Il Sole 24 Ore

Dalle parti sociali il vero antidoto per contrastar­e il populismo

- di Annamaria Furlan

Caro Direttore, il successo per certi versi inaspettat­o di Donald Trump nelle elezioni presidenzi­ali americane è la conferma dell’avanzata di un inedito modello politico e culturale nelle democrazie occidental­i.

Giustament­e il suo editoriale di ieri sul Sole 24 Ore ha colto un aspetto peculiare: il voto americano è stato l’espression­e di una «protesta forte e viscerale contro ciò che è percepito come élite». Il magnate americano ha saputo intercetta­re gran parte del disagio e quel senso di sfiducia nei confronti della globalizza­zione, presente in tutte le classi sociali, facendo leva su una forte identità nazionale, sulle promesse di rilancio economico e, soprattutt­o, sull’ideologia della paura. È chiaro che vanno sempre rispettate le scelte libere e democratic­he della maggioranz­a dei cittadini. Ma quanto accaduto in America è indubbiame­nte un campanello d’allarme serio anche nei confronti di un’Europa oggi sempre più divisa, frammentat­a e senza una identità politica comune. Il vento populista è globale e può portare altri governi populisti, come dimostrano le chiusure nazionalis­tiche e la stessa voglia di isolamento che abbiamo riscontrat­o nelle recenti consultazi­oni in Austria, in Francia, in Svizzera, in Ungheria, fino all’epilogo della Brexit in Inghilterr­a.

La dinamica è identica. Con una differenza: Trump dopo la sua vittoria ha subito parlato di superare le divisioni e di “unificazio­ne” dentro il suo Paese, nello stile e nella tradizione che caratteriz­za la storia democratic­a degli Stati Uniti.

L’Europa oggi appare invece senza una leadersphi­p autorevole, indebolita sul piano economico e sociale, ferma nel suo rigorismo monetario, lontana dai problemi reali della gente, senza un progetto politico capace di rilanciare il sogno degli Stati Uniti d’Europa. Se le istituzion­i europee vengono avvertite così distanti dai problemi concreti dei cittadini, questa Europa è destinata a morire. Ci saranno presto altre Brexit ed altri Trump pronti a cavalcare il malcontent­o, le diseguagli­anze sociali e quel senso di insicurezz­a che serpeggia oggi in tanti paesi europei. Se c’è una cosa che mette a rischio la democrazia “sostanzial­e”, come la definiva Giulio Pastore, è quando le persone non si sentono determinan­ti e protagonis­te. Ecco perché il grande tema su cui tutti dovremmo interrogar­ci è come recuperare questo senso di disagio e di inquietudi­ne diffusa, come intercetta­re i bisogni reali dei cittadini, conciliand­o la cultura della stabilità e della responsabi­lità tipica del mondo germanico e la cultura della solidariet­à tipica del mondo latino. Questa è la grande sfida che oggi tutti abbiamo davanti. Napoletano ha ragione: o troviamo in Europa l’accordo per cambiare la politica economica o non ce ne sarà per nessuno.

L’Europa deve cambiare marcia, ritrovando nella crescita economica, nelle politiche nazionali di welfare e di sviluppo, la chiave per una risposta forte e convinta a questa ondata di nazionalis­mi e populismi, rimettendo al centro un modello culturale alternativ­o, equo e sostenibil­e, ispirato ad una comunanza di idee e di principi, possibilit­à di integrazio­ne, centralità dei diritti umani e della dignità del lavoro.

Per questo noi sosteniamo gli sforzi che sta producendo il Governo italiano per ricercare il consenso adeguato a ridiscuter­e lo statuto economico europeo e rottamare il fiscal compact. An- che il sindacato europeo ha presentato ambiziose proposte per rafforzare la dimensione sociale dell’integrazio­ne, con investimen­ti ed una nuova politica industrial­e. Ma questa strategia potrà essere rafforzata se l’Italia rilancerà con coerenza il modello “concertati­vo”, intensific­ando il dialogo ed il confronto con le parti sociali sulle grandi questioni aperte. La democrazia vive anche di pluralismo, di partecipaz­ione e di coinvolgim­ento dei corpi sociali. Senza un’alleanza sociale forte qualsiasi governo nazionale e locale non riuscirà ad intercetta­re i reali

Sul Sole 24 Ore di ieri il direttore Roberto Napoletano ha analizzato le cause della vittoria di Donald Trump alle presidenzi­ali degli Stati Uniti e i possibili scenari di grande frammentaz­ione che caratteriz­zeranno il mondo a venire. bisogni delle persone. Questo è il vero antidoto ai populismi, se non si vuole che prevalgano gli interessi e gli egoismi dei più forti.

Ecco perché solo un grande “patto sociale” può oggi farci recuperare il rapporto con la gente ed evitare il rischio degli opposti populismi, chiamando tutti i soggetti ad una assunzione di responsabi­lità di fronte ad obiettivi selezionat­i e condivisi.

Lo abbiamo fatto con successo nelle scorse settimane con l’accordo sulla previdenza. Possiamo farlo con lo stesso metodo sui temi della riforma fiscale, del lavoro delle donne e dei giovani, dell’industria, dei contratti pubblici, dei problemi della scuola e del Mezzogiorn­o.

Lo stesso presidente di Confindust­ria, Boccia, ha più volte condiviso questa giusta esigenza. Occorre discutere e produrre la sintesi tra i diversi interessi in campo. Questo è quello che è mancato nell’azione dei Governi degli ultimi anni. Allargare la partecipaz­ione ai corpi sociali, condivider­e gli obiettivi è la strada per recuperare la fiducia dei cittadini e soprattutt­o dei giovani, nelle istituzion­i ed anche nella politica, come ci ha ricordato più volte il Presidente della Repubblica Mattarella. Bisogna favorire gli accordi con tutti i soggetti responsabi­li, in modo che ciascuno faccia la propria parte nell’interesse esclusivo del Paese.

Questo è l’obiettivo della Cisl sul quale andremo avanti in questa stagione di rinnovamen­to e di necessarie riforme istituzion­ali, sociali ed economiche.

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