MONETA VIRTUALE
Bitcoin, valuta a rischio
C’è una valuta che negli ultimi cinque anni ha realizzato una performance di +21.000% sul dollaro: eppure non è emessa da uno Stato, non ha una versione cartacea e non è possibile (per ora) spenderla in tutti i negozi tradizionali. È il bitcoin, la moneta elettronica inventata nel 2009 da Satoshi Nakamoto, pseudonimo dietro il quale sembrerebbe celarsi l’imprenditore australiano Craig Steven Wright (senza tuttavia che l’identità sia mai stata confermata da prove inconfutabili).
Una cosa va chiarita subito: il bitcoin ha un elevato profilo di rischio e in definitiva non è un investimento adatto per il risparmiatore prudente. La volatilità nei mercati che li scambiano con dollari è elevata: a luglio di quest’anno, ad esempio, in poco più di un mese il bitcoin ha perso quasi il 30% del valore. Oggi viene scambiato attorno a 700$, ben lontani dai 1.100 toccati a dicembre 2013. Senza poi uno Stato emittente alle spalle, la loro circolazione è basata solo sulla fiducia della comunità che li possiede. Eppure, dopo sette anni, il bitcoin è più vivo che mai, ha visto nascere decine di altre criptovalute concorrenti, è ancora accettato come mezzo di pagamento e usato come deposito alternativo di liquidità, magari lontano da occhi indiscreti.
Un segno dei tempi di quanto la moneta elettronica stia diventando sempre più “pop”, è la decisione delle Ferrovie svizzere di abilitare le biglietterie automatiche al cambio tra franchi e bitcoin, con accredito diretto sui wallet personali degli utenti. L’operazione sarà attiva a partire dall’11 novembre prossimo e, secondo la stessa società elvetica, sono 10.000 i punti vendita nel mondo in cui è possibile spenderli.
Se all’inizio i bitcoin erano utilizzati prevalentemente per attività illegali poiché per scambiarli non è necessario passare dal sistema bancario, con il tempo l’uso si è diversifi- cato e ad approfittarne è stata la finanza tradizionale. Spariti quasi del tutto i mercati aperti del dark web, la criptovaluta si è reinventata come strumento a copertura delle operazioni, in particolar modo negli scambi tra yuan e dollaro. Infatti da più di un anno a questa parte vi è una correlazione inversa tra le due monete: più lo yuan viene svalutato, più gli operatori comprano bitcoin, e viceversa nei periodi di rivalutazione.
In assenza di una banca centrale, sia l’emissione, sia le transazioni di bitcoin sono rigidamente controllate dalla tecnologia sottostante e la creazione di nuova moneta avviene con un ritmo che è destinato a calare progressivamente nel corso del tempo. Questo significa che la quantità di circolante, presente e futura, è sempre nota in ogni momento.
Il crack del 2014 di MtGox, il principale operatore di mercato in bitcoin dell’epoca, ha scottato molti trader che vi avevano affidato interamente i propri conti. La perdita complessiva, non ancora accertata del tutto, fu di circa 400 milioni di dollari. Tuttavia, dopo un periodo di riduzione dei prezzi, il bitcoin è tornato a crescere e a giugno di quest’anno il valore complessivo dello stock circolante a prezzi di mercato ha segnato un record, con circa 10 miliardi di dollari di controvalore.
Il bitcoin è la criptovaluta più nota e scambiata e in molti mercati vale da sola l’80% del totale. Ethereum, la seconda per diffusione, è nata con un progetto differente, cioè sia come moneta, sia come sistema per la gestione intelligente di contratti. Il 28 ottobre scorso, inoltre, il mondo delle monete virtuali si è ampliato con un nuovo player, potenzialmente in grado di cambiarne radicalmente lo scenario: Zcash. La caratteristica innovativa di questa nuova valuta è quella di essere totalmente anonima: mentre cioè in quelle tradizionali si è in grado di risalire a tutti gli account che l’hanno posseduta, anche se non identificati da un nome e cognome ma solo da un codice, con questo nuovo sistema non sarebbe possibile. Con conseguenti potenziali vantaggi per l’economia illegale, che potrebbe nascondere gli ingenti proventi da attività illecite nello spazio di una chiavetta usb e senza correre il rischio di lasciare traccia nel loro riciclaggio.