I riposi del part-time verticale valgono per la pensione
Ai fini dell’anzianità
A fini dell’anzianità contributiva un anno di lavoro part-time verticale vale come quello full-time.
Nella sentenza 22936/2016 depositata ieri, la Corte di cassazione ha dovuto affrontare il caso di un lavoratore a tempo parziale di tipo verticale (dunque impegnato nella attività lavorativa a orario pieno, ma con più giornate di pausa rispetto ai lavoratori full-time) a cui l’Inps ha riconosciuto l’annualità contributiva solo per i periodi lavorati. Il contenzioso sviluppatosi fra Inps e il lavoratore è ben lontano dal rivestire un carattere di originalità nel panorama giudiziario italiano, in quanto la stessa Corte si è trovata a esprimersi più di una volta su queste tematiche.
Le direttive previdenziali dettate dal legislatore nelle norme sul part-time sono rimaste pressoché immutate dal 1984 fino al giugno 2015, quando, anche con il Dlgs 81/2015, per i lavoratori a tempo parziale si è continuato a fissare una misura minima di contribuzione che fosse proporzionalmente uguale a quella dei colleghi a tempo pieno. Quello che la norma ha continuato a non specificare direttamente è l’effetto a livello pensionistico.
L’Inps, nel lontano 1986, aveva dedotto nella circolare 246 mai più smentita, che ai fini dell’accredito dell’intera settimana di contributi per la pensione, fosse necessario per l’assicurato la presenza dell’intero minimale contributivo settimanale. Tale requisito quantitativo diviene tuttavia materialmente impossibile nel caso di part time verticali ciclici, dove si lavora uno o due giorni alla settimana o, ancora, alcune settimane nel mese.
In quei casi, pur essendo il rap- porto di lavoro ancora in essere nelle giornate e nelle settimane di mancata prestazione lavorativa, a livello contributivo si crea un gap che svantaggia irrimediabilmente il lavoratore, non solo rispetto ai suoi colleghi full-time, ma anche nei confronti dei part-time “orizzontali” che lavorano con orario ridotto in tutta la settimana.
Nel caso specifico, la corte territoriale ha confermato il rifiuto dell’Inps di ridistribuire la contribuzione accreditata nell’arco dell’intero anno lavorativo, determinando così una minore anzianità contributiva per il diritto a pen-
SENZA INTERRUZIONE I periodi in cui non si svolge attività devono essere valorizzati in quanto c’è costanza di rapporto di lavoro
sione. La sentenza di Cassazione, nel disporre il pieno accredito della contribuzione al ricorrente per gli anni di part-time verticale, si radica nella applicazione del più generale principio di non discriminazione garantito a tutti i lavoratori atipici (a chiamata, part-time, a termine). Secondo tale principio il dipendente part-time non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto a quello dei colleghi a tempo pieno.
La Cassazione richiama poi la sentenza della Corte di giustizia europea del 10 giugno 2010 in cui è stato ribadito che l’anzianità contributiva dei part-time, ai fini del diritto a pensione, deve essere calcolata come se il dipendente avesse occupato un posto a tempo pieno, prendendo in considerazione anche i periodi non lavorati.