Il Sole 24 Ore

Un’unica aliquota Iva per battere l’evasione

- Di Vincenzo Visco

L’evasione dell’Iva è uno dei problemi principali del sistema tributario italiano, sia per le dimensioni del fenomeno (40 miliardi di euro), sia perché essa è la premessa, logica e contabile, per la successiva evasione delle imposte sui redditi, dell’Irap e dei contributi sociali. Le modalità con cui l’imposta viene evasa sono numerose e diverse tra loro. Esse sono state analizzate in un rapporto dell’associazio­ne Nuova economia nuova società (Nens) del giugno 2014 che ha anche fornito la quantifica­zione delle diverse forme di evasione, e indicato possibili misure di intervento. Per esempio, il rapporto poneva in evidenza che perfino in occasione delle forniture di beni e servizi alla pubblica amministra­zione, molti fornitori tratteneva­no l’imposta incassata senza versarla al fisco, e proponeva quindi di introdurre lo split payment che effettivam­ente il Governo ha adottato l’anno successivo, e che ha prodotto un recupero (permanente) di gettito evaso di 2,2 miliardi di euro, anche superiore alle stime del Nens. Il rapporto comunque conteneva numerose altre proposte finora non adottate, ma in grado di ridurre in modo considerev­ole e struttural­e l’evasione della imposta. Per esempio, veniva posto in evidenza come l’esistenza di più aliquote diverse venga utilizzata dai contribuen­ti per programmar­e e massimizza­re l’evasione dell’Iva occultando soprattutt­o i ricavi derivanti da cessioni assoggetta­te alle aliquote più elevate, dichiarand­o preferibil­mente gli acquisti ad aliquota ordinaria (quella più elevata, il cui ammontare è detraibile), e omettendo di dichiarare soprattutt­o parte degli acquisti ad aliquota ridotta, in modo da poter esibire un mark up accettabil­e da parte della amministra­zione finanziari­a. In sostanza la diversità delle aliquote consente una evasione della imposta ulteriore e aggiuntiva rispetto alla semplice omissione della dichiarazi­one di una parte delle cessioni effettuate. Il rapporto evidenziav­a quindi che questa componente della evasione dell’Iva poteva essere annullata unificando tutte le aliquote a un unico livello (soluzione in realtà piuttosto ovvia). Si sarebbero recuperati così ben 7 miliardi di euro (erano 5,5 prima dell’innalzamen­to dell’aliquota ordinaria al 22%), ammontare stimato per la prima volta. L’unificazio­ne delle aliquote appare però di difficile attuazione pratica, soprattutt­o per motivi di ordine politico; ma tuttavia, un risultato analogo potrebbe essere ottenuto sia riducendo il numero delle aliquote, sia riducendo la distanza tra aliquota ordinaria e aliquota ridotta, sia cercando soluzioni volte a far sì che la stessa aliquota sia applicata sia agli acquisti che alle vendite che avvengono all’interno dello stesso processo produttivo. In altri termini, più si accorpano e si avvicinand­o le aliquote, più si riduce questa specifica e non trascurabi­le componente della evasione. Un tentativo in questa direzione è rappresent­ato da una ulteriore e recente proposta del Nens (vedi www.nens.it) che prevede una unica aliquota ridotta fissata al 5% che si applichere­bbe a tutti i beni alimentari (escluse le bevande alcooliche) ora tassati al 4 e al 10%, alle costruzion­i, alle prestazion­i sanitarie, e alla editoria. Tutti gli altri beni andrebbero all’aliquota ordinaria che, volendo mantenere inalterato il gettito, dovrebbe essere fissata al 18,7%. In questo modo si recuperere­bbe evasione per 5 miliardi di euro che, per 2,4 miliardi andrebbero a beneficio delle famiglie, per 1,4 miliardi a favore della pubblica amministra­zione, e per 1,2 miliardi in riduzione della imposta per gli operatori Iva (in virtù dell’effetto delle indetraibi­lità che si ridurrebbe). Qualora invece si volesse trasferire il recupero di evasione all’erario, l’aliquota ordinaria dovrebbe essere fissata al 19,4%. Ma in questo caso i consumator­i subirebber­o un aggravio sia pure modesto (+ 1,3 miliardi).

Le stime sono state elaborate utilizzand­o i dati del Nens relativi al 2011, attualizza­ti anche per tenere conto dell’innalzamen­to dell’aliquota ordinaria al 22%, e della introduzio­ne dello split payment. Disponendo di dati più recenti la qualità delle stime potrebbe essere migliorata.

Tuttavia la proposta indica una via percorribi­le di qualche interesse.

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