Le nuove disuguaglianze frontiera della giurisdizione
C’è il piccolo risparmiatore, vittima di un’«enorme asimmetria informativa rispetto alla complessità dei meccanismi societari e finanziari», quindi «frastornato, non di rado ingannato e depredato, coinvolto in vicende finanziarie che lo travolgono» ma tutelato da norme che sono ormai «ferri vecchi»; c’è l’analfabeta di ritorno del mondo digitale, «sperduto nella complessità della vita sociale che si digitalizza», come il Daniel Blake di Ken Loach, cittadino intelligente e orgoglioso, ancora in età produttiva, che quando si ammala dopo una vita di lavoro «finisce stritolato dalla dimensione impersonale di un’assistenza digitalizzata»; c’è il precario permanente, «ultimo approdo e incarnazione di una classe lavoratrice frantumata nella sua unità, dispersa nei meandri dei mille rapporti di lavoro subordinato, parasubordinato, autonomo, divisa nel pulviscolo di organizzazioni sindacali aziendalistiche, corporative e settoriali che fondano il loro potere più sui veti che sui progetti». È soltanto un piccolo campionario dei «penultimi», ovvero dei molti milioni di «persone» figlie della crisi economica, delle trasformazioni tecnologiche, del fenomeno delle migrazioni, che affiancano gli «ultimi» (i poveri), e che rivelano l’esistenza di «nuove disuguaglianze» di fronte alle quali Magistratura democratica, corrente di sinistra delle toghe, rilancia la sua «azione politica». È questa, infatti, la nuova frontiera della giurisdizione: una sfida ma anche una “chiamata alle armi” (quelle del diritto e della giurisdizione) di tutta la magistratura.
Avviene a Bologna, al XXI Congresso nazionale delle cosiddette “toghe rosse”, intitolato, appunto, «Disuguaglianze». Tocca a Nello Rossi, leader storico di Md, entrare nel vivo, attingendo anche al contributo dato il giorno prima da economisti, politici, giornalisti, sociologi. «Una riflessione comune - spiega il presidente di Md Carlo De Chiara - per individuare una mappa aggiornata delle nuove di- suguaglianze da cui il giudice deve ripartire», rilanciando, aggiunge Stefano Pesci componente dell’Esecutivo di Md, «il grande disegno emancipatore della Costituzione, basato sui principi di uguaglianza e partecipazione».
Fatte le debite differenze, la sfida richiama quella, analoga, rilanciata proprio alla vigilia delle elezioni americane, sul «capitalismo inclusivo», un modello finalizzato a ridurre le disuguaglianze e riportare il paese su tassi di crescita sostenibile più alti di quelli degli ultimi 30 anni (si veda Il Sole 24 ore di ieri). E se lì la sfida passa, oltre che per lo Stato, anche e soprattutto per le aziende private, qui a farsene protagonista è la magistratura, quella che «nacque a metà degli anni ’60 - ricorda un altro leader storico di Md, Franco Ippolito -, rompendo dichiaratamente con l’associazionismo corporativo e sindacale, per affermare la piena e incondizionata fedeltà alla Costituzione», a partire proprio dall’articolo 3, sull’uguaglianza. «Una grande funzione storica per l’affermazione dei diritti sociali, di libertà e delle garanzie» ammette il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, secondo cui «il documento di Md disegna in modo efficace il perimetro di queste nuove disuguaglianze che segnano questa nuova epoca storica e che si riversano sulla giurisdizione».
«Oggi anche Banca mondiale, Fondo monetario e Ocse sembrano aver scoperto che le disuguaglianze sono un ostacolo per la crescita» osserva Ippolito, rivendicando «il rilancio della ragion d’essere e dell’azione di Md nella società italiana e nella giurisdizione del nostro Paese». Una società «ancora troppo concentrata sulla legge dei mercati e non sulla persona» rileva Ezia Maccora, mentre Roberto Riverso, giudice del lavoro, punta impietosamente il dito contro «l’epoca della flessibilità che, rivelatasi epoca della disuguaglianza, ha riportato le tutele a 50 anni fa. Di qui gli 11mila licenziamenti in più nel 2016 rispetto al 2015 (pari al 28%). Di qui un insieme di norme che puntano a un giudice del lavoro demotivato e che possono considerarsi un manifesto ideologico». Parole che trovano eco negli interventi di Maurizio Landini e di Susanna Camusso.
Ma quale sarà, quindi, il compito dei giudici? Operare, spiega Rossi, «con la consapevolezza piena di queste problematiche, traducendo questa consapevolezza in soluzioni concrete dei casi giudiziari spinosi, in dubbi di costituzionalità delle norme in vigore, in motivi di proposta culturale, tecnica, politica al mondo del lavoro, dell’economia, della politica».