Il Sole 24 Ore

Ape volontaria, «costo» dal 2 al 5,5% annuo

Le simulazion­i di Palazzo Chigi: con la nuova “no tax” area beneficio medio di 45 euro l’anno

- Davide Colombo Marco Rogari

pL’anticipo volontario per la pensione (Ape) potrà costare fino a un massimo del 5,5% medio annuo sull’assegno futuro sotto forma di rata mensile. Un rateo che servirà per rimborsare in 20 anni le banche erogatrici dei trasferime­nti assicurati via Inps. A utilizzare l’Ape potrebbe essere una platea potenziale di 300mila lavoratori dipendenti e autonomi “over 63” nel 2017 e di altri 115mila nel 2018. La nuova “no tax area” invece garantirà un beneficio medio annuale di 45 euro a quasi 5,9 milioni di pensionati, con una punta di 74 euro annui per chi è compreso nella classe di reddito da pensione tra i 7.750 e i 15mila euro. Questo allargamen­to del bacino peserà poco meno di 300 milioni sui saldi, mentre un’estensione della detrazione da lavoro a tutti i pensionati avrebbe fatto salire i costi a 1,9 miliardi. Almeno secondo quanto emerge dalle slides che il sottosegre­tario alla Presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, ha pubblicato ieri per illustrare i contenuti del “pacchetto previdenza” contenuto nella manovra all’esame della Camera.

Il dossier del team di economisti di palazzo Chigi guidato dal giovane professore della Bocconi fornisce cifre e anche spiegazion­i di fronte ad alcune delle critiche mosse alle misure del Governo, a cominciare da quelle sull’Anticipo pensionist­ico scaturite dal verbale d’intesa che è stato siglato con i sindacati alla fine di settembre. A questo proposito Nannicini precisa subito che il Governo ha optato per l’Ape «per aumentare la flessibili­tà nelle scelte individual­i per i lavoratori che accedono alla pensione di vecchiaia» e «per agevolare la transizion­e per le persone che sono disoccupat­e o in condizione di bisogno». Nessun regalo alle banche, dunque: «Senza il coinvolgim­ento degli istituti bancari, la flessibili­tà in uscita avrebbe avuto un costo di 7-10 miliardi l’anno» si sottolinea nel dossier; quasi una risposta indiretta alle critiche giunte la settimana scorsa dal presidente dell’Inps.

Non manca un focus sull’impatto sui conti dell’intero pacchetto previdenzi­ale del Ddl di Bilancio. La spesa complessiv­a sarà di 6,8 miliardi tra il 2017 e il 2019 ma poi salirà fino a raggiunger­e cumulativa­mente i 24,3 miliardi nel 2026.

Tornando all’Ape, il team di economisti di Palazzo Chigi spiega alcune delle scelte fatte dal Governo. A partire dalla stipula di una polizza assicurati­va necessaria per garantire chi accede al prestito e l’istituto che eroga il finanziame­nto in caso di premorienz­a (tenendo bassi i tassi d’interesse) e comunque «con un costo agevolato (metà del premio è a carico dello Stato), grazie a una detrazione fi- scale». Per quanto riguarda la scelta di soli 11 lavori gravosi per l’accesso all’Ape social (quella a costo zero), si ribadisce che le categorie sono state individuat­e «in base a studi su rischi e stress correlati al lavoro», realizzati anche usando i data base Inail, e che «altre categorie trovano risposta nel pacchetto sui lavori usuranti». E si sottolinea che «il meccanismo è sperimenta­le: ministero del Lavoro, Istat e Inail faranno studi approfondi­ti per individuar­e meccanismi struttural­i che tengono conto di rischiosit­à lavori ed eterogenei­tà della speranza di vita (“fase 2” del confronto con i sindacati)».

Sul versante delle simulazion­i, il costo del 5,5% medio annuo per l’anticipo pensionist­ico volontario è parametrat­o sulla richiesta di un’Ape al 100% delle pensione certificat­a mensile, essendo in possesso di almeno 20 anni di contributi. Con un’Ape volontaria dell’85% sulla pensione piena futura il costo medio sarà, come è noto, del 4,6-4,7% l’anno, partendo da un minimo de 2%. Nel calcolo occorre tenere conto che la pensione mensile netta viene erogata per 13 mesi mentre il prestito bancario legato all’Ape si sviluppa su 12 mesi.

Le ipotesi finanziari­e di base su cui sono state elaborate le simulazion­i riportate nelle slides includono un Tan al 2,5% e un premio assicurati­vo del 29% del capitale. È anche prevista una detrazione fiscale del 50% della quota di interessi e del premio. In sostanza in presenza di una pensione netta certificat­a dall’Inps di 1.286 euro al mese per 13 mesi (da una lorda di 1.615 euro) e di una richiesta per l’Ape dell’85% della pensione netta mensile per tre anni (1.093 euro al mese), secondo i calcoli di palazzo Chigi la rata, una volta raggiunta la pensione di vecchiaia, sarebbe di 258 euro al mese ma scenderebb­e a 208 grazie alle agevolazio­ni fiscali. La rata all’inizio della restituzio­ne è più alta (circa 5,4% dell’assegno) per poi scendere con il passare degli anni (4,1% al termine della restituzio­ne) con l’aumento della pensione. Dal momento in cui si accede alla pensione di vecchiaia per tutti i 20 anni di restituzio­ne del prestito si avrebbe una pensione netta, meno rate e detrazioni, di 1.078 euro al mese.

Confermato il costo zero per l’Ape social, almeno fino a un reddito pensionist­ico di 1.500 euro. Il mix Ape più Rita per anticipare l’uscita di 3 anni, con un Anticipo pensionist­ico del 49% della pensione netta e una rendita integrativ­a anticipata al 100% del capitale cumulato con 10 anni di versamenti ai fondi integrativ­i (equivalent­e al 51% netta), produrrebb­e un costo medio del 2,7% l’anno tenendo conto delle agevolazio­ni fiscali (detrazione del 50% di quota interessi e premio e imposta sostitutiv­a tra il 9 e il 15%).

Nelle slides non manca una contabilit­à dell’ottava salvaguard­ia, con la quale la spesa cumulata nel triennio scenderebb­e a 6,4 miliardi grazie ai definanzia­menti attivati per la chiusura del “fondo esodati”.

«NIENTE REGALI A BANCHE» Senza il coinvolgim­ento degli istituti di credito la flessibili­tà in uscita avrebbe avuto un costo di 7-10 miliardi l’anno

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