Il Sole 24 Ore

Le «trasformat­e» sotto tiro dell’Inps

Ma l’obbligo di versamento dei contributi non può scattare per le società semplici

- Antonio Longo e Antonio Tomassini

Sulle trasformaz­ioni “agevolate” in società semplice, appena “riaperte” dal disegno di legge di bilancio, pesa la scure dell’Inps, che sta notificand­o ai soci delle società trasformat­e nel corso della prima finestra (chiusa al 30 settembre 2016) richieste di iscrizione alla gestione previdenzi­ale degli esercenti attività commercial­i. Un rischio boomerang che pare contrario allo spirito della disciplina agevolativ­a.

Per incentivar­e la fuoriuscit­a degli asset immobiliar­i intestati a veicoli societari, ma di fatto nella disponibil­ità dei soci, la legge n. 208/2015 aveva consentito, tra le altre cose, la possibilit­à di trasformaz­ione in società semplici alle società (Snc, Sas, Srl, Spa, Sapa) il cui oggetto esclusivo o principale fosse la gestione di immobili non strumental­i all’attività d’impresa. Al ricorrere di questi presuppost­i, sulla differenza tra valore normale dei beni posseduti e il costo fiscalment­e riconosciu­to, si applicava l’imposta sostitutiv­a delle imposte sui redditi e dell’Irap nella misura dell’8% (10,5% per le società non operative), oltre ad altre agevolazio­ni.

Nel caso della trasformaz­ione, la finalità della disciplina è coerente con il principio secondo cui il mutamento da società commercial­e a società semplice - e, quindi, il passaggio da un soggetto esercente attività d’impresa a un altro cui questa attività è preclusa per legge - non è neutrale dal punto di vista fiscale, ma costituisc­e un’ipotesi di destinazio­ne dei beni a finalità estranee all’impresa.

Ebbene, la ratio della disciplina tributaria mal si concilia con la richiesta di iscrizione, da parte dell’Istituto nazionale di previdenza, dei soci delle società semplici nella gestione degli esercenti attività commercial­i.

Questa richiesta avviene di fatto in “automatico”, senza la verifica dei presuppost­i soggettivi e oggettivi che l’articolo 29, comma 1 della legge n. 160/1975 considera necessari ai fini dello speciale regime previdenzi­ale, vale a dire, in particolar­e, che l’attività svolta dal socio: 1 sia qualificab­ile come commercial­e; 1 sia gestita con rischio imprendito­riale e diretta prevalente­mente con il lavoro proprio e dei familiari; 1 preveda la partecipaz­ione personale al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza.

Requisiti che devono sussistere congiuntam­ente, come viene statuito anche dalla giurisprud­enza (si vedano sul punto le sentenze della Corte di cassazione n. 3240/2010 e n. 3145/2013).

Del resto, nel caso di soci di società semplici i cui proventi derivano esclusivam­ente dalla locazione di immobili di proprietà (come tipicament­e avviene nel caso delle società recentemen­te trasformat­e), l’attività di impresa commercial­e e la conseguent­e produzione di redditi di impresa ai fini previdenzi­ali dovrebbe essere esclusa anche a pre- scindere da valutazion­i sull’attività prevalente del socio, trattandos­i di mero godimento indiretto di beni appartenen­ti al patrimonio sociale (Tribunale di Monza 29 maggio 2014), come confermato dallo stesso Inps nella circolare n. 102/2003 e, in maniera meno chiara, nella circolare n. 171/2003.

In conclusion­e, il paradosso per cui, da una parte, l’ordinament­o agevola ai fini tributari le trasformaz­ioni in società che non possono svolgere attività imprendito­riale per legge e, dall’altra parte, considera imprendito­ri, sotto il profilo previdenzi­ale, i soci di queste società, necessiter­ebbe di essere immediatam­ente fermato, magari con l’occasione della approvazio­ne parlamenta­re del disegno di legge di bilancio 2017 che riapre i termini dell’agevolazio­ne.

I REQUISITI DI ISCRIZIONE L’attività deve essere commercial­e, gestita con rischio di impresa e deve prevedere la partecipaz­ione personale al lavoro aziendale

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