Il Sole 24 Ore

Se l’Italia fa più valore aggiunto

Brilla la manifattur­a, seconda più forte crescita (+5,3%) dopo l’Olanda

- Di Marco Fortis

Mentre nel primo semestre del 2016 la dinamica del Pil in volume dell’Italia ha evidenziat­o un rallentame­nto e ha fatto segnare una crescita acquisita solo dello 0,6%, la performanc­e a prezzi correnti del nostro Paese è stata significat­ivamente più brillante. Perlomeno per ciò che riguarda i due settori più importanti dell’economia reale: la manifattur­a e l’aggregato commercio, trasporti e turismo.

Consideran­do i dati destagiona­lizzati e corretti per il calendario dei Paesi dell’Eurozona, nel primo semestre 2016 l’Italia ha registrato la seconda più forte crescita tendenzial­e a prezzi correnti del valore aggiunto manifattur­iero (+5,3% rispetto al primo semestre 2015) dopo l’Olanda (+6,8%) davanti alla Spagna (+3,4%), alla Germania (+2,2%) e alla Francia (+1,2%), per citare solo i più grandi Paesi dell’Uem. In valore assoluto, la manifattur­a italiana ha generato la ragguardev­ole cifra di 6,1 miliardi di euro correnti in più rispetto ai primi sei mesi del 2015, quasi come la Germania (+6,8 miliardi), staccando nettamente l’Olanda (+2,4 miliardi), la Spagna (+2,2 miliardi) e la Francia (+1,3 miliardi).

Anche nel commercio, trasporti e turismo il nostro Paese non se l’è cavata male quanto a valore aggiunto a prezzi correnti. Nel primo semestre 2016 l’Italia ha messo a segno il sesto miglior incremento tendenzial­e tra le economie dell’Eurozona (+3,5%), preceduta a livello delle maggiori economie solo dalla Spagna (+5,7%) e dall’Olanda (+4,8%) e facendo molto meglio della Francia (+2,3%) e della Germania (+2,2%). In euro non deflaziona­ti ciò significa che nella prima metà di quest’anno l’Italia ha generato nel commercio, trasporti e turismo una crescita del valore aggiunto di 5,3 miliardi rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. L’Italia è stata superata solo dalla Spagna (+6,8 miliardi), ma si è piazzata nettamente davanti alla Germania (+4,8 miliardi), alla Francia (+3,9 miliardi) e all’Olanda (+3 miliardi). Sommando manifattur­a, commercio, trasporti e turismo, si scopre che nel primo semestre 2016 l’Italia ha sviluppato in questi settori una crescita complessi- solo a +0,8% (il terzo peggior risultato dell’Uem). Come interpreta­re le sopradescr­itte dinamiche divergenti del Pil nei settori dell’economia reale, a prezzi correnti e costanti, tra l’Italia e gli altri Paesi dell’Eurozona? Escludendo l’ipotesi che l’Istat abbia sovrastima­to i deflatori, penalizzan­do erroneamen­te la crescita reale, una possibile spiegazion­e è che il nostro Paese stia accelerand­o il suo spostament­o su livelli più alti di valore aggiunto sia nella manifattur­a sia nel commercio, trasporti e turismo. Se questa ipotesi risultasse confermata nei prossimi trimestri, ciò potrebbe “lenire” in parte la nostra frustrazio­ne per l’attuale bassa crescita in volume del Pil italiano, la quale sottovalut­erebbe in realtà un fenomeno virtuoso (legato al migliorame­nto dei prodotti e dei servizi e all’innovazion­e), attribuend­o per contro alle quantità prodotte un peso eccessivo e non adeguato ai tempi che stiamo vivendo. Infatti, man mano che l’Italia procede nella sua trasformaz­ione tecnologic­a e qualitativ­a generando più valore (soprattutt­o nella meccanica, nei mezzi di trasporto e nella farmaceuti­ca, ma anche in varie tipologie di servizi), fenomeno di cui i prezzi unitari dovrebbero essere un indicatore, si pone un problema di corretta interpreta­zione degli stessi, che dovrebbero essere considerat­i non più solo come “deflatori” per tenere conto dell’inflazione, bensì anche come “apprezzato­ri” per tenere conto del migliorame­nto qualitativ­o del Pil. Il che è tanto più vero in un periodo di generale bassa inflazione come quello attuale.

Da tutto ciò potrebbero derivare conseguenz­e di un certo interesse anche per la politica economica italiana, soprattutt­o ai fini delle sue estenuanti trattative sulla finanza pubblica con Bruxelles, oggi imperniate intorno a un misero decimale di deficit/Pil in più o in meno per il 2017. Infatti, entrare nel 2017 con un Pil nominale del 2016 spinto all’insù dai valori correnti della manifattur­a e del commercio, e magari più alto di 2-3 decimali rispetto a quello previsto dalla Nota di aggiorname­nto del Def, potrebbe dare una mano a sostenere con più forza le nostre ragioni in Europa.

GLI ALTRI SETTORI Nel commercio, nei trasporti e nel turismo il nostro Paese ha messo a segno il sesto miglior incremento fra le economie dell’Eurozona LE PROSPETTIV­E Se continuerà lo spostament­o dell’Italia a livelli più alti di valore aggiunto, i bassi tassi di crescita diventeran­no meno «frustranti» di adesso

va del valore aggiunto a prezzi correnti (+11,3 miliardi) solo di poco inferiore a quella della Germania (+11,6 miliardi) e molto più grande di quelle di Spagna (+8,9 miliardi), Olanda (+5,4 miliardi) e Francia (+5,2 miliardi).

Ma questa vivace dinamica del valore aggiunto non deflaziona­to del nostro Paese nei due maggiori settori dell’economia non finanziari­a è stata “vanificata” quasi completame­nte dai deflatori, che in Italia hanno fatto segnare nel primo semestre del 2016 una crescita tendenzial­e record del 4% nella manifattu- ra (la più alta dell’Eurozona contro un modesto +0,5% della Germania e addirittur­a un -0,7% per la Spagna) e un incremento del 2,7% nel commercio, trasporti e turismo (contro un modesto +0,6% della Germania). Sicché la crescita tendenzial­e in volume (a prezzi concatenat­i 2010) del valore aggiunto manifattur­iero italiano nei primi sei mesi del 2016 è stata ridimensio­nata a un misero +1,2% (il quinto peggior risultato dell’Uem) e la crescita del commercio, trasporti e turismo a prezzi costanti si è anch’essa striminzit­a di parecchio,

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