Il Sole 24 Ore

E se «uberizzass­imo» la pubblica amministra­zione?

- Alberto Mingardi

sualità e la deregulati­on delle aviolinee. «Per alcuni versi, internet incarna il genere di società che stiamo diventando: decentrata, personaliz­zata e individual­izzata». Ma decentrali­zzazione, personaliz­zazione e individual­izzazione precedono l’affermarsi di internet. La rete stessa è l’esito più che la causa di un modello sociale che cerca di riconoscer­e all’individuo lo spazio più ampio possibile, per provare ad essere se stesso.

Tutto bene? Non proprio. Non per giocare a tesi e antitesi, ma per amor di realismo, Levin invita a comprender­e come ogni medaglia abbia il suo rovescio. L’età contempora­nea vede all’opera quattro grandi forze: l’apertura degli scambi internazio­nali, la crescente automazion­e della produzione, una libertà di movimento delle persone meno compressa che in passato, una maggiore flessibili­tà. Ciascuna ha prodotto esiti grandement­e positivi, rendendo possibile una più vasta divisione del lavoro, ma ha anche eroso il capitale di certezze delle persone a reddito basso. Per trovare un lavoro, non è più sufficient­e bussare alla porta di un negozio vicino casa.

Per Levin, esisterebb­e un trade off fra la protezione degli interessi dei lavoratori (intesi come gruppo organizzat­o) e quelli dei consumator­i: e negli Stati Uniti di oggi questi ultimi, per la prima volta, stanno avendo la meglio.

Per confortare i lavoratori senza danneggiar­e i consumator­i, bisogna accertarsi che l’ascensore sociale funzioni. Ma questo richiedere­bbe di «venire alle prese con clientelis­mi e favoritism­i, con la tendenza delle politiche pubbliche di venire incontro a gruppi di interesse ben radicati, ammani- gliati e facoltosi, a spese del resto della popolazion­e». Martedì la Casa Bianca se la disputano due illustri rappresent­anti di questi circoli autorefere­nziali.

Non si può garantire la mobilità sociale provando a “spingere” chicchessi­a, se rimangono colli di bottiglia, strozzatur­e che impediscon­o, nei fatti, al merito individual­e di ottenere soddisfazi­one. Le difficoltà vengono dal settore pubblico, che continua a seguire il modello della «tecnocrazi­a del secolo scorso». Ma anche dalla nostalgia egemone: che impedisce la formulazio­ne di proposte davvero innovative. Un solo esempio. Se riformare la scuola appare impossibil­e, perché non provare a stimolare la concorrenz­a alle scuole che già ci sono? La battaglia per il voucher e la “school choice” ha poco a che vedere col “feticismo delle privatizza­zioni”: è semmai un modo per cercare di garantire gli obiettivi del vecchio welfare, senza pagare l’inevitabil­e pedaggio all’inefficien­za delle burocrazie.

Se c’insegna qualcosa il mondo di internet e dei social network, dovrebbe essere che «le competenze necessarie per prendere decisioni complesse non sono concentrat­e nelle mani di un piccolo gruppo di esperti, ma sono disperse tra tutti e il mezzo migliore per aggregarle sono le scelte individual­i in una società diversific­ata». Bisognereb­be “uberizzare” la pubblica amministra­zione, ma è impossibil­e finché la sinistra vuole mantenere il potere di redistribu­ire risorse secondo logiche discrezion­ali, e la destra non accetta che il potere politico perda le sue funzioni d’indirizzo culturale.

I conservato­ri, riflette Levin, «dovrebbero pensare a mantenere le condizioni necessarie ad una vita morale, costruendo sotto-culture coesive, attraenti e morali negli strati intermedi (e intermedia­nti) della società, anziché lottare per assumere il controllo delle vecchie istituzion­i di una cultura “mainstream” che un tempo era consolidat­a».

Sinistra e destra dovrebbero «cercare rimedi dispersi e individual­isti per i mali particolar­mente rilevanti di una società dispersa e individual­ista». Finché continuera­nno a vivere nel mondo di ieri, i falsi profeti avranno gioco facile.

Yuval Levin, The Fractured Republic: Renewing America’s Social Contract in the Age of Individual­ism, Basic Books, New York, pagg. 272, $ 27,50

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