E se «uberizzassimo» la pubblica amministrazione?
sualità e la deregulation delle aviolinee. «Per alcuni versi, internet incarna il genere di società che stiamo diventando: decentrata, personalizzata e individualizzata». Ma decentralizzazione, personalizzazione e individualizzazione precedono l’affermarsi di internet. La rete stessa è l’esito più che la causa di un modello sociale che cerca di riconoscere all’individuo lo spazio più ampio possibile, per provare ad essere se stesso.
Tutto bene? Non proprio. Non per giocare a tesi e antitesi, ma per amor di realismo, Levin invita a comprendere come ogni medaglia abbia il suo rovescio. L’età contemporanea vede all’opera quattro grandi forze: l’apertura degli scambi internazionali, la crescente automazione della produzione, una libertà di movimento delle persone meno compressa che in passato, una maggiore flessibilità. Ciascuna ha prodotto esiti grandemente positivi, rendendo possibile una più vasta divisione del lavoro, ma ha anche eroso il capitale di certezze delle persone a reddito basso. Per trovare un lavoro, non è più sufficiente bussare alla porta di un negozio vicino casa.
Per Levin, esisterebbe un trade off fra la protezione degli interessi dei lavoratori (intesi come gruppo organizzato) e quelli dei consumatori: e negli Stati Uniti di oggi questi ultimi, per la prima volta, stanno avendo la meglio.
Per confortare i lavoratori senza danneggiare i consumatori, bisogna accertarsi che l’ascensore sociale funzioni. Ma questo richiederebbe di «venire alle prese con clientelismi e favoritismi, con la tendenza delle politiche pubbliche di venire incontro a gruppi di interesse ben radicati, ammani- gliati e facoltosi, a spese del resto della popolazione». Martedì la Casa Bianca se la disputano due illustri rappresentanti di questi circoli autoreferenziali.
Non si può garantire la mobilità sociale provando a “spingere” chicchessia, se rimangono colli di bottiglia, strozzature che impediscono, nei fatti, al merito individuale di ottenere soddisfazione. Le difficoltà vengono dal settore pubblico, che continua a seguire il modello della «tecnocrazia del secolo scorso». Ma anche dalla nostalgia egemone: che impedisce la formulazione di proposte davvero innovative. Un solo esempio. Se riformare la scuola appare impossibile, perché non provare a stimolare la concorrenza alle scuole che già ci sono? La battaglia per il voucher e la “school choice” ha poco a che vedere col “feticismo delle privatizzazioni”: è semmai un modo per cercare di garantire gli obiettivi del vecchio welfare, senza pagare l’inevitabile pedaggio all’inefficienza delle burocrazie.
Se c’insegna qualcosa il mondo di internet e dei social network, dovrebbe essere che «le competenze necessarie per prendere decisioni complesse non sono concentrate nelle mani di un piccolo gruppo di esperti, ma sono disperse tra tutti e il mezzo migliore per aggregarle sono le scelte individuali in una società diversificata». Bisognerebbe “uberizzare” la pubblica amministrazione, ma è impossibile finché la sinistra vuole mantenere il potere di redistribuire risorse secondo logiche discrezionali, e la destra non accetta che il potere politico perda le sue funzioni d’indirizzo culturale.
I conservatori, riflette Levin, «dovrebbero pensare a mantenere le condizioni necessarie ad una vita morale, costruendo sotto-culture coesive, attraenti e morali negli strati intermedi (e intermedianti) della società, anziché lottare per assumere il controllo delle vecchie istituzioni di una cultura “mainstream” che un tempo era consolidata».
Sinistra e destra dovrebbero «cercare rimedi dispersi e individualisti per i mali particolarmente rilevanti di una società dispersa e individualista». Finché continueranno a vivere nel mondo di ieri, i falsi profeti avranno gioco facile.
Yuval Levin, The Fractured Republic: Renewing America’s Social Contract in the Age of Individualism, Basic Books, New York, pagg. 272, $ 27,50