Effetto-Trump: tassi in rialzo, Wall Street record
Gli stimoli fiscali e le prospettive di inflazione fanno salire i rendimenti e la Borsa Usa - Listini europei più «freddi»
pArchiviata la fase di incertezza che ha preceduto il voto e messa da parte per un momento la paura sul possibile impatto di certe ricette di politica economica più controverse (leggi protezionismo), gli investitori hanno iniziato a prendere confidenza con il nuovo scenario politico che si è venuto a creare negli Stati Uniti partendo da alcuni punti fermi. Uno di questi riguarda l’aspettativa che, alla prova dei fatti, il Trump presidente possa dimostrarsi meno estremista del Trump candidato come sembrano suggerire i toni morbidi del suo discorso di insediamento e alcuni possibili nomi della sua squadra. L’altra riguarda le prospettive di politica fiscale e monetaria.
Su quest’ultimo fronte chi vedeva una vittoria di Trump come foriera di volatilità e instabilità dei mercati a tal punto da costringere la Fed a rimandare il tanto annunciato taglio dei tassi pare, al momento, essere stato smentito dai fatti. Dopo un’iniziale reazione, la volatilità si è assai ridimensionata e in questo contesto le probabilità di un rialzo dei tassi a dicembre, già molto alte prima del voto, si sono ulteriormente consolidate tanto che il mercato dei future ieri scontava un’81% di probabilità. E se il mercato fino a poco fa si interrogava sulla stretta a dicembre, ora la domanda tra gli addetti ai lavori è su quanti rialzi dei tassi ci saranno nel 2017.
Per spiegare la direzione presa dalle aspettative del mercato gli addetti ai lavori parlano di «reflation», termine con cui si intende una manovra di politica fiscale dagli effetti potenzialmente inflattivi quale appunto potrebbe potrebbe essere il piano di rilancio infrastrutturale che il nuovo inquilino alla Casa Bianca promette di mettere in atto. Un’operazione di stimolo fiscale, quella nel programma di Donald Trump (ma anche la sconfitta Hillary Clinton aveva una analoga ricetta) che arriva quando ormai la spinta dello stimolo monetario si è esaurita. Con una Fed che si prepara alla stretta sui tassi e una Casa Bianca pronta allo stimolo fiscale, gli investitori all’orizzonte vedono la tanto agognata ripresa dei prezzi al consumo. Un fenomeno fotografato chiaramente dall’impennata dell’indice 5y5y inflation forward che misura le aspettative di inflazione a cinque anni per i prossimi cinque negli Stati Uniti. Indice che ieri ha registrato un rialzo del 4,33% toccando un picco al 2,5% sui massimi da dicembre 2014. Ma non è solo negli Stati Uniti che le aspettative di risalita dei prezzi sono risalite, come dimostra il balzo del 3,5% registrato dall’analogo indice dell’area euro che ieri si è riportato sui massimi da inizio anno. È so- prattutto alla luce di questo rialzo delle aspettative sui prezzi che va letta la pesante ondata di storni che si è abbattuta ieri sulle obbligazioni governative in Europa. Dopo una giornata post-voto in cui il Bund era stato acquistato in virtù del suo status di “bene rifugio” il mercato ha stornato pesantemente il decennale tedesco il cui tasso, sulla scia dei Treasury americani, ha toccato un massimo di giornata a quota 0,3% sui livelli di gennaio. Lo stesso è successo sugli altri titoli di Stato dell’area euro come i BTp, i cui tassi hanno chiuso a quota 1,90% riportandosi sui massimi da settembre 2015 con lo spread che ha chiuso a quota 163 punti.
Se il contesto inflazionistico sfavorisce i bond, chi ne trae beneficio sono le azioni e non c’è da stupirsi se ieri a Wall Street l’indice Dow Jones abbia aggiornato i suoi massimi storici. La prospettiva di un rialzo dei tassi di interesse va a tutto vantaggio di banche e assicurazioni che non a caso ieri sono stati tra i settori più gettonati in Borsa con un rialzo del 2,42% e del 3% rispettivamente sugli indici di settore. Nonostante questa performance e il nuovo balzo del settore materie prime (+2,42%) per gli indici azionari continentali è stata una giornata fiacca: Piazza Affari ha chiuso invariata mentre in calo hanno chiuso Parigi (-0,36%), Francoforte (-0,25%), Madrid (-1,63%) e Londra (-1,21%). In forte rialzo invece il dollaro: l’euro ha chiuso in calo a 1,0882 sul biglietto verde.
I SETTORI Le elezioni Usa sostengono banche e assicurazioni (che beneficiano di tassi in rialzo) e le società del comparto materie prime