Lettera da Wall Street
I possibili scenari post elezioni
C’è il prima e c’è il dopo. Questo è l’ultimo fine settimana prima delle elezioni americane. La settimana scorsa è stata l’ultima che ha chiuso un periodo elettorale turbolento, difficile imprevedibile e certamente preoccupante. La settimana prossima sapremo se l’America sceglierà il populismo e la chiusura oppure la linea della continuità. È in questa dicotomia che si riassumono il “prima” e il “dopo”, non solo per l’avvio la settimana prossima delle prime contrattazioni nel contesto di certezza elettorale. Ma perché il “dopo”, visto che siamo sul filo di lana fra Hillary Clinton e Donald Trump, riguarda anche il possibile ingresso in un contesto sconosciuto. Per questo il Dow Jones già mercoledì scorso ha sfondato al ribasso quota 18mila, teme che una vittoria di Trump, oggi possibile, possa diventare la scusa per coagulare una forte correzione degli indici non solo americani ma globali. Davanti a noi, se vincerà Trump, c’è un pericolo possibile. Attenzione, il mio non è un giudizio politico, ma fattuale. Giorni fa ho parlato a lungo con Justin Wolfers, dell’università del Michigan e di Eric Zitzewitz di Darmouth College, due economisti che hanno fatto uno studio proprio sulla relazione fra mercato e elezioni (” Cosa pensano i mercati finanziari delle elezioni del 2016?”). Il loro risultato empirico è chiarissimo, sia sul fronte valutario, sia su quello azionario, sia negli Stati Uniti, sia nel resto del mondo la correlazione era chiarissima: ogni volta che si segnava un rafforzamento di Trump il mercato si indeboliva e viceversa si rafforzava se c’erano segnali positivi per Hillary. La spiegazione è semplice: non era mai successo prima che la sfida per il dopo potesse avere un duplice aspetto di preoccupazione. Il primo è strutturale per il rischio di incrinare un modello di sviluppo economico che poggia sul multilateralismo. Il secondo è settoriale, Trump minaccia il sistema bancario e le grandi multinazionali americane e non. Godetevi dunque questo fine settimana, potrebbe essere l’ultimo di un’era che dura da 70 anni e di un modello che forse schricchiola ma che non ha certo bisogno di una rivoluzione.