamento del verdetto appena deliberato.
Qualora fosse davvero questo l’esito, a Londra si spalancherebbe un duro conflitto fra poteri dello Stato con il governo deciso a limitare al massimo le “interferenze” delle camere e Westminster impegnata a fare esattamente l’opposto cercando di scrutinare tutti i passi della trattativa.
Poche ore dopo la sentenza dell’Alta Corte, la Gran Bretagna non discute come evitare la Brexit – destino che i più continuano a considerare ormai inevitabile – ma come evitarne le conseguenze peggiori. Westminster, crediamo, non si opporrà tout court alla volontà popolare espressa nel referendum, ma cercherà di imbrigliare il negoziato per evitare la hard Brexit, per costringere, cioè, il governo a restare nel mercato interno.
Nick Clegg, ex leader LibDem oggi portavoce del partito per le politiche europee, è stato chiaro. «Cercheremo di costruire un fronte transpartitico sia ai Comuni che ai Lords per emendare la legislazione», ha detto, lasciando intendere che l’obiettivo è garanire la partecipazione britannica al mercato interno.
L’uscita dal single market, infatti, non è mai stato tema di referendum, ma l’addio morbido a Bruxelles che i deputati cercheranno di pilotare implica l’accettazione delle quattro libertà dell’Unione europea compresa, ovviamente, quella dei lavoratori.
E se Londra dovesse piegarsi finirebbe per esporre il fianco all’accusa di aver disatteso la volontà popolare. Il nodo resta sempre lo stesso e anche per questo lo scenario di elezioni anticipate appare sempre più probabile.
PROFESSIONE DI OTTIMISMO La nuova sentenza si conoscerà, probabilmente, a gennaio, ma la premier ha fatto sapere di essere fiduciosa in un ribaltamento del verdetto