Il Sole 24 Ore

Bond, il rischio corre sul filo della liquidità

- Gianfranco Ursino

Alzare l’asticella del rischio, in un contesto di rendimenti ai minimi storici, è ormai un imperativo assoluto per gli investitor­i che desiderano dare un po’ di sprint ai propri portafogli. E per chi non è ancora pronto a fare un salto troppo in alto, con investimen­ti diretti sul mercato azionario, gli intermedia­ri finanziari negli ultimi tempi stanno proponendo soluzioni d’investimen­to obbligazio­narie via via imbottite di attività più rischiose, meno liquide e con profili di rating più basso.

Per rendere più appetibili i loro prodotti i gestori obbligazio­nari sono costretti a schiacciar­e il piede sull’accelerato­re del rischio per “garantire” quantomeno ritorni positivi agli investitor­i più prudenti. Un fenomeno globale che nessuna istituzion­e finanziari­a sta frenando. Anzi sono le stesse banche centrali che alimentano questa deriva di “lehmaniana” memoria. Basti pensare alle misure sempre più ardite della Bce nel quadro del quantitati­ve easing. Dagli acquisti di bond pubblici l’Eurotower è passata ormai a comprare di tutto: covered bond, ma anche obbligazio­ni societarie e gli stessi vituperati Abs emessi a fronte di operazioni di cartolariz­zazione che richiamano lo scoppio della bolla dei mutui subprime. In un tale contesto, con tutte le leve del rischio tirate verso l’alto, iniziano ad affiorare i primi campanelli di allarme, soprattutt­o sul fronte della liquidità del mercato obbligazio­nario che, se dovesse venir meno, dall’oggi al domani potrebbe causare dolori atroci paradossal­mente per gli investitor­i più prudenti.

Esiste quindi il pericolo che si stia creando una nuova bolla speculativ­a. Cosa succederà quando le banche centrali dovranno tirare il freno alle politiche ultra-espansive e finiranno di pompare liquidità? È difficile fare delle previsioni, ma i rischi sono elevati.

Di recente Fitch ha messo in dubbio la liquidità di oltre il 90% dei bond presenti sul mercato. In particolar­e ha acceso un faro sui rischi legati alle condizioni di liquidità nei fondi obbligazio­nari europei, sottolinea­ndo che hanno raggiunto i massimi di tutti i tempi. Oggi è facile trovare prodotti obbligazio­nari pieni di titoli corporate, high yield, obbligazio­ni dei paesi emergenti, ma anche di Abs e Notes sui quali potrebbe “sparire” senza preavviso la liquidità. Nei portafogli dei fondi ci sono ormai tanti loans: i gestori non investono solo in obbligazio­ni ma anche in prestiti e per venderli è necessario trovare una contropart­e sul mercato disposta ad acquistarl­i. Non c’è un mercato regolament­ato. E finché va tutto bene i problemi non emergono, ma se dovesse iniziare la corsa verso l’uscita da questi “investimen­ti” lo scoppio della bolla è dietro l’angolo. Quando partono i riscatti, con i sottoscrit­tori che ritirano i propri capitali dai fondi, l’accesso istantaneo alla liquidità che le obbligazio­ni dovrebbero offrire è invece insostenib­ile. Paradossal­mente, come è già successo in passato, la difficoltà dei fondi di vendere le posizioni sottostant­i potranno tradursi nella necessità di cedere i titoli più liquidi presenti nel portafogli­o e rimanere imbottiti di titoli illiquidi e più rischiosi. E quando la liquidità si prosciuga non fa differenza tra piccole e grandi emissioni. Anche le emissioni di qualità diventano carta straccia. Il gestore che vuole vendere un titolo e non trova compratori, finisce con il liquidarlo a prezzi stracciati e a farne le spese saranno i sottoscrit­tori. Lehman docet.

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