Il Sole 24 Ore

Nella pittura figurativa tanti nomi da scoprire

- Corey M. Baylor Collezioni­sta

+ Corey M. Baylor è un investment banker e private equity investor di New York. Vive a Brooklyn, dov’è membro del Board of Trustees del Brooklyn Children’s Museum, e fa parte della commission­e acquisti dello Studio Museum di Harlem, il museo di riferiment­o per l’arte afroameric­ana. Colleziona arte dagli anni 90 con un particolar­e interesse per la pittura figurativa.

Che cosa l’ha spinta a colleziona­re?

Sono sempre stato attratto dalla bellezza estetica, prima delle auto da corsa e delle moto, poi dell’architettu­ra, specialmen­te quella dei musei moderni. Ciò mi ha portato all’interno dei musei, dove il mio interesse per l’arte è cresciuto in modo esponenzia­le quando ho appreso – grazie ai curatori e, ancora di più, agli artisti stessi – il contesto storico-artistico e le tematiche della rappresent­azione.

Colleziona solo arte afroameric­ana?

La mia cultura afroameric­ana è ampiamente rappresent­ata all’interno della collezione, ma ci sono anche opere di artisti di altri background, come Julianne Swartz, Fred Tomaselli e Marcel Dzama.

Chi sono stati i primi nomi in collezione?

Laylah Ali (15-50.000 $ da Paul Kasmin Gallery, New York, ndr), Kojo Griffin, Lamar Peterson (da 3.500 a 30.000 dollari da Fredericks & Freiser di New York) e Hank Willis Thomas, seguiti da Lorna Simpson e Glenn Ligon (all’asta le sue opere vanno da 30.000 $ fino al record di 4 milioni, ndr). All’inizio degli anni 2000 ho scoperto Kehinde Wiley allo Studio Museum di Harlem e ho capito di voler colleziona­re seriamente. Inoltre mi ha dato fiducia in un momento in cui la pittura figurativa era fuori moda. Purtroppo mi ci è voluto un decennio prima di riuscire a possedere una sua opera.

Quali giovani segue con interesse al momento?

Troppi per nominarli tutti! Ammiro Felandus Thames per il suo intelligen­te commento sociale, le fotografie di Xaviera Simmons (25-35.000 $ da David Castillo di Miami e 100-200.000 $ per le

grandi installazi­oni fotografic­he, ndr) e tutto il lavoro di Dread Scott.

Considera l’arte un investimen­to?

È impossibil­e separare completame­nte il valore economico di un’opera d’arte, ma è altrettant­o importante valutarne il contesto e il valore storico-culturale. Io considero tutti questi aspetti.

Il mercato e i prezzi sono cresciuti?

Se osserviamo il mercato delle aste come barometro di quello più ampio e meno trasparent­e degli scambi privati, si osserva lo stesso trend di successo meritato degli ultimi due decenni, di cui Mark Bradford e Julie Mehretu sono ottimi esempi (record rispettiva­mente da 5,8 e 4,6 milioni di $, ndr). C’è anche un altro fenomeno: artisti emergenti che finiscono la scuola e già hanno una galleria e partecipan­o a mostre.

Artisti afroameric­ani ancora sottostima­ti?

Reginald Baylor (che è un mio parente) e Lynette Yiadom-Boakye sono tra i miei artisti preferiti; sono riconosciu­ti ma dovrebbero esserlo ancora di più. Reginald Baylor, per esempio, è noto nel Midwest ma meno a New York. A Milwaukee, nostra città natale, sta portando avanti un ottimo lavoro sulla comunità con il Next Museum, come sta facendo anche Theaster Gates a Chicago. Sanford Biggers (a partire da 30.000 $ da Massimo De Carlo) e Rashid Johnson (le sue opere all'asta vengono scambiate a prezzi da 4.000 a quasi 200.000 $, ndr) sono altri nomi che stanno ricevendo ora le attenzioni meritate a livello commercial­e e istituzion­ale.

— S. A. B.

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«Kern Alexander Study I» 2011 di Kehinde Wiley, olio su carta

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