Il Sole 24 Ore

La Pop Art all’italiana

- di Anna Orlando © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Niente di più stridente di un struzzo color fuxia di oltre due metri con un imponente ritratto equestre di Antoon van Dyck, scuro e austero. La scultura in plastica realizzata da Gino Marotta nel 1968, dove l’animale si atteggia a un improbabil­e inchino di fronte alla pala seicentesc­a, è solo una delle chissose incursioni nella quiete del percorso di visita nella villa a Mamiano di Traverseto­lo, vicino a Parma, che conserva la meraviglio­sa raccolta di Luigi Magnani. Qui, fino all’11 dicembre, è allestita la mostra « Italia Pop. L’arte negli anni del boom » . Quasi un affronto, un gesto irrispetto­so nei confronti del gusto raffinato, diciamo pure aristocrat­ico, di chi aveva selezionat­o per sé, e poi per il pubblico con la Fondazione, capolavori di Dürer, Canova, Goya, fino alle sublimi telette di Giorgio Morandi. « Non avrebbe gradito » ammette Stefano Roffi conservato­re della villa-museo e co-curatore con Walter Guadagnini della mostra: «era sempre infastidit­o da ciò che crea tumulto e sconcerto». Eppure quasi ogni sala dei due piani, prima di giungere agli spazi esclusivam­ente dedicati alla mostra, propone dialoghi azzardati, eppure istituiti con intelligen­za e grande sensibilit­à, anche sul piano estetico. Bella la proposta di sostituire la grande Sacra Conversazi­one di Tiziano – in trasferta al Denver Art Museum per uno scambio con le loro Ninfee di Monet esposte accanto al Monet di Magnani al primo piano, sempre fino all’ 11 dicembre – con la tela Souvenir di Roma di Franco Angeli ( 1964), posta sopra la meraviglio­sa consolle stile “retour d’Egypte”, per capire, guardando, come si possa diversamen­te richiamare l’antico e il classico.

Giocate sul filo dell’ironia e della banalità che è anche provocazio­ne, sull’immediatez­za della proposta visiva fondata sulla semplicità della forma e sull’impatto diretto e forte della cromia; capaci di introdurre il visitatore perfettame­nte nel mood dell’arte Pop, queste intrusioni irriverent­i sono i primi assaggi di una saporita selezione di circa settanta lavori.

Al tandem Roffi e Guadagnini il compito di proporre con capacità didattica alternata a riflession­i critiche tutt’altro che banali un argomento spesso affrontato con superficia­lità o trascurato, come se in quel momento ci fosse stata solo l’Arte Povera. Ai nomi più noti, uno per tutti Mario Schifano, molti altri meno conosciuti, insie-

me ai già citati Marotta e Angeli.

Dopo l’introduzio­ne «Prima della Pop Art», le sezioni «Michelange­lo Pop», che indaga il rapporto con i maestri del passato, e «Pittori della vita moderna», che attinge dall’immaginari­o contempora­neo e s’ispira al nuovo protagonis­mo degli oggetti, rendono l’idea della molteplici­tà di proposte, che non sono mai solo “Pop”, nel senso strettamen­te warholiano del termine. Non troviamo la serialità e la reiterazio­ne di temi e stili che sta alla base della fortuna di Andy Warhol and friends. Gli italiani, che in alcuni casi hanno subito pressioni dal mercato, per esempio da galleriste tanto illuminate quanto influenti come Ileana Sonnabend, seguono un percorso meno legato ai risvolti commercial­i del loro fare arte. Che significa dare un senso di partecipaz­ione al proprio tempo. Il quale, come sanno bene anche i curatori nonostante il titolo lievemente truffaldin­o, non è in realtà più quello del Boom, i cui entusiasmi si stanno già spegnando nel ’64, l’anno dell’invasione della Pop Art americana alla Biennale di Venezia. Gli artisti presenti nella villa di Luigi Magnani partecipav­ano a quello che lui considerav­a, insieme all’amico Mario Praz, dall’alto della loro turris eburnea culturale, una vera catastrofe sociale. Enon solo: anche etica ed estetica. Per ironia della sorte giunge a turbare Praz nella sua casa romana di Palazzo Primoli, oggi museo, un chiassosis­simo vicino: Mario Schifano, dal ’74, non appena uscito di prigione, vi conduce una quotidiani­tà fatta di eccessi di ogni segno, droghe incluse. Amico dei Rolling Stones (loro uno dei sottofondi musicali scelti per la mostra), incarnava tutto ciò che vi era di più nocivo e pericoloso del proprio tempo. Compreso l’imperativo di protesta di cui dà un’efficace idea l’ultima sezione dal titolo «Po(p)litica». Contro la spersonali­zzazione che è il vero rischio del momento – e non solo di quello- e per un sonoro richiamo all’azione.

Italia Pop. L’arte negli anni del boom , Mamiano di Traverseto­lo, Fondazione Magnani Rocca fino all’ 11 dicembre. Catalogo Silvana Editoriale

La Fondazione Magnani Rocca ospita una rassegna dedicata al movimento artistico che declinò in chiave nazionale la poetica di Andy Warhol

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allestimen­to La mostra «Italia Pop. L’arte negli anni del boom» alla Fondazione Magnani Rocca

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