Obbligazioni/ 2
Rendimenti in risalita nelle ultime settimane Riflettori sugli spread dei bond high yield a livelli molto bassi
La tensione colpisce anche i corporate
Vulnerabili. Se si volesse usare una sola parola per definire le emissioni corporate, i gestori sceglierebbero questa.
«Le obbligazioni societarie sono vulnerabili a un eventuale rialzo dei tassi - spiega Aron Pataki, gestore di Bny Mellon Global Real Return - vulnerabili a un aumento dei default, che non è compensato dai rendimenti attuali. Vulnerabili a un cambiamento nel sentiment di mercato, perché la liquidità è così limitata che l’avversione degli investitori si tradurrebbe in un calo particolarmente ampio delle valutazioni. Per queste ragioni, al momento investiamo prevalentemente in pochi titoli di credito accuratamente selezionati: società con una storia interessante alle spalle e le cui emissioni presentano un ampio spread rispetto ai titoli del Tesoro. Caratteristiche, insomma, tali da giustificare un investimento a prescindere dalla volatilità causata dalle decisioni sui tassi».
Sono sempre le banche centrali a dettare il ritmo nei mercati del credito, anche adesso che potrebbero cambiare passo. In Europa, gli investitori sono sempre più scettici in merito alla politica della Bce. E poi c’è la Fed. «Nel corso degli ultimi mesi - ricorda Fabrizio Santin, Portfolio Manager di Pictet Asset Management - abbiamo registrato diverse dichiarazioni da parte di componenti del board che esprimono preferenza per un economia con un po’ più di inflazione rispetto a quanto prevede il mandato della Fed con un target del 2%. Il rialzo della Fed è condizionato dal risultato delle presidenziali: una vittoria di Trump, che è un evento poco probabile ma ancora possibile, vedrebbe ricadute negative soprattutto sulla parte lunga della curva a causa della ricostituzione di premi di rischio».
La reazione dei corporate e di tutti i risky asset, quindi anche emergenti e azioni, dipenderà da quale lettura sarà data a questo movimento. Gli spread dei bond high yield, quelli più speculativi, sono poi su livelli storicamente molto bassi. «Se i tassi d’interesse si muovono al rial- zo per merito dell’inflazione che fa finalmente capolino nell’economia mondiale, crediamo che la reazione complessiva, dopo anni di attesa, sarà positiva - continua Santin -. Se invece i tassi dovessero risalire a causa di una Bce che esaurisce il programma in anticipo, rispetto al momento in cui l’inflazione risalirà stabilmente sopra il 2%, allora il mercato interpreterà la decisione come un errore di policy con ricadute negative per i premi di rischio».
Quali sono le categorie che più probabilmente faranno bene nelle prossime settimane? «Allo stato attuale - afferma Santin - il comparto dei titoli di credito soprattutto sul comparto high yield Usa sembra essere prezzato alla perfezione e pertanto dovrebbe indurre a prese di profitto tattiche. I rendimenti dell’indice sottostante sono risaliti di circa 50 punti base al 6,5%, su livelli ancora distanti dai rendimenti (molto generosi) d’inizio 2016 (10%). I crediti all’interno dell’area euro beneficiano ancora della protezione garantita dal programma di acquisto della Bce, e sebbene le valutazioni siano piene, i rischi dovrebbero essere contenuti».
I corporate in dollari piacciono su tutto lo spettro del rischio. «Suggeriamo di investire in obbligazioni investment-grade denominati in dollari e di compensare il rischio valutario che ne consegue - spiega Christel Rendu de Lint, head of Global and Absolute Return Fixed Income di Union Bancaire Privée - Suggeriamo anche di puntare su titoli ad alto rendimento a livello globale, attraverso l’uso dei credit default swaps (Cds). Tale strategia offre punti d’ingresso interessanti e può offrire un rendimento di oltre il 6%, con un basso rischio legato ai tassi d’interesse e una liquidità elevata. Al momento i Cds stanno prezzando un tasso di default del 6,3%, vicino ai livelli del 2009, l’anno successivo al fallimento di Lehman Brothers. Nel 2015 il tasso di default era solo del 2%».