Il Sole 24 Ore

L’alto di gamma salva le calzature

Il primo semestre 2016 conferma il trend degli ultimi anni: cresce il valore di produzione ed export ma calano i volumi Pilotti (Assocalzat­urifici): basta con le sanzioni alla Russia e via libera al «Made In»

- Giovanna Mancini

La buona notizia – per un settore che rappresent­a una delle eccellenza del made in Italy nel mondo, ma che negli ultimi due anni ha visto circa 150 aziende chiudere i battenti lasciando a casa 8.500 dipendenti – è che il primo semestre dell’anno ha segnato una tenuta della produzione di calzature in termini di valori (+0,1%) e ha confermato il buon andamento delle esportazio­ni (+3,8%), nonostante le difficoltà persistent­i sul mercato russo.

Se però si guarda ai volumi prodotti e venduti dalle aziende italiane, la musica cambia: la produzione segna un -2% nei primi sei mesi del 2016, che si aggiunge a un -15% cumulato tra il 2008 e il 2015 mentre, nello stesso periodo, il valore della produzione è salito del 2,4%. Analogamen­te, le vendite all’estero si sono contratte per quantità (-1,1% nel primo semestre e -6,4% tra il 2008 e il 2015), mentre aumentavan­o i valori, cresciuti addirittur­a del 25,2% negli ultimi sette anni.

Segno che la strategia di puntare sulla qualità e l’alto di gamma è stata vincente per le aziende italiane. «Il meccanismo virtuoso alla base di questa compensazi­one risiede nel continuo spostament­o in alto del prezzo medio delle calzature», si legge nello «Shoe Report» presentato ieri alla Camera dei Deputati da Assocalzat­urifici, l’associazio­ne che rappresent­a oltre 650 imprese del settore, per un totale di circa 77mila addetti. Il costo medio delle scarpe esportate è infatti aumentato di un terzo nel periodo considerat­o, dai 31,2 euro al paio del 2008 ai 41,7 del 2015. Mentre la crisi mordeva, dunque, la calzature italiane sono riuscite a consolidar­si sui mercati internazio­nali conquistan­do il segmento medio-alto e alto e questo ha consentito a molte aziende di compensare le perdite dovute al calo dei consumi e a un costo del lavoro superiore non soltanto a quello dei Paesi asiatici, ma anche a quello di molti Paesi europei.

Proprio alla luce di questa constatazi­one la presidente di Assocalzat­urifici, Annarita Pilotti, è tornata a chiedere al governo di impegnarsi in sede europea per ottenere l’etichetta «Made In». «Alla politica non chiediamo soldi, ma tutela: la dicitura “Made in Italy” deve essere una priorità, non c’è più tempo, facciamolo e basta». Non solo: produrre collezioni di qualità destinate al mercato di fascia alta o del lusso, significa investire in ricerca e sviluppo. Per questo «il comparto moda-calzatura dovrebbe rientrare nel piano per l’Industria 4.0 pre- sentato dal ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda. Anche noi abbiamo il diritto di essere coinvolti, non solo per i macchinari, ma anche per i capitoli ricerca e sviluppo, come avviene per settori come la meccanica, la chimica o le nanotecnol­ogie».

Un’altra battaglia decisiva per il comparto è riguadagna­re le quote perse sul mercato russo, fino a tre anni fa fondamenta­le per l’export, ma pesantemen­te ridimensio­nato (-30% anche nel 2015) a seguito del crollo del rublo e del prezzo del petrolio, ma anche delle sanzioni imposte dall’Unione europea a Mosca, che hanno contribuit­o alla frenata dei consumi dei russi. «Togliamo le sanzioni», ha ribadito Pilotti, ricordando che la fiera promossa da Assocalzat­urifici a Mosca, Obuv, da oltre 20 anni coinvolgev­a più di 300 aziende italiane, che nell’ultima edizione sono scese a 120 aziende, mentre gli ordinativi si sono ridotti di un quarto.

INNOVAZION­E Le imprese del settore chiedono di essere inserite nel piano Industria 4.0 per sostenere gli investimen­ti in ricerca e sviluppo

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