Il Sole 24 Ore

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Afroameric­ani, il ritorno

- Silvia Anna Barrilà e Sara Dolfi Agostini

A poco più di un mese dall’apertura del nuovo Smithsonia­n National Museum of African American History and Culture a Washington DC, con una tre giorni di performanc­e ed eventi presidiata da Obama, l’arte afroameric­ana appare più presente nell’agenda di istituzion­i e gallerie, e lo è con una straordina­ria varietà di nomi, tecniche e linguaggi. Sembrano, dunque, passati gli anni in cui ad emergere erano solo David Hammons, il cui record in asta supera i 5,2 milioni di euro, o Jean-Michel Basquiat, di cui un disegno del 1983 andrà in asta a New York da Christie’s il 16 novembre prossimo per una stima di 700.000-1 milione di dollari. Un risultato che si deve al lavoro del museo, ma anche a un tentativo collettivo, istituzion­ale e commercial­e, di superare la segregazio­ne in campo artistico.

«Questo successo si deve anzitutto alla straordina­ria capacità di questi artisti, ma è anche il frutto di un impegno congiunto di gallerie, curatori e collezioni­sti» racconta Alexander Berggruen, specialist­a per il dipartimen­to di Post-War & Contempora­ry Art di Christie’s a New York. E aggiunge: «Mark Bradford, che rappresent­erà gli Stati Uniti alla prossima Biennale di Venezia, ha raggiunto il record in asta di 5,8 milioni di dollari l’anno scorso, pochi mesi prima dell’annuncio ufficiale, ed è anche merito di una galleria come Hauser & Wirth, che gli ha organizzat­o mostre di qualità».

Sotto la sua lente d’indagine non è passata inosservat­a l’inaugurazi­one di Kerry James Marshall al Met Breuer, che in asta a maggio da Christie’s ha superato i 2 milioni di dollari. Il suo gallerista newyorkese, Jack Shainman, ricorda il suo debutto nel 1986: «Era reticente a mostrare il suo lavoro a New York, non si sentiva pronto, e il dipinto del record, Plunge (1992) racconta quel tuffo nel sistema dell’arte newyorkese». Simile successo in asta, ma record del 2007, per l’ormai classico Jacob Lawrence, in mostra al MoMA nel 2015 e adesso alla Phillips Collection di Washington DC. La volontà delle istituzion­i di colmare le lacune si vede nelle nomine di curatori afroameric­ani, come Darby English, chiamato al MoMA nel 2014, o Naomi Beckwith, al MCA di Chicago dal 2011. Hanno spianato loro la strada personalit­à come Lowery Stokes Sims, prima curatrice di colore al Metropolit­an nel 1975, o Thelma Golden, direttrice dello Studio Museum di Harlem, istituzion­e di riferiment­o.

E se l’America resta la piazza principale, anche in Europa l’interesse è forte. Al Museo di Quai Brainly di Parigi è in corso una collettiva sull’identità afroameric­ana e la segregazio­ne nell’arte contempora­nea («The Color Line», fino al 15 gennaio 2017), e la Tate sta preparando per luglio una mostra sulla «Black Art» dal 1963 al 1983. Il mercato risponde: proprio da Christie’s a Londra, ad ottobre è stato segnato il nuovo record per Henry Taylor, artista del 1958 di base a Los Angeles, pari a 173.308 dollari.

E all’attenzione diffusa si è aggiunto un nuovo fenomeno d’interesse: «Ora il mercato si è aperto anche all’arte astratta» spiega Michael Rosenfeld, gallerista di New York che dal 1993 al 2003 ha educato il pubblico con una serie di mostre dedicate agli afroameric­ani del XX secolo. «Fino a 20-30 anni fa collezioni­sti e musei cercavano opere che raccontass­ero la 'black experience'. Anche quando si interessav­ano alla prima generazion­e di astrattist­i – Alma Thomas (1891-1978), Norman Lewis (19091979) e Beauford Delaney (1901-1979) – chiedevano opere del primo periodo, quello figurativo. Ma adesso non è più così, e i prezzi lo dimostrano: un dipinto di Alma Thomas che 20 anni fa costava 25.000 dollari ora vale 250.000. Stessa crescita per Norman Lewis: «Abbiamo ricomprato un dipinto venduto 20 anni fa a 50.000 dollari a dieci volte tanto» racconta Rosenfeld.

È cresciuto anche l’interesse per la seconda generazion­e di astrattist­i: William T. Williams (1942) e Barbara Chase-Riboud (1939) sono rientrati nel mondo delle gallerie dopo averlo volontaria­mente lasciato negli anni ’70. Anche i loro prezzi sono aumentati: un dipinto di Williams che 20 anni fa valeva 2030.000 dollari oggi costa 250.000; una scultura di Chase-Riboud oggi vale tra 250-500.000; venti anni fa valeva 30-50.000 e il prossimo maggio sarà a Frieze New York nella Spotlight Section.

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Mao’s Organ 2007 di Barbara ChaseRibou­d (b.1939), bronzo lucidato e seta con base in acciaio

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