M5S, nell’inchiesta firme false a Palermo spunta il superteste
Ci sarebbe un superteste nell’inchiesta sulle presunte firme false raccolte per presentare la lista M5S alle comunali di Palermo del 2012, guidata da Riccardo Nuti candidato sindaco: un attivista “pentito” che starebbe collaborando con i magistrati e che potrebbe portare a una svolta le indagini, partite a carico di ignoti e ora con alcuni iscritti nel registro degli indagati.
Ieri è stata sentita dai pm, alla Digos di Roma, la deputata Giulia Di Vita. Giovedì era stata la volta di Chiara Di Benedetto, Loredana Lupo e Andrea Cecconi, capogruppo alla Camera. Beppe Grillo ha bollato il caso come «Oscar della stupidità»: «La firma falsa è una firma copiata, noi non riusciamo nemmeno a essere disonesti. In quel- la lista lì non è stato eletto nessuno». Ha replicato la deputata dem Alessia Morani: «Prendiamo atto che con questa dichiarazione Grillo ha ammesso che il reato è stato commesso».
La procura ipotizza il reato previsto dall’articolo 90, secondo comma, del Testo Unico 570/1960 che punisce con la reclusione da due a cinque anni «chiunque forma falsamente, in tutto o in parte, liste di elettori o di candidati». Secondo l’ex attivista Vincenzo Pintagro, le responsabili del falso (che sarebbe avvenuto per riparare a un errore formale) sarebbero state la deputata Claudia Mannino e Samantha Busalacchi, oggi collaboratrice del gruppo M5S all’Ars.