Le imprese sono in allarme per la revisione delle tariffe
Gli esportatori temono un inasprimento fiscale all’import
L’industria italiana del food & beverage in allarme: teme che i dazi americani, oggi mediamente molto bassi, possano essere alzati. Per il resto gli esportatori italiani sperano che le sparate elettorali del neo presidente Donald Trump lascino il posto alla ragione.
L’anno scorso il made in Italy negli Stati Uniti ha raggiunto i 3,5 miliardi, con un balzo di circa il 20%. Nei primi 7 mesi di quest’anno la crescita è continuata, sia pure del +2,2% a 2,1 miliardi. Gli Usa si sono affermati come il primo mercato, dopo la Germania, del food and beverage. Forte la presenza del vino: l’anno scorso valeva il 38,5%, il doppio che nel resto del mondo. Nei primi sette mesi del 2016 l’export di vino ha segnato 826 milioni; seguito da oli (317 milioni), caseari (156), pasta (152) e acque minerali (138).
«Le sparate elettorali di Trump non posso non creare allarmismi - avverte Marilisa Allegrini, titolare dell’omonima cantina veronese -. Tuttavia ci sono alcune considerazioni che ci spingono a credere che cambierà poco. In particolare, il sistema dell’import del vino negli Usa è gravato da tasse molto basse: 3-5 dollari a cartone. Ma prima di arrivare al consumatore, ci sono una serie di passaggi intermedi che arricchiscono importatori e fisco americano. Mi sembra difficile che Trump voglia rompere il giocattolo che garantisce laute entrate fiscali». Per Allegrini, il mercato Usa vale il 20% dei ricavi.
Riccardo Cereda, general manager di Olio Monini, teme che «la nuova amministrazione possa intervenire sui dazi, oggi molto bassi. Ma Trump ha ben poco da proteggere: l’industria olearia americana vale il 7% dei consumi nazionali». Diverso il discorso per il pomodoro: Monini distribuisce il brand Mutti. «I produttori californiani sono molto forti - osserva Cereda - e l’import è piccolo. I dazi variano dal 6 all’8%». Monini Usa fattura 8 milioni, di cui due terzi con l’olio e il resto con il pomodoro.
Anche per i salumi i dazi americani sono molto bassi «e quindi suscettibili di aumento - osserva Davide Calderone, dg di Assica, che riunisce i produttori delle carni e dei salumi -. Nessun problema invece per gli standard tecnici: gli esportatori italiani si sono allineati alle norme americane». L’anno scorso l’export di salumi negli Usa è stato di 106 milioni: sono il quarto mercato dopo Germania, Francia e e Regno Unito.
Meno preoccupato Nicola Baldrighi, presidente del Consorzio Grana padano, anche se il mercato Usa vale il 36% dell’export. «Dopo l’elezione, Trump ha mitigato le sue sparate elettorali, dimostrando cautela. Ora spero che si riprenda a trattare sul Ttip,l’accordo commerciale Usa-Ue».
FOOD & BEVERAGE Il made in Italy alimentare negli Usa vale 3,5 miliardi. Forte la presenza del vino: pesa per il 38,5%, il doppio che nel resto del mondo