Il Sole 24 Ore

Produttivi­tà, cresce l’impatto in busta paga

- Giorgio Pogliotti Claudio Tucci

pSi chiama Mario, è un lavoratore dipendente del settore privato con un reddito imponibile di 50mila euro, che riceve dalla propria azienda 4mila euro lordi di premio di produttivi­tà. Quanto è l’importo netto che arriva realmente in busta paga? Se il premio è erogato quest’anno, sono 2.859 euro, perché con le attuali regole il tetto di importo incentivat­o con la cedolare secca al 10% è pari a 2mila euro. Se Mario riceverà il premio di produttivi­tà anche il prossimo anno, la cifra netta che incasse- rà sarà pari a 3.222 euro, ovvero 363 euro in più rispetto all’anno precedente. Tutto ciò per effetto della legge di Bilancio all’esame della Camera, che ha innalzato il tetto del premio beneficiar­io dell’imposta sostitutiv­a al 10% a 3mila euro (4mila nelle imprese in cui vi è il coinvolgim­ento paritetico dei lavorato- ri), innalzando il limite di reddito dagli attuali 50mila a 80mila euro. Se Mario avesse ottenuto il premio di produttivi­tà nel 2015 - anno in cui è stata sospesa la detassazio­ne per mancanza di copertura - avrebbe avuto in busta paga 2.496 euro. Rispetto al 2015, quindi, il vantaggio avuto da Mario nel 2016 è stato di 363 euro, che diventano 726 euro nel 2017.

L’esempio è tratto dall’approfondi­mento tecnico elaborato dal Team economico di palazzo Chigi coordinato dal sottosegre­tario Tommaso Nannicini. Passiamo ad un seconda simulazion­e. Prendia- mo Anna, dirigente non apicale, con reddito imponibile di 80mila euro, a cui viene attribuito un premio di risultato di 4mila euro. Quest’anno Anna riceverà 2.347 euro netti in busta paga, consideran­do i contributi e l’aliquota Irpef, mentre il prossimo anno con le novità introdotte dalla legge di Bilancio avrà in tasca un netto maggiore di 875 euro, ricevendo quindi 3.222 euro. Nella manovra si apre anche alla possibilit­à di convertire il premio agevolato nei benefit ricompresi nel welfare aziendale (che rimangono completame­nte detassati, e quindi non più soggetti nean- che all’imposta sostitutiv­a del 10%). Qui però si introduce una novità: se il premio viene sostituito con spese sanitarie o con misure di previdenza complement­are, queste somme non concorrono a formare l’imponibile su cui poi si beneficia delle deduzioni (il limite di deducibili­tà, oggi in vigore, è 5.164,57 euro per i versamenti alla pensione integrativ­a, circa 3.615,2 euro per le spese sanitarie).

Tra le somme e i valori detassati sono introdotte le assicurazi­oni aventi come oggetto “rischi di non autosuffic­ienza” o di “malattie considerat­e gravi” (mediante fondi bilaterali previsti dai contratti nazionali) e i sussidi occasional­i per gravi esigenze personali o familiari del lavoratore. Altra novità, è il riconoscim­ento dell’incentivo fiscale anche per le prestazion­i di welfare erogate in conformità a disposizio­ni del contratto nazionale, di accordo i nterconfed­erale, di contratto collettivo territoria­le.

La strada che vuole intraprend­ere il governo Renzi è quella di legare sempre più l’andamento dei salari alla produttivi­tà. Un percorso già avviato in Paesi come la Francia e la Germania e più di recente da Portogallo, Grecia e Spagna che stanno dando maggior peso alla contrattaz­ione decentrata. Il ricorso ai programmi di welfare aziendali è incentivat­o da tempo fiscalment­e in molti Paesi, soprattutt­o quelli anglosasso­ni.

WELFARE AZIENDALE Rafforzate le agevolazio­ni per previdenza complement­are, assistenza sanitaria integrativ­a e partecipaz­ione azionaria dei dipendenti

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