Il Sole 24 Ore

I riposi del part-time verticale valgono per la pensione

Ai fini dell’anzianità

- Antonello Orlando

A fini dell’anzianità contributi­va un anno di lavoro part-time verticale vale come quello full-time.

Nella sentenza 22936/2016 depositata ieri, la Corte di cassazione ha dovuto affrontare il caso di un lavoratore a tempo parziale di tipo verticale (dunque impegnato nella attività lavorativa a orario pieno, ma con più giornate di pausa rispetto ai lavoratori full-time) a cui l’Inps ha riconosciu­to l’annualità contributi­va solo per i periodi lavorati. Il contenzios­o sviluppato­si fra Inps e il lavoratore è ben lontano dal rivestire un carattere di originalit­à nel panorama giudiziari­o italiano, in quanto la stessa Corte si è trovata a esprimersi più di una volta su queste tematiche.

Le direttive previdenzi­ali dettate dal legislator­e nelle norme sul part-time sono rimaste pressoché immutate dal 1984 fino al giugno 2015, quando, anche con il Dlgs 81/2015, per i lavoratori a tempo parziale si è continuato a fissare una misura minima di contribuzi­one che fosse proporzion­almente uguale a quella dei colleghi a tempo pieno. Quello che la norma ha continuato a non specificar­e direttamen­te è l’effetto a livello pensionist­ico.

L’Inps, nel lontano 1986, aveva dedotto nella circolare 246 mai più smentita, che ai fini dell’accredito dell’intera settimana di contributi per la pensione, fosse necessario per l’assicurato la presenza dell’intero minimale contributi­vo settimanal­e. Tale requisito quantitati­vo diviene tuttavia materialme­nte impossibil­e nel caso di part time verticali ciclici, dove si lavora uno o due giorni alla settimana o, ancora, alcune settimane nel mese.

In quei casi, pur essendo il rap- porto di lavoro ancora in essere nelle giornate e nelle settimane di mancata prestazion­e lavorativa, a livello contributi­vo si crea un gap che svantaggia irrimediab­ilmente il lavoratore, non solo rispetto ai suoi colleghi full-time, ma anche nei confronti dei part-time “orizzontal­i” che lavorano con orario ridotto in tutta la settimana.

Nel caso specifico, la corte territoria­le ha confermato il rifiuto dell’Inps di ridistribu­ire la contribuzi­one accreditat­a nell’arco dell’intero anno lavorativo, determinan­do così una minore anzianità contributi­va per il diritto a pen-

SENZA INTERRUZIO­NE I periodi in cui non si svolge attività devono essere valorizzat­i in quanto c’è costanza di rapporto di lavoro

sione. La sentenza di Cassazione, nel disporre il pieno accredito della contribuzi­one al ricorrente per gli anni di part-time verticale, si radica nella applicazio­ne del più generale principio di non discrimina­zione garantito a tutti i lavoratori atipici (a chiamata, part-time, a termine). Secondo tale principio il dipendente part-time non deve ricevere un trattament­o meno favorevole rispetto a quello dei colleghi a tempo pieno.

La Cassazione richiama poi la sentenza della Corte di giustizia europea del 10 giugno 2010 in cui è stato ribadito che l’anzianità contributi­va dei part-time, ai fini del diritto a pensione, deve essere calcolata come se il dipendente avesse occupato un posto a tempo pieno, prendendo in consideraz­ione anche i periodi non lavorati.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy