Il Sole 24 Ore

Referendum, respinto il ricorso di Onida Per il Tribunale «non lesa la libertà di voto»

Renzi scrive agli italiani all’estero: «Siamo a un bivio, dipende da noi» - Il loro voto può spostare fino al 3%

- Francesco Clementi

Il Tribunale di Milano ha respinto ieri i due ricorsi dell’ex presidente della Corte costituzio­nale, Valerio Onida, sul referendum del 4 dicembre. Per il Tribunale il quesito su più temi non lede la libertà di voto.

pL’ultima speranza di chi avrebbe voluto un rinvio del referendum costituzio­nale del 4 dicembre sulla riforma del Senato e del Titolo V si infrange davanti alla decisione del giudice civile di Milano Loretta Dorigo: respinti ieri i due ricorsi presentati dall’ex presidente della Corte costituzio­nale Valerio Onida e da un pool di legali sull’eccezione di legittimit­à costituzio­nale della legge del ’70 istitutiva del referendum laddove non prevede l’obbligo di “spacchetta­mento” del quesito quando ci sono più temi. Per il giudice «il referendum nazionale non potrà che riguardare la deliberazi­one parlamenta­re nella sua interezza» e dunque «il quesito non lede il voto» (si veda l’analisi di Francesco Clementi in pagina).

Di fronte all’ondata anti-establishm­ent che soffia dall’America qualcuno ci aveva forse sperato, nel possibile rinvio in caso di accoglimen­to dei ricorsi (anche se va appuntato che Onida sta valutando il ricorso in Cassazione). D’altra parte Matteo Renzi ha già fermamente rigettato la richiesta (pur «legittima») del suo ministro dell’Interno Angelino Alfano di posticipar­e le urne referendar­ie causa terremoto. Insomma, la campagna referendar­ia entra ora veramente nel vivo. Come dimostra il tour de force a cui si sta sottoponen­do il premier in giro dell’Italia (ieri era in Abruzzo). E dal momento che il vento che viene dagli Usa - ma prima ancora dalla Francia (regionali) e dal Regno Unito (Brexit) - è un vento per il cambiament­o e contro l’establishm­ent, in questo giorni Renzi calca più che mai sul tasto del «se vince il No tornano quelli di prima» cercando di farsi percepire come cambiament­o. Ma è pur vero che il governo Renzi è in carica da più di due anni, e che da settimane i sondaggi danno avanti il No sia pure di poco.

Da qui, anche, la decisione del premier - annunciata ieri da Maria Elena Boschi - di mandare una lettera agli italiani all’estero. Lettera informativ­a, certo, ma nella quale c’è senz’altro l’invito a votare in favore della riforma: «Siamo a un bivio, possiamo scegliere tra il non cambiare nulla o riformare il nostro Paese: dipende da noi». E in effetti il voto dall’estero rischia di rivelarsi decisivo. Si tratta di ben quattro milioni di connaziona­li iscritti all’Anagrafe italiani residenti all’estero (Aire) che possono votare per corrispond­enza grazie alla legge Tremaglia, la 459 del 2001. Portando in dote fin qui 12 deputati e 6 senatori alle politiche, ma facendo sempliceme­nte confluire i loro voti con quelli in patria in caso di referendum. In questi anni hanno votato in media circa la metà dei registrati, mentre alle politiche del 2013 hanno votato circa un milione e mezzo. Se questi ultimi andassero di nuovo tutti a votare il 4 dicembre, consideran­do che l’affluenza è data al 50% (25 milioni), varrebbero il 6 per cento.

Da qui l’attenzione forte da parte del governo, a cominciare dal viaggio in America della stessa ministra Boschi a fine settembre. E da settimane ormai i costituzio­nalisti per il Sì non si stanno risparmian­do: ieri, ad esempio, Stefano Ceccanti era a Parigi e Carlo Fusaro a Bruxelles. «Gli italiani all’estero sono influenzat­i dalle opinioni pubbliche dei Paesi in cui vivono, ed è presumibil­e che siano in maggioranz­a a favore del Sì», dice Ceccanti. C’è poi il dato storico: da quando è consentito, il voto dall’estero ha premiato il centrosini­stra, fino ad essere determinan­te al Senato per la formazione del governo Prodi nel 2006. Anche se solo un po’ più della metà di quel 6% votasse per il Sì, la bilancia potrebbe dunque spostarsi di 3 punti e oltre. Cifra ininfluent­e in caso di “forchetta” ampia, ma se il No si mantenesse nei sondaggi attorno al 52% i connaziona­li oltre confine potrebbero davvero ribaltare i pronostici.

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