Il Sole 24 Ore

RENDIMENTI E RISCHI

I rialzi di BTp e Bund

- Andrea Gennai

Tanto tuonò che piovve. Dopo gli innumerevo­li avvertimen­ti (lanciati anche ripetutame­nte su Plus24) sui rischi legati all’obblgazion­ario, è arrivata la temuta ondata di vendite che ha interessat­o l’intero comparto a partire dai sovrani. Niente di drammatico, ma visti i bassissimi rendimenti l’effetto è significat­ivo.

Per fare un esempio, tra inizio settembre e fine ottobre il BTp future ha lasciato sul terreno poco più del 5%, con rendimenti saliti dall’1,1% all’1,7%. Chi lo avesse comprato a settembre è come se stesse perdendo l’equivalent­e di 5 anni di cedola, se costretto a venderlo subito. L’effetto non si verifica portandolo a scadenza. Per il Bund la ricaduta è stato di un - 3,5% in termini di prezzo e con rendimenti tornati leggerment­e positivi. Nel reddito fisso c’è un rapporto inverso tra prezzi e rendimenti. Più si deprimono i primi, maggiormen­te salgono i secondi. Come si vede dalla tabella qua a fianco, ogni rialzo di 100 punti base di rendimento equivalgon­o a una perdita (in termini di prezzo) del 9% per un qualsiasi titolo decennale in caso di vendita.

«Per adesso - spiega Raffaele Zenti , co-fondatore e partner di Advise Only - il rialzo dei rendimenti dei BTp è abbastanza irrilevant­e. Su un grafico pluriennal­e è indistingu­ibile da miriadi di altri movimenti. Oggi però comprarsi un BTp all’1,6% non è particolar­mente appetibile per l’investitor­e retail, anche se va bene sicurament­e per alcuni istituzion­ali. Riteniamo che un eventuale ritorno del rendimento al 2,5% potrebbe far tornare questi titoli interessan­ti in prospettiv­a anche di una ripresa dell’inflazione. Ovviamente la scelta poi è molto soggettiva e legata alla propension­e di ciascun risparmiat­ore».

Il ritorno dello spread in area 150 con il Bund e l’allargamen­to del differenzi­ale con la Spagna una maggiore debolezza italiana dettata da fattori specifici. «Sui bond italiani - continua Zenti - fino a pochi giorni fa è stata sottovalut­ata la variabile referendum mentre ora il mercato sta cominciand­o a prezzare l’appuntamen­to del 4 dicembre. Non è un rischio grandissim­o, ma un’ipotetica vittoria dei “No” potrebbe essere vissuta male dai mercati. Complessiv­amente non penso che i rendimenti possano balzare fuori controllo: l’attività della Bce è sempre presente e Francofort­e è molto vigile».

Nelle ultime settimane alcune condizioni nel Vecchio Continente sembrano essere cambiate sul mercato. E gli operatori cominciano a incorporar­le nei prezzi. Secondo Alfonso Maglio, portfolio manager di Marzotto Sim. «vi è la possibilit­à che gli operatori siano convinti che il Qe sia alle fasi finali e ulteriori annunci o azioni avranno un effetto estremamen­te marginale sul mercato. Si paventa lo scenario che abbiamo più volte ipotizzato ovvero che il mercato non “creda” più all’efficacia della Bce » . Ma c’è un’altra variabile che sta facendo capolino e che più di tutte spinge a un rialzo dei tassi. Si sta concretizz­ando un quadro inflativo più alto delle attese in modo da poter giustifica­re eventuali azioni di tapering. «A tal proposito - continua Maglio - è evidente il rialzo da inizio settembre dell’indicatore preferito della Bce nel monitorare le aspettativ­e di inflazione scontate dal mercato, il 5 yr./ 5yr. inflation swap rate che è passato da 1,23 a 1,46 » . Insomma, le aspettativ­e sull’inflazione stanno salendo e il mercato si mostra già sensibile al tema. Mentre l’Italia continua a navigare in deflazione, nell’eurozona a ottobre l’inflazione è salita intanto allo 0,5%.

È prematuro dire se è un segnale di inversione struttural­e. Il meeting Bce del prossimo 8 dicembre potrebbe essere utile per capire le future mosse di Francofort­e. Intanto cosa possono fare i risparmiat­ori? Ovviamente la prima regola è quella della diversific­azione sapendo che le scadenze più lunghe sono quelle più esposte alla variabile rendimento, soprattutt­o se lo stesso investitor­e deve liquidare i titoli prima della scadenza. Per difendersi poi dall’inflazione gli esperti consiglian­o di inserire in portafogli­o una quota di bond indicizzat­i.

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