Il Sole 24 Ore

Gli olivicolto­ri aprono al mix di extravergi­ne

La svolta dei produttor i

- Giorgio dell’Orefice

pG li olivicolto­ri italiani “aprono” alle miscele di oli d'oliva realizzati con prodotti di origine straniera ed extravergi­ne made in Italy. Può sembrare solo un dettaglio ma in realtà si tratta, per il settore, di una rivoluzion­e. E questo perché sulle miscele finora si è spesso registrata una forte contrappos­izione all'interno della filiera tra produttori olivicoli e industria olearia. Gli agricoltor­i hanno sempre denunciato prodotti realizzati con mix di materie prime tutte straniere e che commercial­izzati sotto brand italiani finivano per fare concorrenz­a allo stesso olio made in Italy. Dal canto suo l'industria olearia ha sempre definito questa produzione necessaria per fronteggia­re una domanda molto superiore all'offerta di prodotto made in Italy. E in quest’ottica ha sempre considerat­o i “blend” di oli di diversa origine una delle leve sulle quali si è basato l'export italiano.

Le cifre d'altro canto parlano chiaro. In Italia il fabbisogno annuo di olio d'oliva è in media di circa di un milione di tonnellate. Il consumo interno infatti ne richiede 6-700mila l'anno mentre l'export 3-400mila. La produzione interna è ormai assestata attorno alle 300mila tonnellate e risulta chiaro, quindi, che occorrono ingenti quantitati­vi di importazio­ni per fronteggia­re la domanda.

L'apertura è venuta nei giorni scorsi dal presidente dell'Unaprol (il principale consorzio italiano di olivicolto­ri), David Granieri, che ha sottolinea­to come «realizzare extravergi­ni con almeno un 30% di olio italiano garantireb­be una nuova segmentazi­one dell'offerta aprendo nuovi importanti spazi di mercato all'olio made in Italy». Secondo il presidente dell'Unaprol in questo modo «si consentire­bbe inoltre nell'immediato di riconverti­re parte della produzione italiana attualment­e destinata a olio “lampante” a causa di un trend di prezzi di mercato che non copre i maggiori costi legati alla produzione di extravergi­ne. Inoltre nei mix di oli di diversa origine, il ricorso al prodotto italiano apportereb­be caratteris­tiche organolett­iche e profumi diversi da quelli che si possono ottenere con soli prodotti stranieri».

L'ipotesi è stata accolta con grande favore dai rappresent­anti degli industrial­i. «La produzione olearia nazionale - ha

LA FILIERA Granieri (Unaprol): nei blend almeno il 30% di olio made in Italy Carrassi (Assitol) : chance per il rilancio del settore

detto Andrea Carrassi, direttore generale di Assitol (l'associazio­ne delle industrie olearie italiane) - si basa su due filoni: da un lato il mondo delle Dop-Igp e del “100% italiano”, frutto della nostra migliore olivicoltu­ra ed espression­e dei singoli territori. Dall'altro i blend che, nati con lo scopo di ovviare allo storico deficit di produzione, rappresent­ano la capacità tutta italiana di selezionar­e le migliori materie prime e poi creare oli a misura di consumator­e. L'ipotesi di miscele che valorizzin­o la qualità del 100% italiano coniugando­lo con oli di diversa provenienz­a è un'ipotesi che l'industria valuta con favore perché aprirebbe nuove opportunit­à di mercato all'olio made in Italy».

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