Il Sole 24 Ore

Finanziame­nti per la casa

Con lo strappo al rialzo dell’Irs in ottobre, il tasso fisso è meno vantaggios­o di 100 punti rispetto al variabile. Futuri scenari

- di Vito Lops

Mutui al ballo dei tassi

Siamo nel bel mezzo dell’era dei tassi bassi. Quella in cui, per capirci, i BoT a 12 mesi “offrono” rendimenti negativi (-0,17%). Ma è la stessa era, e questo è il lato buono della medaglia, in cui i tassi nominali sui debiti non sono mai stati così bassi. A settembre il tasso medio sui nuovi mutui per l’acquisto di abitazioni si è attestato sul nuovo minimo storico del 2,05% (fonte Abi). Il dato fa media tra le offerte a tasso variabile che orbitano intorno all’1,4% e a quelle a tasso fisso che si collocano intorno al 2,2% (dati MutuiOnlin­e). Al di là delle medie, le offerte più aggressive portano il tasso variabile anche sotto l’1% e il fisso all’1,6%. Ma per poter accedere a questi tassi bisogna avere molto contante. Se c’è una cosa che l’ultima crisi finanziari­a ha insegnato alle banche è che anche nel campo dei mutui ci sono clienti di fascia A e clienti di fascia B. Ai primi, quelli che chiedono un finanziame­nto non superiore al 50% del valore dell’immobile (loan to value), le banche riservano gli spread migliori. Ai clienti di fascia B - quelli che chiedono mutui all’80% o oltre - lo spread aumenta in maniera esponenzia­le (vedi grafico a pagina 5). Ma il tasso del mutuo non è composto solo dallo spread, stabilito dalla banca.

L’altra componente viene stabilita dai mercati finanziari. Per i mutui a tasso fisso l’anello da aggiungere allo spread si chiama Irs (Interest rate swap). È un derivato che la banca acquista per coprirsi dal rischio di oscillazio­ne dei tassi. Gli indici Irs (che vanno da 1 a 50 anni) hanno toccato i minimi questa estate ma ad ottobre hanno subito una violenta impennata (vedi articolo in basso). Questo comporta che chi ha ottenuto l’ok per un mutuo in estate, ma si troverà a rogitarlo ora (se non è riuscito a congelare il tasso del preventivo, si veda pagina 5), si troverà una rata più cara per effetto dell’aumento degli Irs.

Il fenomeno è legato alla correlazio­ne degli Irs con il Bund tedesco. Quando i tassi dei Bund salgono (e a ottobre sono saliti per prezzare uno scenario di inflazione nell’Eurozona più alto) salgono anche gli Irs e quindi le rate dei nuovi mutui a tasso fisso. Questo movimento sta facendo allargare di nuovo la forchetta tra variabile e fisso. Se fino a settembre il divario a vantaggio del variabile era sceso a 82 punti base (a fronte di una media di 187 punti degli ultimi 15 anni) ora il variabile in partenza è tornato ad avere un vantaggio a tripla cifra (intorno ai 100 punti base).

Il variabile - poco amato dagli italiani nel 2016, visto che tre mutui su quattro (incluse le surroghe) sono stati direzionat­i verso il fisso (dati Crif-Mutuisuper­market) - sta recuperand­o convenienz­a perché l’Euribor (che si aggiunge allo spread nei mutui variabili) non si è mosso mentre l’Irs saliva. E resta sottozero (-0,31% l’indice trimestral­e). La domanda ora è: quando salirà l’Euribor, che di solito segue l’Irs ma a scoppio ritardato? È difficile dirlo, così come affidarsi alle statistich­e passate. Perché per far risalire l’Euribor non è sufficient­e qualche mese di risveglio dell’inflazione nell’Eurozona. Ma occorre che la Bce non solo smetta di comprare titoli di Stato (il famoso Qe) ma passi alla fase 2, quella del rialzo dei tassi. È uno scenario al momento ancora lontano. I future sull’Euribor a 3 mesi ci dicono oggi che dovrebbe restare negativo almeno fino a giugno del 2020 per salire allo 0,27% nel settembre 2021. Quindi da qui ai prossimi cinque anni le rate dei mutui a tasso variabile lentamente aumentaran­no (si veda la simulazion­e in basso sugli eventuali rincari in caso di aumento) ma dovrebbero farlo comunque a un passo da tartaruga, su livelli tali che il variabile eroda solo in parte il vantaggio iniziale di 100 punti base che esibisce sul fisso.

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