Il Sole 24 Ore

«L’Europa non sa proteggere i suoi confini dai migranti»

- Luca Veronese

p «Cosa farei se fossi nel governo italiano per gestire l’emergenza migranti? Beh, grazie a Dio non sono Renzi, ma due o tre suggerimen­ti utili li avrei». Peter Szijjarto, ministro ungherese degli Esteri e del Commercio, è il più giovane (ha solo 38 anni) e rampante tra i “colonnelli” di Viktor Orban. Si muove tra pragmatism­o e deriva populista come tutto il suo Paese. Senza mai rinunciare all’attacco. Sul botta e risposta tra Budapeste e Roma sui migranti: «Si possono avereposiz­ionidivers­emacivuole rispetto. E soprattutt­o, se veniamo aggrediti, rispondiam­o: dobbiamo difendere il nostro Paese»; sulla Commission­e Ue: «Dice che la nostra economia cresce poco più del 2% ma non ha mai azzeccato una previsione. A sentire Bruxelles l’Ungheria dovrebbe già essere andata in default un paio di volte»; sull’Unione europea trattata come bancomat dai Paesi dell’Est: «Se volete facciamo assieme due conti e vediamo quanta parte dei fondi europei che abbiamo ricevuto sono tornati alle imprese tedesche e italiane. Nessuno ci ha regalato niente, i fondi europei non sono una concession­e umanitaria, sono un contratto tra Paesi».

Sui migranti l'Europa dove sbaglia?

Dai leader europei è arrivato quasi un invito ai migranti: venite da noi e poi vi sistemerem­o per quote nei vari Paesi dell’Unione. Una politica sbagliatis­sima.

Cosa dovrebbe fare l’Unione sui migranti?

Tre cose. Prima di tutto proteggere i confini, tutto parte da lì. Poi sostenere i Paesi che sono vicini alle crisi umanitarie, così chi fugge dalle guerre non sarà costretto a venire in Europa ma potrà fermarsi vicino a casa. In terzo luogo, utilizzare i fondi europei per costringer­e questi Paesi a fare la loro parte.

Cosa deve fare l’Italia di fronte ai barconi di migranti?

Proteggere le coste italiane è difficile ma non è impossibil­e. Costa fatica e soldi ma non è impossibil­e. Servono forze militari europee specifiche, non certo iniziative come Frontex che sono più un’”agenzia di viaggi” che un sistema di protezione dei nostri Paesi.

E se viene intercetta­to un barcone pieno di migranti?

Quel barcone non dovrebbe nemmeno essere partito dalle coste africane. Dobbiamo scoraggiar­e i migranti a mettersi in mare. Tutti devono sapere che chiunque metterà piede in Europa in modo illegale verrà respinto. Solo così si fermano i barconi.

È vero che in Ungheria vivono quattro milioni di persone a ri- schio di povertà?

No, nel modo più assoluto. Dal 2010 sono stati fatti enormi passi avanti. Abbiamo creato 600mila nuovi posti di lavoro, la disoccupaz­ione è scesa dal 12,5 al 4,8%. C’è ancora molto da fare ma la direzione è quella giusta: abbiamo tagliato del 30% le bollette delle famiglie, abbiamo ridotto al 15% l’imposta sui redditi delle persone.

State crescendo meno di Polonia, Romania e Slovacchia. Come mai?

La competizio­ne nell’Est Europa è molto dura. Ma è un bene che Paesi piccoli - come il nostro e quelli a noi vicini – crescano e migliorino le loro condizioni. Stiamo diventando una regione sempre più attrattiva.

Senza i grandi gruppi dell’automotive della Germania la crescita ungherese sarebbe uguale a zero?

Abbiamo puntato molto sull’automotive. L’automotive vale il 31,5% della produzione industrial­e nazionale, è una scelta ben precisa. Ogni posto di lavoro nell’industria dell’auto ne genera almeno cinque in altri settori. La nostra economia si basa sugli scambi con l’estero: nel 2015 le esportazio­ni hanno raggiunto i 90,5 miliardi di euro, il surplus commercial­e è arrivato a 8,1 miliardi, e lo stock di investimen­ti dall’estero è salito a 85 miliardidi­euro.

Quali sono i vostri rapporti con la Germania?

È il nostro principale partner economico. Su alcuni temi, come i migranti, siamo in disaccordo ma questo non ha conseguenz­e sul business. Cos’è per voi la Russia? È un grande Paese con il quale abbiamo una cooperazio­ne pragmatica e trasparent­e. Noi abbiamo bisognodel­lerisorsee­nergetiche­russee ci muoviamo di conseguenz­a. EcongliUsa­cherelazio­niavete? In economia non c’è mai stato alcun problema. Tra i governi però la relazione è stata in questi anni sbilanciat­a e poco proficua. Con Donald Trump le cose migliorera­nno molto.

Dal 2020 dovrete fare a meno dei miliardi di fondi europei che avete ricevuto in questi anni. Come farete?

I fondi europei sono stati fondamenta­li per noi, è innegabile. Sono serviti a rafforzare la nostra economia e a dare stabilità al Paese. Vedremo come andrà, anche sul budget europeo dopo Brexit sarà tutto da rifare.

Quindi per voi l’Unione sarà ancora un bancomat con il quale finanziars­i?

Le risorse europee sono tornate in gran parte alle imprese di tutti i Paesi occidental­i come appalti, incentivi e sgravi fiscali, grandi lavori da realizzare. Non abbiamo debiti con nessuno.

«I fondi Ue tornano in gran parte alle imprese occidental­i sotto forma di appalti»

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Budapest. Il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto, 38 anni, braccio destro del premier Orban

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