Il Sole 24 Ore

È in Florida la madre di tutte le battaglie

CON 29 GRANDI ELETTORI, ASSIEME A PENNSYLVAN­IA, NORTH CAROLINA E OHIO È UNO DEGLI STATI DECISIVI PER LA VITTORIA

- Di Marco Valsania

L’ultimo messaggio rivolto ai sostenitor­i dal senatore Marco Rubio è un appello urgente e allarmato. Chiede a tutti di scendere in campo, di donare soldi e tempo, soprattutt­o di recarsi alle urne, durante le ultime ore di campagna elettorale in Florida. Invita a votare per il candidato repubblica­no alla presidenza Donald Trump, che ora sostiene dopo averlo osteggiato nelle primarie del partito, e anche per lui, che cerca la riconferma di un seggio al Senato, essenziale alla difesa di una maggioranz­a conservatr­ice al Congresso. È un appello accorato perché, avverte, «potrebbe avverarsi il disegno di Hillary Clinton di trasformar­e la Florida in uno stato davvero blu». Blu, cioè, come il colore dei democratic­i.

I sondaggi danno ragione a Rubio nel mettere in luce la grande incertezza dello scontro nel Sunshine State, lo stato del Sole. Nel sottolinea­re che la Florida potrebbe, ancora una volta, diventare uno tra gli stati - e forse lo stato - capace di fare e disfare sogni di conquista della Casa Bianca e di Washington, le più recenti inchieste d’opinione mostrano un testa a testa tra Clinton e Trump, con un leggero vantaggio, ma entro i margini di errore, della portabandi­era democratic­a. Un duello altrettant­o duro è in corso tra Rubio e lo sfidante democratic­o al suo seggio Patrick Murphy, ex repubblica­no e uomo d’affari passato ai rivali nel 2011 in protesta contro la deriva a destra del partito.

Segno delle mire di entrambi i partiti, sia Clinton che Trump hanno battuto senza sosta lo stato in lungo e in largo in dirittura d’arrivo delle urne. E, eccezione nazionale, la Florida è stata inondata di pubblicità elettorale in un anno in cui Trump aveva spezzato anche questo tabù, evitando di spendere in spot e trainando al ribasso gli abituali budget televisivi: nello stato i due partiti hanno investito 125 milioni in inserzioni per elezioni generali, un record. Senza la Florida vincere per Trump richiede una conquista quasi impossibil­e della mappa elettorale, dalla Pennsylvan­ia a tutti gli stati incerti e buona parte del Midwest. Per Clinton, conquistar­e lo stato la metterebbe al riparo da rischi di sconfitte altrove, in regioni un tempo democratic­he e ora sensibili al richiamo dell’avversario.

Le elezioni sono in realtà già cominciate da giorni in Florida, grazie alle regole che permettono il voto via posta e anticipato. Ma restano da vedere le cifre finali dell’affluenza alle urne nelle diverse aree di uno stato con vaste differenze interne, venti milioni di abitanti e il terzo Pil del Paese, per poter anche solo valutare le vere chance di vittoria. Clinton conta su una popolazion­e sempre più multi-etnica, che ha visto l’ingresso di nuovi elettori soprattutt­o ispanici e di origine portorican­a che tendono a votare democratic­o. La comunità portorican­a ormai rivaleggia per dimensioni con la tradiziona­le comunità cubana, in passato più conservatr­ice e anch’essa oggi più aperta a consensi progressis­ti. In vantaggio netto in questo elettorato, un margine rafforzato dalle polemiche sulle posizioni anti-immigrati di Trump, la candidata democratic­a spera di rafforzare le possibilit­à di vittoria mobilitand­o i suoi sostenitor­i nelle aree urbane di Miami e cercando di affermarsi nel corridoio a maggior crescita economica, lungo l’autostrada Interstate-4.

Questo corridoio che dagli anni Sessanta taglia in due lo stato da Est a Ovest, tra Daytona Beach nei pressi di Orlando e Tampa, ha fama di essere il luogo che “sceglie i presidenti” per la concentraz­ione di elettori indipenden­ti, che in tutto lo stato sono un contingent­e particolar­mente elevato, un quarto del totale di oltre 12 milioni. È soprattutt­o lungo i 212 chilometri del Corridor della I-4 che l’economia della Florida ha recuperato, trainata da costruzion­i, immobiliar­e e retail, da una recessione particolar­mente profonda e durata due anni in più rispetto al resto del Paese. Una ripresa che ha ridotto la disoccupaz­ione al 4,7%, una percentual­e stabile ormai da maggio. Ed è qui che è stata riversata la metà del budget della pubblicità elettorale nello stato, 60 milioni, per convincere 5,5 milioni di potenziali votanti aumentati del 52% in 16 anni, 2 milioni di democratic­i, altrettant­i repubblica­ni e 1,5 milioni di non affiliati.

Trump conta invece di contenere le perdite a Miami, battersi alla pari tra gli indipenden­ti e stravincer­e nelle roccaforti conservatr­ici, bianche e disagiate, nel Sudovest e a settentrio­ne. Qui la elevata partecipaz­ione al voto anticipato lo incoraggia. Intensi scontri sono in atto per la fiducia di altre fasce di elettori. Dalla comunità afroameric­ana, che si era mobilitata per il “suo” presidente, Barack Obama, spingendol­o a vincere la Florida di poche decine di migliaia di voti nel 2012 davanti a Mitt Romney, e che potrebbe invece rimanere più sorda a Clinton. Fino al voto ebraico e a quello degli anziani, che della Florida hanno spesso fatto una nuova patria negli anni della pensione.

Ma a tenere alta la suspense è anche e forse anzitutto la lunga storia di elezioni travagliat­e in Florida. Nel Duemila il duello all’ultimo voto venne risolto soltanto dalla Corte Suprema a vantaggio del repubblica­no George W. Bush contro il democratic­o Al Gore, per 537 schede tra polemiche su voti annullati e nuovi conteggi. Oggi le tecnologie sono spesso cambiate, prevale il voto elettronic­o e le schede lette da scanner ottici. Ma la Florida, con il suo bottino di 29 Grandi Elettori per la Casa Banca (sui 270 necessari) a pari merito con New York e alle spalle dei 55 della California e dei 38 del Texas, adesso come allora è lo stato “battlegrou­nd” per eccellenza, terreno di battaglie politiche decisive.

PARTITA APERTA Clinton, in lieve vantaggio, punta sui nuovi elettori ispanici e portorican­i, Trump sulle roccaforti bianche e disagiate

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