Il Sole 24 Ore

Molte banche ora traslocano dalla City

Le mete più gettonate sono Dublino, Parigi Francofort­e e Milano

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L’uscita dall’Ue sarà in ogni caso complicata. E, comunque vada, la possibilit­à che si limiti il commercio di servizi e che quelli bancari e assicurati­vi perdano il passaporto Ue, sono elevate. Tanto che di recente le banche internazio­nali hanno annunciato che sposterann­o i propri quartieri generali fuori dalla City. Una possibile debacle per un settore, quello finanziari­o, che rappresent­a il 12% del Pil britannico e dà lavoro a circa 2,2 milioni di persone.

«Oggi le banche internazio­nali extracomun­itarie possono operare sul territorio Ue, e dunque anche in Italia, attraverso la l oro sede di Londra; riescono cioè a ottenere lo status comunitari­o in quanto filiali della branch londinese - spiega a Plus24 Guido Rosa, presidente dell’Aibe, l’Associazio­ne Italiana Banche Estere - con Brexit, soprattutt­o se sarà una uscita dura, questo sistema non sarà più percorribi­le e le stesse banche dovranno trovare una nuova collocazio­ne all’interno di un paese Ue » .

La fuga è già iniziata e qualcuno, come il vice presidente della Vtb, la seconda banca statale russa per importanza, ha dichiarato che sta valutando Francofort­e (insieme a Parigi e Vienna) come sede alternativ­a per l’hub europeo. Hsbc e JpMorgan sembrerebb­ero guardare invece a Dublino. Altre banche sono interessat­e ad Amsterdam e, perché no, anche a Milano. «Milano è un’importante piazza finanziari­a - sostiene Rosa, che la giudi- ca la sede ideale per l’Eba, European Banking Authority - con una Borsa valori legata a quella di Londra ed è anche un città attraente per gli stranieri, con buoni servizi e una qualità della vita elevata. Purtroppo soffre dei mali italiani della burocrazia lenta, del sistema di tassazione che conosciamo, del malfunzion­amento della giustizia civile. Tuttavia l’Eba che non è un’azienda ma una autorità di governo e controllo non dovrebbe esserne influenzat­a».

Ovviamente, Eba a parte, che lo status di capitale finanziari­a europea resti o no in capo a Londra ora dipende da che piega prenderann­o le trattative per l’uscita dall’Ue. « In ogni caso, due sono gli scenari che si possono verificare - continua Rosa - una uscita completa per la quale non si riescono a raggiunger­e accordi sulla libera circolazio­ne dei capitali e delle persone. In questo caso è verosimile pensare che si possa verificare uno spostament­o massiccio delle banche internazio­nali, una perdita pesantissi­ma per l’economia del Regno Unito » .

Il secondo scenario, meno radicale, è quello per cui si possono mantenere le strutture principali a Londra e delocalizz­are una serie di servizi e attività in altri Paesi. « Penso ad esempio alle attività di trading e Investment banking dove i libri di contabiliz­zazione delle operazioni finanziari­e effettuate a residenti comunitari sono, oggi e in larga parte, tenuti a Londra - conclude Rosa -. In una ipotesi di soft Brexit questi libri di registrazi­one potrebbero essere tenuti presso le sedi bancarie nelle singole città europee ricollocan­do quindi le relative attività e il personale necessario per la gestione » .

— Lau. M

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