Quel sospetto del consulente sul cambio profilo fatto da UniCredit
Sono un consulente indipendente che assiste una signora anziana nel contenzioso contro UniCredit e mi rivolgo a voi, viste le vostre capacità di risolvere problemi, prima di procedere attraverso altre vie per ottenere la ragione che crediamo di avere. La situazione è già stata oggetto di reclamo che però non ha avuto considerazione alcuna presso la banca. Espongo i fatti: la cliente, per età, situazione economica e sociale, cultura - d’altronde assistita da una tutrice - ha sempre avuto nel corso del tempo una bassissima propensione al rischio, privilegiando sempre strumenti poco volatili e che le permettessero, per la sua situazione, la liquidità in tempi brevissimi. Insomma, meglio pochi ma subito. Di conseguenza le risposte ai questionari Mifid sono sempre state improntate alla massima prudenza, risultandone un profilo “prudente”. Questo fino al 3 giugno 2015, data nella quale, inspiegabilmente, il profilo diventa “bilanciato” anche se nulla era nel frattempo cambiato. Verificando le motivazioni di tale modifica si è scoperto che erano state date risposte palesemente false al questionario Mifid compilato in tale data: presenza di un patrimonio presso terzi mai esistito (UniCredit è sempre stata l’unica banca della cliente), un’aumentata conoscenza di strumenti finanziari, un continuo aggiornamento sull’andamento dei mercati finanziari, un orizzonte d’investimento passato da breve a lungo periodo, ma, soprattutto, il diploma elementare era diventato una laurea. Si scopre anche che in tale data la banca aveva consigliato la sottoscrizione, per un importo considerevole, di una obbligazione identificata dalla banca stessa con una “rischiosità medio-alta”, che non era compatibile con un profilo di rischio prudente. Tale consiglio ha comportato spese di sottoscrizione pari a quasi 2.800 euro (800 euro di spese di riscatto per procurare la liquidità necessaria all’investimento, 2.000 euro di costi di sottoscrizione di un investimento fatto su un Fondo Pioneer solo nove mesi prima per 102mila euro). Naturalmente, in seguito a ulteriori verifiche, sono emerse altre anomalie tutte oggetto di reclamo con richieste di rimborso per quasi 12mila euro come riportato nella lettera allegata. A seguito di questa vicenda ci si chiede quale sia l’utilità per il pubblico dell’ufficio reclami se esso rappresenta più un braccio dell’area commerciale piuttosto che un ufficio con responsabilità proprie. Se questa è la situazione del sistema bancario italiano, tutto teso alla difesa di se stesso, si capisce il perché dell’attuale crisi.
Lucio Sgarbarotto
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