Gli olivicoltori aprono al mix di extravergine
La svolta dei produttor i
pG li olivicoltori italiani “aprono” alle miscele di oli d'oliva realizzati con prodotti di origine straniera ed extravergine made in Italy. Può sembrare solo un dettaglio ma in realtà si tratta, per il settore, di una rivoluzione. E questo perché sulle miscele finora si è spesso registrata una forte contrapposizione all'interno della filiera tra produttori olivicoli e industria olearia. Gli agricoltori hanno sempre denunciato prodotti realizzati con mix di materie prime tutte straniere e che commercializzati sotto brand italiani finivano per fare concorrenza allo stesso olio made in Italy. Dal canto suo l'industria olearia ha sempre definito questa produzione necessaria per fronteggiare una domanda molto superiore all'offerta di prodotto made in Italy. E in quest’ottica ha sempre considerato i “blend” di oli di diversa origine una delle leve sulle quali si è basato l'export italiano.
Le cifre d'altro canto parlano chiaro. In Italia il fabbisogno annuo di olio d'oliva è in media di circa di un milione di tonnellate. Il consumo interno infatti ne richiede 6-700mila l'anno mentre l'export 3-400mila. La produzione interna è ormai assestata attorno alle 300mila tonnellate e risulta chiaro, quindi, che occorrono ingenti quantitativi di importazioni per fronteggiare la domanda.
L'apertura è venuta nei giorni scorsi dal presidente dell'Unaprol (il principale consorzio italiano di olivicoltori), David Granieri, che ha sottolineato come «realizzare extravergini con almeno un 30% di olio italiano garantirebbe una nuova segmentazione dell'offerta aprendo nuovi importanti spazi di mercato all'olio made in Italy». Secondo il presidente dell'Unaprol in questo modo «si consentirebbe inoltre nell'immediato di riconvertire parte della produzione italiana attualmente destinata a olio “lampante” a causa di un trend di prezzi di mercato che non copre i maggiori costi legati alla produzione di extravergine. Inoltre nei mix di oli di diversa origine, il ricorso al prodotto italiano apporterebbe caratteristiche organolettiche e profumi diversi da quelli che si possono ottenere con soli prodotti stranieri».
L'ipotesi è stata accolta con grande favore dai rappresentanti degli industriali. «La produzione olearia nazionale - ha
LA FILIERA Granieri (Unaprol): nei blend almeno il 30% di olio made in Italy Carrassi (Assitol) : chance per il rilancio del settore
detto Andrea Carrassi, direttore generale di Assitol (l'associazione delle industrie olearie italiane) - si basa su due filoni: da un lato il mondo delle Dop-Igp e del “100% italiano”, frutto della nostra migliore olivicoltura ed espressione dei singoli territori. Dall'altro i blend che, nati con lo scopo di ovviare allo storico deficit di produzione, rappresentano la capacità tutta italiana di selezionare le migliori materie prime e poi creare oli a misura di consumatore. L'ipotesi di miscele che valorizzino la qualità del 100% italiano coniugandolo con oli di diversa provenienza è un'ipotesi che l'industria valuta con favore perché aprirebbe nuove opportunità di mercato all'olio made in Italy».