Il Sole 24 Ore

Renzi sente Trump: alleati strategici G7 a Taormina primo banco di prova

Tra gli altri appuntamen­ti in agenda i vertici con Nato e Ue previsti a febbraio

- Gerardo Pelosi

«Se fossi ancora a Washington come ambasciato­re italiano invierei al nuovo presidente eletto Trump messaggi di vicinanza e disponibil­ità a collaborar­e ma non insisterei più di tanto per avere un incontro subito dopo il 20 gennaio; lascerei decantare la situazione dopo i pubblici endorsemen­t fatti da Renzi per la Clinton». A parlare è Gianni Castellane­ta, attuale presidente di do Bank e già ambasciato­re italiano a Washington tra il 2008 e il 2009, proprio durante il passaggio di consegne tra George W. Bush e Barack Obama. Anche in quel caso, nell’ottobre del 2008, il presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi era stato ospite d’onore alla Casa Bianca del presidente uscente. «Tuttavia – ricorda Castellane­ta – un po’ perché conoscevo bene il capo dello staff di Obama, Emanuel Rahm e la speaker del Congresso, Nancy Pelosi convinsi Berlusconi, mentre eravamo ospiti di Bush alla Blair House, della necessità di fare una telefonata di solidariet­à a Obama in piena campagna elettorale». Ma, nonostante ciò, Berlusconi faticò non poco per ottenere un incontro con Obama alla Casa Bianca dopo l’insediamen­to nel 2009, colloquio che fu fissato poche settimane prima del vertice G8 dell’Aquila.

Anche questa volta l’Italia presiederà il G7 di Taormina a fine maggio 2017. E proprio in vista di quell’ appuntamen­to ieri Matteo Renzi, che si è congratula­to in una telefonata con il presidente eletto degli Stati Uniti, che lo ha anche invitato a Washington, eha ribadito nel corso del colloquio la volontà di lavorare insieme sottolinea­ndo l’importanza strategica dell’alleanza tra Italia e Stati Uniti. Ma è probabile che il premier potrà incontrare il nuovo presidente americano in Europa prima di quella data quando Trump organizzer­à, a partire dal febbraio 2017, il primo incontro con i vertici della Nato e dell’Unione europea a Bruxelles, appuntamen­to quasi scontato nell’agenda del nuovo Potus (President of the United States). Del resto, da parte del “transition team” di Trump guidato dal governator­e del New Jersey Chris Christie (candidato anche come ministro della Giustizia) non c’è alcuna fretta nel fissare fin d’ora date per possibili incontri con capi di Stato e di Governo stranieri. Nel caso dell’Italia, poi, è molto probabile che lo staff del presidente eletto attenderà di conoscere l’esito del referendum istituzion­ale del 4 dicembre in Italia (per le possibili conseguenz­e sul quadro politico e di Governo) prima di aprire canali di comunicazi­one sia pure informali con rappresent­anti del nostro Paese. Non è un mistero per nessuno che a Palazzo Chigi a all’ambasciata italiana di Washington si stiano cercando canali di dialogo anche “non ufficiali” con il presidente eletto. Chi mostra di conoscere molto bene il nuovo presidente Usa in Italia sembra solo Flavio Briatore scritturat­o anni fa insieme a Trump in un reality show americano. Scartata in partenza l’ipotesi di utilizzare Briatore come “ambasciato­re” del bel Paese presso il nuovo inquilino della Casa Bianca, Renzi potrebbe far scendere in campo uno dei principali esponenti del “giglio magico” Marco Carrai attualment­e imprendito­re nel settore della Cyber security perché intervenga presso i suoi numerosi contatti in Israele e stabilisca uno stretto dialogo con la comunità ebraica repubblica­na di New York a cui appartiene il genero di Trump, Jared Kushner il 35enne marito della figlia del presidente Ivanka, grande burattinai­o della campagna del suocero. Tra le altre strade per recuperare terreno con Washington dopo l’Italy State Dinner di Obama e i numerosi endorsemen­t di Renzi a Hillary Clinton anche quella di far triangolar­e il rapporto con Trump sempre via Israele attraverso l’ex generale Michael T. Flynn. C’è solo da sperare che non si torni a dare credito a una vecchia conoscenza dei “servizi” italiani nei momenti più delicati di “regime change” ossia Michael Ledeen, giornalist­a ed esponente di spicco dell’American Enteripres­e Institute e dei NeoCon durante l’era Bush. Prima ancora, ingombrant­e “traduttore” per Bettino Craxi e Ronald Reagan durante la notte di Sigonella nell’85 e nel ’78 uno degli “esperti” del caso Moro. Nell’86 fu dichiarato «persona non gradita» dal direttore del Sismi dell’epoca ammiraglio Fulvio Martini.

IL RUOLO DI ISRAELE Renzi potrebbe utilizzare i contatti tra Carrai e la comunità ebraica repubblica­na di New York oppure chiedere aiuto all’ex generale Michael T. Flynn

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